APPUNTI DI VIAGGIO

Il ponte della Scafa e l’Isola che non c’è

28 agosto 2018 | 12:37
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Il ponte della Scafa e l’Isola che non c’è

Negli anni non si è pensato a trattare questo lembo di territorio come un’isola, ma è stato considerato dai piani regolatori di Roma e di Fiumicino come un semplice quartiere. Eppure è circondato dall’acqua

Dopo i tragici fatti di Genova, l’Italia – e con essa il comprensorio di Fiumicino – si è svegliata. L’onda emozionale è entrata come un vento negli uffici pubblici ad aprire cassetti e scompaginare faldoni impolverati da anni. Improvvisamente tutto ciò che era noto diventa tangibile: la mancata manutenzione, le crepe sui viadotti, la sicurezza, e parte la corsa a recuperare il tempo perduto.

Inevitabili le polemiche sui ritardi, sugli allarmi ignorati, sulle mancate manutenzioni, sui fondi pubblici mai arrivati a destinazione. Ma il dibattito attuale si sta fermando alla superficie, che già di per sé è inquietante, ossia alla mancata manutenzione e al procrastinare nel tempo interventi necessari già negli Anni ’70.

Nessuno parò sta parlando di un vizio di base, nell’affrontare la questione. La denominazione di Isola Sacra, a Fiumicino, non è solo una romantica reminiscenza dei tempi della bonifica, era una concreta fotografia del tempo in cui, con il mare da un lato e il fiume sugli altri tre lati, chi voleva spostarsi dall’Isola Sacra doveva armarsi di chiatta.

La conformazione orografica non è cambiata negli anni, e basta guardare Google Maps per accorgersi che tre strisce blu e il mare delimitano il grande quadrato dove tutti viviamo. Peraltro sotto il livello del mare stesso, come ci ricordano gli infiniti vincoli che insistono sul nostro territorio (anche se questa rimane una questione aperta, oggetto di aspro dibattito).

Eppure negli anni non si è pensato a trattare questo lembo di territorio come un’isola, ma è stato considerato dai piani regolatori di Roma e di Fiumicino come un semplice quartiere. Nemmeno l’arrivo dell’aeroporto ha cambiato l’approccio.

Oggi, con la chiusura del ponte della Scafa, ci si accorge improvvisamente di quanto siamo “imprigionati” e di come mai nessuno abbia pensato ad una via di fuga che non sia solo la strada.

Pensiamoci: col Ponte della Scafa chiuso, se si arrivasse a decidere (e non si capisce perché nessuno ne stia parlando…) che anche il viadotto dell’aeroporto è a rischio, pericoloso, e dunque va chiuso, lo scenario diventa drammatico. Non sia mai si bloccasse anche il ponte 2 Giugno, Isola Sacra tornerebbe ai tempi della bonifica, ma senza “Caronte” a fare da collegamento.

Peraltro, in questa situazione basta un niente per creare il caos: un tamponamento, una carreggiata ristretta per lavori, qualunque cosa potrebbe provocare la paralisi totale.

Forse sarebbe bene, visto che giocoforza si sta mettendo mano alla questione, a ripensare gli interventi ricordandosi che Isola Sacra non è solo un nome ma uno status geografico. E, una volta per tutte, dare alla parola “programmazione” un senso compiuto, abbandonando il mantra dell’”emergenza” fino a oggi stella cometa di tutte le amministrazioni ad ogni livello.

(Il Faro on line)