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Seads, ecco il sistema per ripulire la plastica dai fiumi: nel progetto anche un ladispolano

21 gennaio 2019 | 10:00
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Seads, ecco il sistema per ripulire la plastica dai fiumi: nel progetto anche un ladispolano

L’idea del feantino Fabio Dalmonte ha visto la collaborazione di Mauro Nardocci. Il progetto, a bassi costi, ideato per ripulire i corsi fluviali dalla plastica che potrà poi essere rivenduta dai Comuni

Ladispoli – Catturare la plastica che inquina i corsi d’acqua così da impedirne l’arrivo a mare. Il tutto a costi abbastanza contenuti per chi deciderà di investire sulla nuova invenzione. È questa l’idea di Fabio Dalmonte, 36 anni, feantino ma residente a Londra. Lui ha sempre lavorato nel campo della sostenibilità. Sulla gestione dei rifiuti ha addirittura svolto un master in Scozia.

L’illuminazione però, di come poter risolvere il problema della plastica in mare, è arrivata in Indonesia, sul fiume Ciliwung che passa per Jakarta. Qui Fabio ha potuto vedere con i suoi occhi la terribile situazione relativa all’inquinamento fluviale e gli effetti che questo inquinamento produce su tutto l’ecosistema che lo circonda. È qui che arriva l’idea.

Per metterla in pratica chiede l’aiuto del suo amico e collega di un tempo: Mauro Nardocci, 38 anni, di Ladispoli ma residente a New York. I due lavoravano insieme alla Barilla, ora, però, gli impegni sono cambiati. Insieme Fabio e Mauro hanno deciso di dedicarsi a questo nuovo progetto. Ed è qui che è nata Seads (Sea Defence Solutions), la loro start up di cui sono, appunto i due soci principali.

La società si avvale però anche della collaborazione di professori del Politecnico di Milano,Università di Firenze e University of West Scotland. Il progetto è quello di realizzare una barriera, con una struttura portante di cavi d’acciaio e una specie di ”tenda” realizzata con plastica riciclata che rimane immersa dentro l’acqua bloccando i rifiuti.

La struttura ha una prima barriera posizionata in maniera obliqua e perpendicolare rispetto alla correte. In questo modo i detriti che scendono giù dal fiume saranno fermati da una prima barra, scivoleranno verso una seconda barra che, grazie alla sua posizione obliqua, li manderà verso le sponde dove sarà previsto un punto di raccolta. Una volta raccolta, la plastica, potrà essere venduta dai Comuni così da trarne profitto. I fiumi resteranno comunque navigabili.

La soluzione, come spiegato da Nardocci, potrà essere applicata a percorsi fluviali di diverse dimensioni: “Per poter massimizzare il nostro impatto – ha infatti spiegato – abbiamo sviluppato una serie di soluzioni diverse che possano adattarsi alle caratteristiche dei diversi fiumi. Ad esempio, abbiamo delle soluzioni a tendina di bolle che possono essere adatte a fiumi con poca corrente e senza necessità di navigazione. Le stiamo proponendo, per esempio, per i navigli di Milano”.

Un’idea, che, volendo, potrebbe essere dunque applicata anche ai due fossi che attraversano la città di Ladispoli: il Vaccina e il Sanguinara. Un modo come un altro per la città balneare di andare verso il suo nuovo obiettivo: quello cioè di diventare una città plastic free. Qualora l’amministrazione fosse infatti interessata al progetto, i due realizzatori potrebbero studiare la situazione e valutarne le caratteristiche.

Per quanto riguarda poi i costi, sono molto limitati: “Dipendono molto dalla conformazione specifica del fiume – ha spiegato ancora Mauro Nardocci – e dalle esigenze”. Si parla di circa 3 mila euro al metro di barriere. Ovviamente ai costi andrà poi sottratto il guadagno che i Comuni potranno ricavare dalla vendita della plastica recuperata.

E andando a considerare la mole di plastica che viene recuperata ogni anno, dai volontari delle associazioni ambientaliste, in mare, sicuramente i guadagni per le amministrazioni comunali che decideranno di utilizzare il sistema, potrebbero essere anche ingenti. Peraltro, per abbattere i costi iniziali di investimento per l’attuazione del sistema ideato da Fabio Dalmonte e Mauro Nardocci, più comuni potrebbero decidere di fare sistema.

“Sono convinto – ha proseguito Nardocci – che la nostra rappresenti la miglior soluzione possibile per il rapporto tra efficacia e costo. Questo perché è stata pensata semplice sin dall’inizio per permettere alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo di poterle gestire senza problemi tecnici”.

A breve il progetto sarà testato in Italia, in un affluente del Reno, mentre a Bogor, in Indonesia (proprio da dove è nata l’idea di Fabio Dalmonte) hanno richiesto un primo prototipo da installare proprio sul fiume Ciliwung.

(Il Faro online)