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Editoriale
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Social network, tra pregiudizio e spirali di odio

28 gennaio 2019 | 06:30
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Social network, tra pregiudizio e spirali di odio

La competenza non è più un valore. E i risultati si vedono

Internet rappresenta “una straordinaria possibilità di accesso al sapere”, ma anche “luogo di disinformazione e distorsione dei fatti”. Nei social “ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto da ciò che unisce, dando spazio al pregiudizio e fomentando spirali di odio”. Lo ha detto Papa Francesco nel messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali del prossimo 2 giugno, e chi ci vede un richiamo a una parte politica piuttosto che un’altra  dimostra di non aver capito il messaggio.

Il punto non è politico ma sociale. Non si discute più, si litiga. Non ci si confronta, ci si oppone. E questo perché sul web, tramite internet, tutti parlano di tutto, pontificando; e non è certo un passo in avanti nelle conquiste sociali.

Non si tratta di spocchia, o di presunzione, o di dover dare parola a tutti così come garantito dall’Art. 21 della nostra Costituzione. Si tratta del fatto che nella società odierna manca il rispetto delle idee, e le competenze non rappresentano più un valore; a meno di non doversi far assistere in tribunale o in ospedale, per il resto va bene tutto.

E con il fatto che si pretende di poter parlare su ogni cosa, si accetta che anche altri lo facciano, salvo poi lamentarsi – e lo dico per il mio settore ma va bene anche per altri – che non ci sono più notizie attendibili, che non si capisce dove sia la verità, ecc. ecc.

Spesso (diciamo pure quasi sempre) si commenta per partito preso, senza leggere l’articolo, solo fermandosi (orgogliosamente, talune volte!!!) al titolo. E via giudizi senza arte né parte, di frequente con accuse personali non supportate da nulla se non dal delirio di onnipotenza nel giudicare gli altri.

E a puntare il dito sono le stesse persone che si ergono a difensori dei più deboli, quelle che si riempiono la bocca con le parole democrazia, rispetto, confronto, tolleranza, accoglienza, e chi più ne ha più ne metta.
Parole buone per sostenere un’ideologia, ma non sufficientemente forti da essere messe in pratica.

La cosa grave è che questo atteggiamento è talmente pervasivo della società che viene messo in atto a tutti i livelli, dal singolo cittadino a cui piace cogliere in fallo l’altro (ripeto, spesso, parlando a vanvera) alle Istituzioni, che seguono lo stesso criterio.

Diciamolo in parole povere: se scrivi ciò che fa piacere, quella è la Verità. Se invece scrivi qualcosa che dà fastidio, quella è una Menzogna.  Per parte nostra, continueremo a ospitare gli interventi di tutti ma anche a scrivere ciò che vediamo (con la consapevolezza di poter sbagliare, e quando accade lo diciamo, non lo nascondiamo) perché il giornalista, così come il politico, in teoria dovrebbe avere a cuore l’interesse dei cittadini, non quello di una parte; dovrebbe saper reggere il confronto, non evitarlo. A livello nazionale come a livello locale, da nord a sud senza differenze.

Piccolo inciso: va detto che la deriva del giornalismo in Italia, dove non solo in tanti si improvvisano professionisti senza esserlo, ma anche chi lo è davvero fa tali scelte di asservimento a un’idea da oscurare il ragionamento che ho fatto fino ad ora, è in fase avanzata; e la credibilità del mio mestiere paga anche questo. Ma è profondamente sbagliato fare di tutt’erba un fascio.

In generale, l’aumento di aggressività si riverbera nella vita quotidiana, l’assenza di valori diventa il mezzo con il quale veicolarsi, la mancanza di competenze porta infine a provocare lo scontro. Che spesso travalica il confine del web e diventa cronaca.

Tornando allo status quo, per richiamare l’onda emozionale delle parole del Papa, possiamo dire di essere tornati al “chi non è con me è contro di me” (Lc 11,14-23). Il fatto è che chi lo pensa non è Dio, anche se ci si sente…

(il Faro on line)