Mondo di mezzo, quella di Roma era mafia

12 settembre 2018 | 08:00
Share0
Mondo di mezzo, quella di Roma era mafia

Per 18 imputati è stato riconosciuto, a seconda delle posizioni, il 416 bis, l’aggravante mafiosa e il concorso esterno

Roma – Quella di Roma era mafia. Dall’aula bunker di Rebibbia, dove la Corte d’appello ha pronunciato la condanna che ha riconosciuto per 18 imputati su 43 l’aggravante del ‘416 bis’ ribaltando la sentenza di primo grado, da ieri il vocabolo “mafia” carico di tutti i suoi significati è tornato a ad incastrarsi con la parola Capitale.

Secondo il verdetto il sistema messo in piedi dal nero Carminati, e dal ras delle Coop rosse, Buzzi, che ha tenuto sotto scacco per anni imprenditori ed alcuni esponenti dell’amministrazione pubblica romana, era un sistema mafioso a tutti gli effetti.

E ora l’inchiesta della Procura di Roma che ha cambiato per sempre lo skyline politico della Città eterna torna a pesare come un macigno. “Questa sentenza conferma la gravità di come il sodalizio tra imprenditoria criminale e una parte della politica corrotta abbia devastato Roma“, ha detto subito dopo la sentenza la sindaca di Roma, Virginia Raggi, anche lei ieri nell’aula bunker.

L’affermazione della stessa nuova ventata politica nel 2016, segnata dalla giunta Raggi, era nata proprio sull’onda dell’indignazione per quella zona grigia di affari e collusioni portata a galla dall’inchiesta ‘Mondo di mezzo’. Quando avvenne il primo blitz dei carabinieri del Ros, il 2 dicembre 2014, il sindaco era Ignazio Marino del Pd, che vinse le elezioni contro l’uscente Gianni Alemanno del Pdl.

In carcere finirono Dem come l’assessore alla Casa, Daniele Ozzimo, condannato in un processo a parte a 2 anni e 2 mesi e il presidente dell’Assemblea capitolina Mirko Coratti. Poi il Pdl vide invece finire dentro con l’accusa di concorso in associazione mafiosa il capogruppo regionale Luca Gramazio, figlio di Domenico, già missino, a Roma conosciuto come il Pinguino.

Il sisma giudiziario toccò anche il minisindaco Pd di Ostia, Andrea Tassone e il municipio fu in seguito sciolto per infiltrazioni mafiose. Tanti i pezzi grossi della burocrazia romana, i manager voluti dalla politica che vennero travolti: gli ex dirigenti Ama, Franco Panzironi e Giovanni Fiscon, quest’ultimo assolto, pubblici ufficiali come Luca Odevaine o imprenditori come Fabrizio Franco Testa e Daniele Pulcini. Per il Pd romano si trattò di uno tsunami: un tempo laboratorio politico, si ritrovò a combattere contro l’onta della “mafia”.

Alcuni circoli romani dei Dem furono persino chiusi dal commissario Matteo Orfini. Il Pdl perse consensi e nonostante la discontinuità con l’amministrazione Marino, gli affari sporchi erano continuati. Di lì a poco la parola d’ordine della politica romana diventò “moralizzazione”: nel Paese si affermò l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) di Raffaele Cantone, voluta dal governo di Matteo Renzi, la regione Lazio, guidata da Zingaretti e il Campidoglio, già sotto Marino, iniziarono a sottoporre buona parte delle proprie decisioni all’Authority.

Marino chiamò nella sua giunta persino un magistrato, Alfonso Sabella. Di un quadro politico indebolito ne approfittò l’M5S, che a ottobre 2015 lanciò la volata per le elezioni usando mafia capitale come mantra polemico contro gli avversari. Ma nel luglio 2017 l’accusa più pesante sembrava vacillare: Carminati fu condannato a 20 anni e Buzzi a 19, per associazione per delinquere ‘semplice’.

Poi la Procura generale di Roma si rivolse alcuni mesi dopo ai giudici di secondo grado, impugnando la sentenza nella parte in cui il tribunale aveva rigettato l’esistenza dell’associazione mafiosa. E da ieri il 416 bis torna come una macchia indelebile che solo per un anno sembrava scomparsa. Ma mai dimenticata.

I numeri della sentenza

Oltre 184 anni di carcere per una quarantina di condanne. Sono i numeri della sentenza di secondo grado nel processo al Mondo di mezzo. Imprenditori, politici, ex amministratori pubblici e ‘faccendieri’: questa la cartina ‘geografica’ del gruppo criminale che per i giudici della III corte d’Appello ha le caratteristiche dell’organizzazione mafiosa.

Per 18 imputati, infatti, è stato riconosciuto, a seconda delle posizioni, il 416 bis, l’aggravante mafiosa e il concorso esterno. I capi indiscussi: l’ex terrorista Massimo Carminati e il ras delle cooperative, il fondatore della ’27 giugno’, Salvatore Buzzi.

Tra chi ha ricevuto, anche in appello, condanne pensanti ci sono il braccio destro dell’ex Nar, Riccardo Brugia (11 anni e 4 mesi), l’imprenditore Fabrizio Franco Testa (9 anni e 4 mesi), il benzinaio di Corso Francia (una sorta di quartier generale dell’organizzazione) Giovanni Lacopo (5 anni e 4 mesi) e Alessandra Garrone (6 anni e 6 mesi), compagna di Buzzi.

Tra i condannati anche l’ex amministratore delegato di Ama, Franco Panzironi (8 anni e 4 mesi) e l’ex consigliere comunale e alla Regione per il Pdl Luca Gramazio (8 anni e 8 mesi). Ma Mondo di mezzo non è solo mafia. I giudici hanno condannato altre 13 persone per una serie di reati tra cui corruzione, turbativa d’asta e truffa.

In questo ambito è stata ribadita la condanna per l’ex consigliere comunale Pdl, Giordano Tredicine la cui pena è passata dai tre anni del primo grado ai 2 anni e sei mesi di oggi. Calano gli anni di carcere anche per l’ex consigliere comunale del Pd, Pier Paolo Pedetti che in primo grado era stato condannato a 7 anni e oggi i giudici gli hanno inflitto 3 anni e due mesi. Per l’ex presidente del consiglio comunale, Mirko Coratti, la condanna passa dai 6 anni del primo grado ai 4 anni e sei mesi di oggi.

I giudici hanno disposto anche due patteggiamenti. In particolare Luca Odevaine, ex componente del tavolo sull’immigrazione, ha patteggiato una pena complessiva a 5 anni e 2 mesi. Claudio Turella, ex funzionario del Comune di Roma, ha concordato una pena a 6 anni per corruzione.

Assolte otto persone: Stefano Bravo, Pierino Chiaravalle, Giuseppe Ietto, Sergio Menichelli, Daniele Pulcini, Nadia Cerrito (segretaria personale di Buzzi), Rocco Ruotolo e Salvatore Ruggiero.

(fonte Ansa)