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Fiumicino: “Azzurra” risorge dal Tevere, recuperato il barcone-ristorante semi affondato

22 febbraio 2019 | 16:41
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Sono durate oltre 24 ore le operazioni di recupero del barcone. Ora la destinazione finale sarà il cantiere nautico

Fiumicino – Ci sono volute circa 24 ore per ripristinare le condizioni di sicurezza del fiume Tevere, dopo il semi-affondamento della barca-ristorante “Azzurra”, colpito presumibilmente da un tronco in discesa verso il mare.

Giovedì l’ordinanza di rimozione da parte della Capitaneria (leggi l’articolo) si è concretizzata nel recupero dell’imbarcazione da parte dell’armatore Giovanni Ranucci. “Devo fare un ringraziamento pubblico all’armatore – ha detto il comandante della Capitaneria di Porto, Filippo Marini – per la solerzia e l’attenzione che ha messo in questa vicenda. Un segno tangibile di rispetto delle regole e di attaccamento al territorio”.

Così come un segno tangibile dell’attenzione alla tutela della navigazione e al problema dei relitti nel Tevere, è stata la determinazione della Capitaneria di Porto di Roma nel voler risolvere il problema prima che la situazione di incancrenisse e diventasse un pericolo per la collettività. Ricordiamo che a pochi metri c’è il ponte Due Giugno, fondamentale per il collegamento tra Fiumicino centro e Isola Sacra.

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E’ la terza volta che questa imbarcazione subisce un semi affondamento. D’altronde la criticità del fiume è nota, sopratutto quando di notte vengono aperte le chiuse della diga di Castel Giubileo, e verso il mare scende copiosa un’”onda” che trasporta detriti di ogni tipo, talvolta… anche cadaveri.

Questo flusso di detriti, a volte impetuoso, mette seriamente a rischio le imbarcazioni che insistono nel Porto canale. Ancor più se natanti in legno e non in ferro. Quest’ultimi resistono meglio ai colpi, soprattutto se laterali,  di ciò che scende a valle, mentre le imbarcazioni di legno vengono più danneggiate.

Peraltro, non occorre che il danno sia classificato come “squarcio”; spesso basta mandare fuori asse di qualche millimetro le tavole che compongono lo scafo per permettere all’acqua di farsi strada, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare.

Da sottolineare anche il problema dell’escavo del fiume. Nel porto canale, se al centro si arriva ai 5 metri di profondità (che sono comunque pochi), ai lati si arriva anche appena al metro e mezzo. E infatti anche la Azzurra aveva toccato il fondo con parte della fiancata destra.

Come ha funzionato il recupero

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L’imbarcazione è stata imbracata, con l’intervento di sommozzatori. A poppa e a prua sono stati sistemati dei “palloni” per consentire il sollevamento e il riposizionamento della struttura.

La gru ha operato a supporto, sia per evitare che lo scafo colpisse l’altro scafo accanto, sul quale si era adagiato, sia per permettere all’”Azzurra” – come si dice in gergo – di “non bere”, cioè appena appena sollevata dal pelo dell’acqua.

Le operazioni si sono rivelate più complesse del previsto, in quanto la prima gru utilizzata, stante il fatto che doveva “scavalcare” un’altra imbarcazione, non aveva abbastanza forza per completare l’operazione. E’ stato necessario l’arrivo di una seconda gru. più massiccia, per poter sollevare definitivamente lo scafo dall’acqua.

Nel frattempo sono entrate in funzione delle potenti idrovore che “sputavano” fuori dallo scafo un quantitativo di acqua maggiore di quello che il fiume tentava di mettere dentro.
Una volta svuotata e alleggerita l’imbarcazione, si è proceduta all’imbragaggio definitivo. Ultimo step: il rimorchio verso il cantiere nautico.

(Il Faro on line)