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Mensa scolastica e pasto da casa, ecco tutte le novità

Il Consiglio di Stato ha legittimato il pasto da casa, denominato anche "Diritto all'autorefezione". Ecco cosa cambia

Con la sentenza numero 5156 del 3 settembre scorso, il Consiglio di Stato ha legittimato il pasto da casa, denominato anche “Diritto all’autorefezione”, “in quanto si tratta di un’estensione dell’attività di preparazione alimentare famigliare autogestita, non è soggetto alle imposizioni delle vigenti normative in materia di igiene dei prodotti e delle imprese alimentari e relativi controlli ufficiali (reg. C.E. n.178/2004, C.E. n. 852/2004 n. 882/2004), non è soggetto neanche a forme di autorizzazione sanitaria, né a forme di controlli sanitari, e ricade completamente sotto la sfera di responsabilità dei genitori dell’alunno/a“.

A ricordarlo è l’associazione “Mamme Etrusche”, che in comunicato ricordano come sul litorale laziale, “da Fiumicino, Cerveteri, a Civitavecchia, da Ciampino, ad Anzio, ed Ardea, vi è ancora reticenza mista ad ignoranza. I Dirigenti scolastici fanno fatica ad accettare tale sentenza. Eppure dovrebbero aver loro insegnato a rispettare le regole. I bambini che frequentano corsi di educazione alla legalità potrebbero facilmente spiegarlo loro”.

“Il panorama dei dirigenti scolastici che dispongono regolamenti in contrasto con la recente sentenza è variegato, tant’è che diviene un rompicapo per i genitori assediati dalla inutile burocrazia. Eppure portare il pasto a scuola, lo ha autorizzato il massimo organo di giustizia amministrativo, non è certo un crimine, né può creare un turbamento ai bambini”, prosegue il testo.

Per i membri dell’associazione, il pasto da casa “è economico per tutti, in quanto i genitori che optano per questo si accollano interamente il costo, mentre, gli altri, che prediligono la refezione industriale, pagano solo una parte della quota, mentre il resto è a carico di tutti i contribuenti comunali“.

“Ed allora perché tanta reticenza?”, si domandano le mamme dell’associazione, aggiungendo: “Riconosciamo che gli interessi di parte sono molteplici, ma dinnanzi al bene di una famiglia, prevale certamente il diritto di scelta. Noi genitori del pasto da casa, finora non abbiamo sindacato di continuare a pagare la quota di chi vuole continuare a mangiare prodotti industriali, né abbiamo sindacato la loro libertà di scelta. Ma adesso ci troviamo di fronte ad un cambiamento, e c’è chi recepisce accogliendolo e chi lo respinge anche sapendo di non poterlo fare“.

“Ebbene questa volta, abbiamo chiarezza cristallina, e non esistono impedimenti“, scrivono, rispondendo ai casi “più patetici e polemici che ci stanno propinando un po’ in tutta Italia”:

  • Non vi è alcuna necessità di personale aggiuntivo da destinare alla preparazione e pulizia locale adibito alla consumazione del pasto , in quanto è stato stabilito che i bambini sono tutti eguali ed egualmente possono mangiare nel refettorio che viene pulito dal personale Ata, perché è nei suoi compiti, come prevede l’art. 47 del Ccnl per i collaboratori scolastici cat. A;
  • Pulizia dei locali, vigilanza sugli alunni sono compiti che già dovrebbero assolvere i collaboratori scolastici, con il pasto da casa non aumenta il numero dei bambini, ma viene solo differenziata la tipologia di cibo;
  • I minori che intendono consumare pasti di preparazione domestica non devono essere assolutamente separati dal resto della classe, ed in mancanza di disposizioni normative che stabiliscano tale illecita soluzione: il refettorio scolastico è idoneo ad accogliere i minori con pasto domestico come già esaminato e deciso dalla nota Miur prot.n. 348 del 7 marzo 2017, che assimila pasti domestici ai c.d. pasti speciali. Nota Miur a conoscenza dei Presidi già 18 mesi fa;
  • La preparazione dei pasti domestici, è al pari delle tradizionali merende della mattina, costituisce un’estensione dell’attività di preparazione alimentare familiare autogestita, non assoggettata all’imposizione delle vigenti normative in materia di igiene dei prodotti alimentari e delle imprese alimentari e relativi controlli ufficiali. A garantire la salubrità dei cibi e l’idoneità degli strumenti di conservazione e trasporto dei medesimi, è necessaria e sufficiente la responsabilità genitoriale oltre che l’adozione delle consuete buone pratiche igienico-sanitarie.
  • Corollario dei precedenti principi non può che essere l’incompetenza assoluta delle Asl di stabilire cosa una famiglia possa dare o non dare al proprio figlio per il pranzo. Lo stesso dicasi per la tracciabilità degli alimenti, che certamente non è estensibile alle preparazioni domestiche;
  • L’argomentazione dei rischi sanitari è la stessa che è stata posta alla radice di decine di provvedimenti in tutta Italia, provvedimenti che sono stati costantemente giudizialmente contestati e che sono stati annullati o disapplicati dai Giudici che sono, fino ad oggi, intervenuti in materia, ultimo dei quali il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5156 / 2018 ;

Le linee guida sul “Pasto da Casa”, proseguono le “Mamme Etrusche”, “sono state già trasmessi lo scorso anno, a marzo, dal Miur (Nota dell’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio n. 4979 del 9 marzo 2017). Il testo raccomanda tra l’altro di non impedire e ostacolare previa l’assunzione di responsabilità personale del dirigente scolastico nei casi di risarcimento del danno richieste dalle famiglie”.

La finalità dell’inclusione e dell’uguaglianza va proprio perseguita attraverso la condivisione del medesimo spazio (refettorio) per la consumazione di cibi, anche differenti; la separazione sembra più una scelta delle dirigenze che non colpa delle famiglie. In quanto il pasto da casa è esattamente come quello speciale”, prosegue il comunicato.

“La mensa industriale non rappresenta affatto un progetto educativo scolastico, ma si tratta di una pubblica fornitura di un servizio a domanda individuale offerto a chi ne fa richiesta e soprattutto dietro pagamento di un corrispettivo; gli alunni non svolgono alcun progetto, mangiano e basta, a volte neanche quello, considerata la quantità ‘industriale’ anche dei rifiuti prodotta che spesso è costituita da scarti e piatti lasciati intatti dai bimbi”.

Dunque, “non vi è nessuna separazione legittima del tempo mensa da quello della istruzione pubblica, è vero invece il contrario: che il tempo mensa fa parte dell’attività scolastica. E, come tale, richiedere ai bambini di uscire da scuola, mangiare e rientrare dopo per la ripresa delle attività pomeridiane, lede certamente il diritto all’istruzione”.

“Le famiglie che si trovassero in condizioni provocatorie e critiche possono presentare un esposto e richiedere un intervento legale, da quello dell’Autotutela per l’annullamento o la revoca di ogni provvedimento illegittimo, al ricorso al Tar, che non potrà far altro che applicare e risolvere come da Sentenza del Consiglio di Stato prima descritta”.

Infine, un appello ai genitori: “Fate valere le ragioni di legittimità e di ragionevolezza, con immediato accesso al refettorio anche per i figli di chi non è iscritto alla refezione scolastica industriale, fermo restando il vostro diritto ad ogni valutazione di qualsiasi altra iniziativa legale per il risarcimento del danno ingiusto”.

(Il Faro online)