Papa Francesco: “Come Gesù sporchiamoci le mani con gli ultimi”

28 ottobre 2018 | 10:40
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Papa Francesco: “Come Gesù sporchiamoci le mani con gli ultimi”

Nella basilica di San Pietro la Messa di chiusura del Sinodo dedicato ai giovani, il Papa: “Ascoltare, farsi prossimi, testimoniare: ecco i tre passi fondamentali del cammino di fede”

Città del Vaticano – C’è sempre quella tentazione che ricorre tante volte nella vita: lavarsi le mani. “Noi invece vogliamo imitare Gesù, e come lui sporcarci le mani. Riconosciamo che il Signore si è sporcato le mani per ciascuno di noi: tutto comincia da lì. E quando per amore suo anche noi ci facciamo prossimi diventiamo portatori di vita nuova: non maestri di tutti, non esperti del sacro, ma testimoni dell’amore che salva“.

Papa Francesco presiede la Messa di chiusura del Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani: poco meno di un mese fatto di incontri e relazioni, ma soprattutto di ascolto. La Chiesa, per volere dello stesso Pontefice, si è messa in ascolto dei giovani: “Abbiamo camminato insieme, abbiamo ‘fatto sinodo'”, dice Bergoglio ai tanti ragazzi che affollano la basilica di San Pietro, gremita di pellegrini. E, riassumendo il brano evangelico proclamato durante la liturgia, sottolinea i tre passi fondamentali per il cammino della fede: ascoltare, farsi prossimi, testimoniare (cfr.Mc 10,46-52).

Ascoltare la vita

Nel Vangelo racconta di Bartimeo: è cieco e non ha chi lo ascolti. “Gesù ascolta il suo grido. E quando lo incontra lo lascia parlare”, dice il Papa. “Non era difficile intuire che cosa avrebbe chiesto Bartimeo: è evidente che un cieco voglia avere o riavere la vista. Ma Gesù non è sbrigativo, dà tempo all’ascolto – fa notare Francesco -. Ecco il primo passo per aiutare il cammino della fede: ascoltare. È l’apostolato dell’orecchio: ascoltare, prima di parlare”.

Al contrario, sottolinea il Pontefice, “molti di quelli che stavano con Gesù rimproveravano Bartimeo perché tacesse. Per questi discepoli il bisognoso era un disturbo sul cammino, un imprevisto nel programma”.

Per Gesù, invece, il grido di chi chiede aiuto non è un disturbo che intralcia il cammino, ma una domanda vitale. Quant’è importante per noi ascoltare la vita! I figli del Padre celeste prestano ascolto ai fratelli: non alle chiacchiere inutili, ma ai bisogni del prossimo. Ascoltare con amore, con pazienza, come fa Dio con noi, con le nostre preghiere spesso ripetitive. Dio non si stanca mai, gioisce sempre quando lo cerchiamo.

Poi, rivolgendosi direttamente ai giovani, chiede perdono a nome di tutti noi adulti: “Scusateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie. Come Chiesa di Gesù desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose: che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti“.

Vorrei dire ai giovani: scusateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie. #Synod2018https://t.co/5hUV4g3J9F

— Papa Francesco (@Pontifex_it) 28 ottobre 2018

Sporcarsi le mani

Il secondo passo, prosegue il Santo Padre, è quello di “farsi prossimi”. Gesù, fa notare, “non delega qualcuno della folla che lo seguiva, ma incontra Bartimeo di persona”, “si immedesima” in lui, “non prescinde dalle sue attese”. “Ecco come fa Dio, coinvolgendosi in prima persona con un amore di predilezione per ciascuno. Nel suo modo di fare già passa il suo messaggio: così la fede germoglia nella vita“, aggiunge.

La fede passa per la vita. Quando la fede si concentra puramente sulle formulazioni dottrinali, rischia di parlare solo alla testa, senza toccare il cuore. E quando si concentra solo sul fare, rischia di diventare moralismo e di ridursi al sociale. La fede invece è vita: è vivere l’amore di Dio che ci ha cambiato l’esistenza. Non possiamo essere dottrinalisti o attivisti; siamo chiamati a portare avanti l’opera di Dio al modo di Dio, nella prossimità: stretti a Lui, in comunione tra noi, vicini ai fratelli. Prossimità: ecco il segreto per trasmettere il cuore della fede, non qualche aspetto secondario.

Non solo. Per il Pontefice, “farsi prossimi è portare la novità di Dio nella vita del fratello, è l’antidoto contro la tentazione delle ricette pronte”.

C’è sempre quella tentazione che ricorre tante volte nella Scrittura: lavarsi le mani. È quello che fa la folla nel Vangelo di oggi, è quello che fece Caino con Abele, è quello che farà Pilato con Gesù: lavarsi le mani. Noi invece vogliamo imitare Gesù, e come lui sporcarci le mani. Egli, la via, per Bartimeo si è fermato lungo la strada; Egli, la luce del mondo, si è chinato su un cieco. Riconosciamo che il Signore si è sporcato le mani per ciascuno di noi, e guardando la croce ripartiamo da lì, dal ricordarci che Dio si è fatto mio prossimo nel peccato e nella morte. Si è fatto mio prossimo: tutto comincia da lì. E quando per amore suo anche noi ci facciamo prossimi diventiamo portatori di vita nuova: non maestri di tutti, non esperti del sacro, ma testimoni dell’amore che salva.

