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Abusi su minori, il mea culpa di Francesco: “La Chiesa ha trascurato e abbandonato i piccoli”

20 agosto 2018 | 14:05
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Abusi su minori, il mea culpa di Francesco: “La Chiesa ha trascurato e abbandonato i piccoli”

Il Pontefice scrive un’accorata lettera al popolo di Dio dopo il report sugli abusi in Pennsylvania e cita Ratzinger: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa”

Città del Vaticano – “Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli“.

E’ il mea culpa di Papa Francesco che, in un’accorata lettera indirizzata a tutto il “popolo di Dio”, rinnova il suo dolore – e quello di tutta la comunità ecclesiastica – per un “crimine che genera profonde ferite di dolore“. E’ la prima volta che un Pontefice scrive a tutti i battezzati su questo tema.

Uno scritto che arriva a pochi giorni dalla pubblicazione di un report di una giuria americana secondo la quale in Pennsylvania, la Chiesa cattolica avrebbe insabbiato abusi sessuali commessi da oltre trecento tra sacerdoti e religiosi nel corso di 70 anni, convincendo le vittime a non denunciare le molestie subite e le forze dell’ordine a non investigare in merito.

Il rapporto riguarda le diocesi di Allentown, Erie, Greensburg, Harrisburg, Pittsburgh e Scranton, e si basa sulle testimonianze di oltre mille vittime di abusi.

All’indomani della pubblicazione del rapporto, tramite una dichiarazione del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke, il Vaticano aveva espresso “vergogna e dolore“, elogiando il lavoro “compiuto dall’Investigating Grand Jury della Pennsylvania e il lungo Interim Report da esso prodotto. La Santa Sede condanna inequivocabilmente l’abuso sessuale su minori“.

La Chiesa deve imparare dure lezioni dal passato e che dovrebbe esserci un’assunzione di responsabilità da parte sia di coloro che hanno abusato, sia di quelli che hanno permesso che ciò accadesse”, aveva detto Burke.

Nella lettera pubblicata oggi e firmata dal Pontefice, Bergoglio ribadisce questi punti chiave: “Guardando al passato, non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato. Guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio per essere coperte e perpetuarsi“.

E aggiunge: “Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore, perciò urge ribadire ancora una volta il nostro impegno per garantire la protezione dei minori e degli adulti in situazione di vulnerabilità”.

Lo Spirito Santo ci dia la grazia della conversione e l’unzione interiore per poter esprimere, davanti ai crimini di abuso, il nostro pentimento e la nostra decisione di lottare con coraggio. https://t.co/PMOZmXLRUT

— Papa Francesco (@Pontifex_it) 20 agosto 2018

Nel testo, suddiviso in due paragrafi – titolati con un verso della prima lettera ai Corinzi di San Paolo (cfr. 1 Cor 12,26) -, il Santo Padre cita anche l’allora cardinale Ratzinger, quando, nella Via Crucis scritta per il Venerdì Santo del 2005, si unì al grido di dolore di tante vittime:

Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! […] Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci (cfr Mt 8,25)”.

Quello della pedofilia nella Chiesa è una problematica che riguarda diverse regioni in tutto il mondo; il Papa ne è consapevole e per questo chiede che tutti, in maniera globale e comunitaria, se ne facciano carico:

“Benché sia importante e necessario in ogni cammino di conversione prendere conoscenza dell’accaduto, questo da sé non basta. Oggi siamo interpellati come Popolo di Dio a farci carico del dolore dei nostri fratelli feriti nella carne e nello spirito. Se in passato l’omissione ha potuto diventare una forma di risposta, oggi vogliamo che la solidarietà, intesa nel suo significato più profondo ed esigente, diventi il nostro modo di fare la storia presente e futura, in un ambito dove i conflitti, le tensioni e specialmente le vittime di ogni tipo di abuso possano trovare una mano tesa che le protegga e le riscatti dal loro dolore. Tale solidarietà ci chiede, a sua volta, di denunciare tutto ciò che possa mettere in pericolo l’integrità di qualsiasi persona. Solidarietà che reclama la lotta contro ogni tipo di corruzione, specialmente quella spirituale, «perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito: l’inganno, la calunnia, l’egoismo e tante sottili forme di autoreferenzialità, poiché anche Satana si maschera da angelo della luce». L’appello di San Paolo a soffrire con chi soffre è il miglior antidoto contro ogni volontà di continuare a riprodurre tra di noi le parole di Caino: «Sono forse io il custode di mio fratello?»”.

