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Incontro del Rotary Ostia con Elio Cioppa, l’uomo che poteva salvare Moro

9 novembre 2018 | 20:33
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Incontro del Rotary Ostia con Elio Cioppa, l’uomo che poteva salvare Moro

A 40 anni dall’omicidio di Aldo Moro il Rotary Ostia ricorda quel tragico caso con chi è passato alla storia suo malgrado

Ostia – Elio Cioppa è l’uomo che poteva salvare Moro. Questo è non solo il concetto ma anche il titolo del libro presentato dal Rotary Ostia in una serata che ha avuto per protagonista l’ex Questore già dirigente del Commissariato di Ostia entrato nella Storia per vicende in parte casuali e in parte diffamatorie.

Serata delle grandi occasioni quella tenutasi venerdì 8 novembre presso il ristorante “La vecchia pineta”. Ad organizzarla è stato il Rotary Ostia con il suo presidente, l’avvocato Domenico Stamato, e l’intero gruppo dirigente del club, il vicepresidente dr Marcello Tamiano, il segretario avv. Daria Proietti, il tesoriere rag Gianluca Di Santo ed il prefetto arch. Ramin.  Numerosi e particolarmente interessati  gli ospiti che hanno seguito per più di tre ore e con grande attenzione il racconto di quei drammatici 55 giorni oltre che gli aneddoti della vita professionale di Elio Cioppa.

Campano di Santa Maria Vetere, Cioppa è stato nella Polizia di Stato per quaranta anni. Laureato in Giurisprudenza, vinse il concorso da vicecommissario nel 1966 e da allora ha scalato tutti i gradini dell’amministrazione, rappresentando una delle eccellenze investigative a livello nazionale. A lui si devono successi importanti nella lotta alla criminalità come l’aver sgominato il clan dei Marsigliesi, rapinatori feroci degli anni Settanta, oppure l’aver liberato numerosi ostaggi sequestrati per estorsione a Roma, come per esempio Giovanna Amati , o l’aver sconfitto l’Anonima sarda. Tra i tanti incarichi di prestigio ricoperti da Elio Cioppa, a lungo elemento essenziale della Squadra Mobile romana, anche la dirigenza del Commissariato di Ostia, dal 1981 al 1986.

Proprio nel mezzo della sua carriera, Cioppa ha dovuto fare i conti con il caso Moro. Nel periodo del sequestro, durato 55 giorni dal 16 marzo 1978 al 9 maggio e culminato con la feroce esecuzione del  politico democristiano, Cioppa era in Squadra Mobile a Roma e si occupava di lotta alla criminalità specializzata nelle rapine e nei sequestri di persona. Il caso Moro, invece, era pertinenza  della Digos e, più su ancora, dei Servizi segreti.

Elio Cioppa intervistato dal presidente del Rotary Ostia, Domenico Stamato

Elio Cioppa intervistato dal presidente del Rotary Ostia, Domenico Stamato

Ciò nonostante Elio Cioppa viene tirato in ballo per la vicenda del covo di via Gradoli. Due giorni dopo il sequestro di Moro, quindi il 18 marzo, nel corso di ispezioni delle zone “calde”, il commissariato Flaminio manda in via Gradoli e nei dintorni un brigadiere con un agente che si imbattono in una donna, Lucia Mokbel, che per qualche anno aveva fatto la confidente di Cioppa nella osservazione dei frequentatori di un locale notturno. La donna indica una circostanza sospetta al brigadiere di polizia ovvero che i suoi vicini di pianerottolo, una coppia anonima che sta fuori di casa tutto il giorno, la notte batte sui tasti trasmettendo messaggi con codice morse. Il brigadiere, messo sull’avviso, bussa alla porta della coppia per ben tre volte ma non risponde nessuno. Invece di sfondare la porta, come da disposizione del procuratore Luciano Infelisi in casi del genere, l’ufficiale si ritira. Non prima di ricevere la segnalazione della circostanza scritta su un foglietto da Lucia Mokbel che si raccomanda venga consegnata a Cioppa.

Quel foglietto a me non è mai arrivato – denuncia Cioppa – e ne verrò a conoscenza solo qualche tempo più tardi proprio da Lucia Mokbel che, in un incontro casuale, mi chiese se il foglietto fosse arrivato e che ne avessi fatto”. Che si trattasse del covo della colonna romana delle Brigate Rosso si saprà solo il 18 aprile quando “qualcuno” decide di farlo scoprire allagando volutamente  la parete della vasca da bagno creando un’infiltrazione d’acqua al piano sotto. “Se avessi ricevuto quel foglietto – racconta Cioppa – avrei scoperto il covo e chi lo abitava ovvero Moretti e Faranda, e quasi certamente avremmo salvato la vita ad Aldo Moro. Invece sono stato fatto passare come colui che ha ostacolato quel ritrovamento, circostanza che mi è costata la carriera: io in via Gradoli non ci sono mai stato”. Moretti e Faranda, che occupavano il covo di via Gradoli, confermeranno nel corso del processo, che il 18 marzo per ben tre volte qualcuno bussò alla porta e che se fosse entrato qualcuno avrebbero sparato. Il brigadiere, insomma, si salvò la vita non abbattendo quella porta.

Foto ricordo di rito per una serata di toccanti ricordi legati al caso Moro

Foto ricordo di rito per una serata di toccanti ricordi legati al caso Moro

Altro momento toccante è stato quando Cioppa ha raccontato il ritrovano del corpo senza vita dello statista. “Il collaboratore che ricevette dai brigatisti la comunicazione che il cadavere di Moro era in via Caetani, era intercettato – segnala Cioppa – Così il Questore di Roma apprende la notizia in tempo reale e manda me sul posto. Quando gli artificieri hanno già ispezionato la Renault 4 rossa segnalata dai brigatisti, apro il cofano e scopro il corpo di Moro. Aveva gli occhi aperti in uno sguardo dignitoso di chi sa che sarebbe morto, crivellato di colpi sul torace giù fino alle gambe. A me è toccato accompagnare la moglie all’obitorio per il riconoscimento ed è stato straziante vederla carezzare i capelli del marito così barbaramente trucidato”.

Prima del saluto finale, Elio Cioppa ha risposto con puntualità e dovizia di particolari al fuoco di fila di domande che l’uditorio gli ha voluto porre, segno di grande rispetto per la sua figura e di grande attenzione a quegli eventi che ormai fanno parte della nostra Storia.