Operazione commodo |
Cronaca Locale
/

Caporalato e sfruttamento selvaggio della manodopera straniera, 6 arresti a Latina

18 gennaio 2019 | 14:01
Share0
Caporalato e sfruttamento selvaggio della manodopera straniera, 6 arresti a Latina

È bufera sul sindacato: l'”impero” della manodopera, infatti, andava avanti grazie alla copertura di esponenti sindacali e dell’Ispettorato del lavoro “infedeli.”

Latina – Ieri mattina la Squadra Mobile di Latina e il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato hanno eseguito un’ordinanza restrittiva emessa dal G.I.P. del Tribunale di Latina, dottor Gaetano Negro, su richiesta del Procuratore di Latina, dottor Lasperanza e del sostituto procuratore Spinelli, nei confronti di sei soggetti ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, all’estorsione, all’autoriciclaggio, alla corruzione e ai reati tributari.

Tra i destinatari figurano il segretario provinciale della FAI CISL di Latina e un Ispettore del lavoro, che avrebbero dovuto vigilare sulla legalità dei lavori nei campi.

Oltre ai destinatari della misura cautelare, che ha permesso di disarticolare un sistema di protezione e collusione che rendeva possibile lo sfruttamento selvaggio della manodopera straniera, vi sono ulteriori 50 indagati, tra cui imprenditori agricoli, commercialisti, funzionari ed esponenti del mondo sindacale, che avrebbero dovuto vigilare sulla legalità nel mondo del lavoro e tutelare i lavoratori.

Gli arrestati, tra cui due donne, sono risultati impegnati, per mezzo di una società cooperativa denominata Agri Amici, con sede a Sezze, nel reclutamento e nello sfruttamento di stranieri centrafricani e rumeni, somministrando illecitamente la loro manodopera a centinaia di azienda agricole committenti, avendo monopolizzato il settore nelle provincie di Latina, Roma, Frosinone e Viterbo.

Approfittando dello stato di bisogno, gli stranieri venivano trasportati nei campi a bordo di pulmini sovraffollati, privi dei più elementari sistemi di sicurezza, ed erano costretti ad affrontare una giornata lavorativa di almeno 12 ore a fronte di una retribuzione inferiore alla metà rispetto a quella prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro del settore.

I due ” fondatori” – individuati grazie ad intercettazioni telefoniche – avevano messo in piedi un sistema che, grazie alla copertura di esponenti sindacali e dell’Ispettorato del lavoro infedeli, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori stranieri, li costringeva a sottostare a regole disumane, non garantendo loro i più elementari diritti previsti dall’ordinamento giuridico e costringendoli ad iscriversi al sindacato dietro la minaccia del licenziamento, in modo che quest’ultimo percepisse non solo le quote di iscrizione ma anche ulteriori introiti economici connessi alla trattazione delle pratiche finalizzate ad ottenere le indennità di disoccupazione.

L’indagine ha avuto inizio alla fine del 2017, a seguito degli interventi disposti dal Servizio Centrale Operativo nell’ambito dell’operazione ad alto impatto denominata“Freedom, finalizzata al contrasto del preoccupante fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro. Tali controlli hanno permesso di rilevare la presenza in alcune zone della città, nelle primissime ore della mattinata, di folti gruppi di stranieri in attesa di pulmini per essere trasportati nei campi.

I servizi di osservazione hanno permesso di accertare che i braccianti provenivano anche dai centri di accoglienza straordinaria ed erano in attesa del riconoscimento della protezione internazionale.

Le indagini di natura patrimoniale hanno consentito di evidenziare la commissione dei delitti di trasferimento fraudolento di valori e dichiarazione infedele, in base ai quali sono stati sequestrati per sproporzione rispetto ai redditi dichiarati, e in quanto provento di autoriciclaggio, 5 abitazioni, 3 depositi, 3 appezzamenti di terreno , 9 autovetture, 36 tra furgoni e camion, 1 società cooperativa, 4 quote societarie e numerosi rapporti bancari, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.

(Il Faro on line)