Consapevole “dello sforzo e del lavoro che si compie in diverse parti del mondo per garantire e realizzare le mediazioni necessarie, che diano sicurezza e proteggano l’integrità dei bambini e degli adulti in stato di vulnerabilità”, il Papa ribadisce poi la linea della “tolleranza zero”, facendo nuovamente mea culpa: “Abbiamo tardato ad applicare queste azioni e sanzioni così necessarie, ma sono fiducioso che esse aiuteranno a garantire una maggiore cultura della protezione nel presente e nel futuro“.

Da qui l’appello a tutti i battezzati, affinché ciascuno “si senta coinvolto nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui tanto abbiamo bisogno. Tale trasformazione esige la conversione personale e comunitaria e ci porta a guardare nella stessa direzione dove guarda il Signore”.

Quindi, ancora una volta, condanna il clericalismo, “quell’atteggiamento che non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente. Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo”.

“E’ imprescindibile che come Chiesa possiamo riconoscere e condannare con dolore e vergogna le atrocità commesse da persone consacrate, chierici, e anche da tutti coloro che avevano la missione di vigilare e proteggere i più vulnerabili. Chiediamo perdono per i peccati propri e altrui. La coscienza del peccato ci aiuta a riconoscere gli errori, i delitti e le ferite procurate nel passato e ci permette di aprirci e impegnarci maggiormente nel presente in un cammino di rinnovata conversione”.

Lo Spirito Santo ci dia la grazia della conversione e l’unzione interiore per poter esprimere, davanti ai crimini di abuso, il nostro pentimento e la nostra decisione di lottare con coraggio. https://t.co/PMOZmXLRUT

— Papa Francesco (@Pontifex_it) 20 agosto 2018

La lettera si conclude con una preghiera alla Vergine Maria: “Lei, la prima discepola, insegna a tutti noi discepoli come dobbiamo comportarci di fronte alla sofferenza dell’innocente, senza evasioni e pusillanimità. Guardare a Maria vuol dire imparare a scoprire dove e come deve stare il discepolo di Cristo. Lo Spirito Santo ci dia la grazia della conversione e l’unzione interiore per poter esprimere, davanti a questi crimini di abuso, il nostro pentimento e la nostra decisione di lottare con coraggio“.

DiNardo: “Dovevamo proteggere ma abbiamo fallito”

Solo confrontandosi con il nostro fallimento di fronte ai crimini contro coloro che avevamo il compito di proteggere la Chiesa potrà far resuscitare una cultura della vita dove invece ha prevalso una cultura della morte”. Sono le parole del presidente della Conferenza episcopale americana, il card. Daniel DiNardo, ringraziando il Papa per la lettera al popolo di Dio sulla pedofilia, dopo il grave scandalo arrivato dalla Pennsylvania.

Il Papa ha scritto “a tutti noi come pastore, un pastore che sa quanto profondamente il peccato distrugge la vita“. “La penitenza e la preghiera – sottolinea il Presidente dei vescovi Usa – ci aiuterà ad aprire i nostri occhi e il nostro cuore alle sofferenze degli altri e a superare la sete di potere e dei beni che sono così spesso la radice di questi mali”.

“Queste parole devono suscitare un’azione specialmente da parte dei vescovi. Noi vescovi abbiamo bisogno e dobbiamo praticare con tutta umiltà tale preghiera e penitenza“, conclude il porporato.

(Il Faro online)

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