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2 luglio 1993, attacco a Mogadiscio contro il Ceckpoint Pasta

2 luglio 2018 | 06:00
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2 luglio 1993, attacco a Mogadiscio contro il Ceckpoint Pasta

Il Ten. Col. MOVM Gianfranco Paglia ricorda quella terribile giornata, con l’orgoglio di chi ha dato se stesso per la Patria e il rimpianto per chi non è tornato.

“Sarei voluto andare a Mogadiscio per deporre una corona in onore dei Caduti del 2 luglio 1993, ma ancora a distanza di 25 anni non è possibile.”

Commenta così il Ten. Col. MOVM Gianfranco Paglia ricordando i fatti accaduti nella Battaglia del Checkpoint Pasta passata alla storia come la Battaglia del Pastificio per il duro scontro a fuoco avvenuto tra il contingente italiano impegnato in un rastrellamento per il sequestro di armi ed i ribelli somali guidati da Aidid.

Il contingente italiano ebbe tre morti: Andrea Millevoi, Sottotenente dei Lancieri di Montebello, il Serg. Magg. Stefano Paolicchi del 9° Rgt d’Assalto Col.Moschin, Pasquale Baccaro, Caporale di leva al 186° Reggimento Paracadutisti “Folgore” e 23 feriti tra cui l’allora Sottotenente dei Paracadutisti Gianfranco Paglia, oggi Medaglia d’Oro al Valor Militare conferitagli per le azioni compiute in combattimento.

Quella del Checkpoint Pasta fu la prima battaglia che i nostri soldati affrontarono dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Ma non furono le prime vittime militari. Sempre in Africa, così tragica per noi italiani, nel 1961, a Kindu in quello che era l’ex Congo belga tredici militari dell’Aeronautica furono uccisi e fatti a pezzi. Anch’essi trucidati durante una missione sotto la bandiera delle Nazioni Unite.

A Mogadiscio si incardinò la forza devastante di quella che oggi chiamiamo rivolta jihadista. Fu lì in Somalia che Al Qaeda mise a punto le sue strategie. Al check point Pasta i civili furono usati come scudi umani e come schermo per i ribelli che da più parti presero di mira i soldati italiani.

Il Ten. Col. Gianfranco Paglia è senz’altro la persona più adatta a parlare di quell’episodio ma anche ad analizzare quanto accade ancora oggi. In troppi parlano di Africa e di interventi ignorando le realtà geopolitiche e le complicazioni di missioni militari in territori ostili, dove antiche rivalità tribali si sovrappongono all’ideologia jihadista e anti occidentale.

“Che la Somalia – continua Paglia – sia diventata nel tempo una centrale terroristica a cielo aperto è dovuta dal fatto che, secondo il mio parere, le missioni non nascono con una data di scadenza e non si devono interrompere neanche quando si registrano vittime. Io parlo sempre della Bosnia e del Kosovo come esempi di Nazioni in cui avendo mantenuto la presenza dei nostri militari, abbiamo dato un importante contributo di pacificazione.

Ritornando a quel 2 luglio e ripercorrendo tutto ciò che è accaduto, posso affermare, senza timore di essere smentito, che nonostante tutto sia migliorabile, ci siamo comportati nel miglior modo possibile pensando di svolgere al meglio il nostro dovere. Perché di questo si tratta e non di eroismo, come spesso semplicisticamente si afferma.

Noi non siamo eroi, ma persone che molti anni fa hanno fatto una scelta di vita, in cui il sacrificio e l’adoperarsi per i più deboli è alla base di tutto. Onorare il giuramento reso alla Bandiera fino all’estremo sacrificio fa parte del nostro compito. Molto spesso mi si domanda se tornando indietro mi comporterei allo stesso modo e se sono pentito. La risposta è sempre la stessa: l’unico rammarico mio e di coloro che quel giorno combatterono è e sarà sempre quello che non tutti tornarono a casa vivi.

Da quel giorno ho continuato nel mio piccolo a servire la mia Patria cercando sempre di fare il mio dovere. Ricordando i nostri Caduti e facendo capire alle nuove generazioni e a tutti coloro che scelgono di indossare l’uniforme che essere militari non è un ripiego e che le Forze Armate non sono un ufficio di collocamento, ma quell’uniforme racchiude valori come la Lealtà, l’Onore, l’Amor di Patria in cui occorre identificarsi e credere, solo così è possibile affrontare scelte difficili sul campo mettendo a repentaglio la propria vita per salvare quella del proprio compagno o di chi non si conosce affatto.

In questa particolare ricorrenza il mio pensiero va a tutti coloro che sono rientrati in una bara avvolti dal Tricolore e a tutti i familiari dei Caduti che si adoperano nel mantenere vivo il ricordo affinché quel sacrificio non risulti vano.

In diverse città d’Italia, dalla Valle d’Aosta alla Puglia, nonostante siano trascorsi tanti anni oggi si sta commemorando il 2 luglio.Trovo tutto questo un atto di civiltà nei confronti di coloro che si sono battuti credendo in un ideale e che nel momento del bisogno non si sono arresi ma hanno lottato per difendere il sistema Paese”.