Ostia: “Joe Cappuccio non sono io: fatemi uscire dal carcere”

18 aprile 2019 | 16:30
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Ostia: “Joe Cappuccio non sono io: fatemi uscire dal carcere”

Si dichiara innocente l’uomo in carcere da metà gennaio con l’accusa di essere il rapinatore delle donne presso le stazioni della Roma-Lido. Intanto le imprese di Joe Cappuccio sono continuate

Ostia – “Joe Cappuccio non sono io sono detenuto ingiustamente in carcere per uno scambio di persona“. E’ il grido d’aiuto che arriva da Regina Coeli per voce dell’avvocato Annaisa Garcea. A reclamare la sua innocenza è un uomo di 42 anni con precedenti penali, arrestato il 16 gennaio scorso (qui la notizia) dai carabinieri per gravi indizi legati a due rapine e una tentata rapina.

I fatti sono quelli legati al misterioso e violento rapinatore che, con il cappuccio della felpa calato sulla testa, nei primi giorni del mese di gennaio 2019 ha colpito in tre diverse circostanze altrettante donne sole che stavano raggiungendo la fermata della Roma-Lido per andare a lavoro. In un caso la rapina non è andata a segno, in due circostanze l’orario era tra le cinque e mezza e le sei del mattino.

Secondo le testimonianze l’identikit del bruto rapinatore corrispondeva a quello di un uomo corpulento, alto, con la barba incolta e gli occhi scuri. “Ecco il punto – sottolinea l’avvocato Garcea – Il mio assistito ha gli occhi verdi e nell’unico caso in cui è stato riconosciuto come responsabile della rapina la sera prima era senza barba. Il punto è che questo caso soffre quanto meno di una carenza di prove“.

Anche secondo l’avvocato difensore l’uomo che è in carcere, un 42enne di Ostia, sposato e padre di un bambino, uscito di carcere a agosto del 2018 per rapina e detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, non può essere Joe Cappuccio. “Nell’incidente probatorio – prosegue l’avvocato Garcea – al confronto diretto delle tre donne che hanno subito la rapina, solo una l’ha indicato come responsabile. Quella donna nella denuncia aveva indicato che l’aggressore aveva gli occhi scuri mentre il mio assistito li ha verdi. C’è poi il particolare della barba. Tutte le testimoni dichiarano che il bandito aveva la barba incolta. C’è la prova che il mio assistito la sera prima delle due rapine avvenute di primissimo mattino del 2 gennaio, era rasato. Lo attesta la videosorveglianza del commissariato Lido dove il mio assistito si era recato per rispondere all’obbligo di firma dopo la scarcerazione“.

Secondo il difensore mancano poi altre prove. “Abbiamo chiesto le impronte digitali della borsa che il rapinatore non è riuscito a portare via alla malcapitata – prosegue l’avvocato Garcea – ma non sono state fornite. Così come abbiamo chiesto un esame antropometrico della figura del rapinatore che si vede nelle immagini della videosorveglianza da raffrontare con quella del mio assistito ma non sono state effettuate“. Non è chiaro, poi, se è stata ascoltata come testimone questa donna che si è dichiarata scampata dalla rapina e ha visto bene in faccia Joe Cappuccio.

Un ultimo aspetto, forse il più importante, è quello legato alle azioni di Joe Cappuccio continuate anche dopo l’arresto del 42enne di Ostia. Nei primi 10 giorni del mese di aprile uno sconosciuto, alto circa 1,75, moro e con la barba incolta ha messo a segno ben quattro rapine ai danni di altrettante donne nei pressi della stazione Stella Polare della Roma-Lido. “Non si tratta di spirito emulativo ma la prova evidente che in carcere c’è un innocente” conclude l’avvocato Garcea.

Per il 2 maggio è fissato il rito abbreviato richiesto dalla difesa. E’ urgente definire meglio la vicenda perchè l’uomo incarcerato è caduto in una profonda depressione e ha già manifestato intenzioni autolesionistiche.