Alla ricerca dell’Amore

Il terzo passo è quello della testimonianza. I discepoli che chiamano Bartimeo “non vanno da lui, che mendicava, con un’acquietante monetina o a dispensare consigli”. Gli rivolgono “tre sole parole, tutte di Gesù: ‘Coraggio! Alzati. Ti chiama’. Solo Gesù nel resto del Vangelo dice ‘coraggio’, perché solo Lui risuscita il cuore”.

Solo Gesù chiama, cambiando la vita di chi lo segue, rimettendo in piedi chi è a terra, portando la luce di Dio nelle tenebre della vita. Tanti figli, tanti giovani, come Bartimeo cercano una luce nella vita. Cercano amore vero. E come Bartimeo, nonostante la molta gente, invoca solo Gesù, così anch’essi invocano vita, ma spesso trovano solo promesse fasulle e pochi che si interessano davvero a loro.

E ammonisce: “Non è cristiano aspettare che i fratelli in ricerca bussino alle nostre porte; dovremo andare da loro, non portando noi stessi, ma Gesù. Egli ci manda, come quei discepoli, a incoraggiare e rialzare nel suo nome”. Noi, spesso, al contrario, “invece di questo liberante messaggio di salvezza, abbiamo portato noi stessi, le nostre ‘ricette'” ed “etichette” “nella Chiesa!”.

Quante volte, anziché fare nostre le parole del Signore, abbiamo spacciato per parola sua le nostre idee! Quante volte la gente sente più il peso delle nostre istituzioni che la presenza amica di Gesù! Allora passiamo per una Ong, per una organizzazione parastatale, non per la comunità dei salvati che vivono la gioia del Signore.

“La fede è questione d’incontro”

“Il cammino di fede nel Vangelo termina in modo bello e sorprendente”, spiega il Pontefice. Gesù che dice: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. “Eppure – fa notare Francesco – Bartimeo non ha fatto professioni di fede, non ha compiuto alcuna opera; ha solo chiesto pietà”.

Sentirsi bisognosi di salvezza è l’inizio della fede. È la via diretta per incontrare Gesù. La fede che ha salvato Bartimeo non stava nelle sue idee chiare su Dio, ma nel cercarlo, nel volerlo incontrare. La fede è questione di incontro, non di teoria. Nell’incontro Gesù passa, nell’incontro palpita il cuore della Chiesa. Allora non le nostre prediche, ma la testimonianza della nostra vita sarà efficace.

Infine, un ringraziamento ai giovani che hanno preso parte ai Sinodo: “Dico grazie per la vostra testimonianza. Abbiamo lavorato in comunione e con franchezza, col desiderio di servire Dio e il suo popolo. Il Signore benedica i nostri passi, perché possiamo ascoltare i giovani, farci prossimi e testimoniare loro la gioia della nostra vita: Gesù“.

(Il Faro online)

Al termine della Celebrazione Eucaristica, prima della Benedizione solenne impartita dal Papa, viene data lettura della Lettera dai Padri Sinodali indirizzata ai giovani a conclusione del Sinodo.

A voi, giovani del mondo, ci rivolgiamo noi padri sinodali, con una parola di speranza, di fiducia, di consolazione. In questi giorni ci siamo riuniti per ascoltare la voce di Gesù, «il Cristo eternamente giovane», e riconoscere in Lui le vostre molte voci, le vostre grida di esultanza, i lamenti, i silenzi.

Sappiamo delle vostre ricerche interiori, delle gioie e delle speranze, dei dolori e delle angosce che costituiscono la vostra inquietudine. Desideriamo che adesso ascoltiate una parola da noi: vogliamo essere collaboratori della vostra gioia affinché le vostre attese si trasformino in ideali. Siamo certi che sarete pronti a impegnarvi con la vostra voglia di vivere, perché i vostri sogni prendano corpo nella vostra esistenza e nella storia umana.

Le nostre debolezze non vi scoraggino, le fragilità e i peccati non siano ostacolo alla vostra fiducia. La Chiesa vi è madre, non vi abbandona, è pronta ad accompagnarvi su strade nuove, sui sentieri di altura ove il vento dello Spirito soffia più forte, spazzando via le nebbie dell’indifferenza, della superficialità, dello scoraggiamento.

Quando il mondo, che Dio ha tanto amato da donargli il suo Figlio Gesù, è ripiegato sulle cose, sul successo immediato, sul piacere e schiaccia i più deboli, voi aiutatelo a rialzarsi e a rivolgere lo sguardo verso l’amore, la bellezza, la verità, la giustizia.

Per un mese abbiamo camminato insieme con alcuni di voi e molti altri legati a noi con la preghiera e l’affetto. Desideriamo continuare ora il cammino in ogni parte della terra ove il Signore Gesù ci invia come discepoli missionari.

La Chiesa e il mondo hanno urgente bisogno del vostro entusiasmo. Fatevi compagni di strada dei più fragili, dei poveri, dei feriti dalla vita.

Siete il presente, siate il futuro più luminoso.