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Un secondo lungo una vita: la lettera aperta di Marco, semiparalizzato dopo un incidente stradale a Gaeta

2 maggio 2019 | 15:30
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Un secondo lungo una vita: la lettera aperta di Marco, semiparalizzato dopo un incidente stradale a Gaeta

Vivo per miracolo, dopo più di 1 anno, Marco racconta il paradosso della Legge italiana, ma anche il coraggio di sorridere alla vita, nonostante tutto.

Gaeta – Quanto dura un secondo? A volte tutta una vita. Quella che ti passa davanti, quella che non sarà mai più come prima e non per tua scelta. Un secondo in cui paghi per colpe che non hai commesso, se non quella di trovarti nel posto sbagliato al momento sbagliato.

È la storia di Marco Ostilio La Croix che, in una notte come tante, nell’ottobre del 2017, sta tornando a casa, insieme a una sua amica. 25 anni appena, quando, la sua moto si scontra con una macchina che viaggia contromano, finendo preda delle fiamme. 

A 25 anni i suoi sogni si stanno appena cominciando a realizzare… Ma da quell’istante, niente sarà come prima. Vivo per miracolo, dopo più di 1 anno, il ragazzo racconta se stesso e il paradosso della Legge italiana, che ti condanna una seconda volta, lasciandoti senza giustizia per quello che hai subito. Ma anche la forza e la determinazione di chi ha ancora il coraggio di sorridere alla vita, nonostante tutto.

Di seguito, riportiamo la commovente e intensa lettera di Marco:

Un tuo secondo ha cambiato una vita. Un lungo silenzio ha attraversato la mia vita in questo ultimo anno. Un silenzio obbligato e un silenzio per scelta. Ci sono storie simili alla mia che arrivano alla ribalta dei media nazionali, storie come quella di Manuel Bortuzzo che mentre era con la sua ragazza per strada è stato sparato da due individui “per gioco” ed ora si trova nelle mie stesse condizioni, anzi meglio e sono molto felice per lui.

Storie che ti cambiano la vita in un secondo, una vita che cambia non perché lo vuoi tu ma perché in quell’attimo qualcuno ha deciso di rovinartela.

Dopo quello che è successo solo ora sento di poter condividere con il mondo i mille pensieri che hanno riempito la mia mente in questi mesi. Chi mi ha conosciuto prima di quel secondo fatale, un secondo che ha spaccato in due parti il mio corpo e la mia vita, sa benissimo chi ero, un venticinquenne che si era lanciato con anima e corpo nel mondo del lavoro. Il lavoro che volevo e che ho tanto desiderato, che ho conquistato per un breve periodo, ma intenso e pieno di soddisfazioni.

Quella sera felice, anche io ero con una mia amica ed in moto tornavamo a casa senza sapere che quella sera normale sarebbe diventata lo spartiacque della mia vita. Un’auto in contromano che come un proiettile ti piomba addosso, un secondo, il botto, il volo, il silenzio, il buio. Un buio durato mesi.

Una volta ripreso conoscenza ho capito che qualcosa non andava. Non riuscivo a parlare, a pensare, mi sentivo prigioniero tra tubi, macchine, medicinali che non mi permettevano di esprimermi e di ragionare, sembrava un sogno, non la realtà. Non riuscivo nemmeno a pormi la più classica delle domande: è possibile che sia successo proprio a me? Quel momento purtroppo doveva ancora arrivare, ma presto sarebbe arrivato.

Mi sono ritrovato a vivere una vita che nessuno dovrebbe mai arrivare ad affrontare, soprattutto un ragazzo di venticinque anni, ma la vita va sempre vissuta, nel bene e nel male. Non basterebbe un oceano di parole per descrivere ogni singolo pensiero che ha attraversato la mia mente in questo periodo, un periodo che purtroppo nella sua oscurità mi ha aiutato a vedere tutto quello che mi circonda con occhi diversi, e anche a ragionare sulla mia singola esperienza, sempre più consapevole di non essere stato né il primo né l’ultimo ad averla vissuta.

Grazie al primo intervento dei medici i quali mi hanno letteralmente salvato la vita, successivamente al sostegno della mia meravigliosa famiglia, al calore dei miei amici e delle persone che hanno vissuto con me questo periodo, ho affrontato la mia battaglia, che è ancora soltanto all’inizio con la giusta determinazione.

Mi sarei aspettato anche il sostegno da colui il quale ha causato questa mia condizione, magari cercando anche di meritarsi la mia attenzione e lo dico con molta onestà non avrei serbato rancore di fronte solo ad un “ti chiedo scusa”. Invece niente, nulla, la codardia di essere uomini, di ammettere di aver fatto una cazzata, di aver rovinato una vita per sempre. Niente.

Attualmente, come tutti sappiamo, il sistema giuridico italiano è carente in molti ambiti, uno di questi è proprio quello che riguarda i crimini commessi sulle nostre strade. Nel mio caso specifico l’articolo del codice penale riguardante la mia vicenda è il 590 bis, il quale prevede un massimo di pena di soli sette anni per colui il quale commette il reato; che tra sconti e condizionali si riduce a una pena esigua.

Da libero cittadino, il quale ha purtroppo constatato sulla sua pelle cosa vuol dire vivere una simile situazione, reputo non congrua una condanna così benevola nei confronti di chi ha volontariamente e consapevolmente preso la decisione d’infrangere, con arroganza e superficialità, il codice stradale italiano.

Questa è solo la mia idea, ovviamente non è mio compito andare nello specifico, so soltanto che l’articolo di legge in questione non tuteli nella giusta maniera le vittime di simili accadimenti, senza tener conto che già la situazione in se risulta critica e difficile da affrontare. Uno Stato sano dovrebbe essere il nostro “miglior amico” in circostanze del genere, con l’obbligo di alleggerirci il carico di difficoltà in ogni ambito: dal primo soccorso; nel momento della riabilitazione; all’assistenza morale e materiale; e infine a infliggere la giusta pena ai colpevoli.

Come posso sentirmi io, o chiunque altro, che dopo aver subito il danno che mi segnerà per tutta la vita non ho nemmeno il diritto di ricevere la giustizia che merito?

Queste parole non sono dettate dall’angoscia o dalla rabbia, ma da un’analisi fredda e distaccata, partorita a distanza di un anno, analizzando la realtà dei fatti.

A prescindere da tutto, credo fermamente che la nostra vita sia qualcosa di unico ed irripetibile e non può essere ostacolato da nulla e da nessuno. Bisogna sorridere, la felicità è ovunque, basta saperla cercare, e chi mi conosce sa benissimo che potrei trovarla in ogni dove, Anche in una stanza vuota, con pareti bianche, con la mia creatività e la mia voglia di dare colore ad ogni cosa.”

(Il Faro on line)