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Caso Cucchi, i medici verso la prescrizione del reato. Il Pg: “Una sconfitta per la giustizia”

6 maggio 2019 | 14:30
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Caso Cucchi, i medici verso la prescrizione del reato. Il Pg: “Una sconfitta per la giustizia”

Il procuratore generale: “Un po’ di umanità lo avrebbe salvato, c’è stata una sciatteria inammissibile”

Roma – Per salvarlo sarebbe bastata “un po’ di umanità” ma dal primo processo ai medici dell’ospedale Pertini, dove Cucchi morì, è passato troppo tempo e ora il pg chiede per loro la prescrizione sottolineando amaramente che questo epilogo è “una sconfitta per la giustizia”.

Per la Procura generale di Roma, Stefano Cucchi dunque poteva essere salvato nell’ospedale dove nell’ottobre 2009 morì una settimana dopo il suo arresto per droga ma il trascorrere del tempo non può che portare alla declaratoria di prescrizione del reato nei confronti dei cinque medici sotto processo per omicidio colposo davanti alla seconda Corte d’assise d’appello.

È arrivata oggi a un nuovo ‘punto focale’ processuale la vicenda della morte del giovane geometra romano. Tutto ciò, dopo un tortuoso iter che ha interessato il primario del Reparto di medicina protetta dell’Ospedale Pertini di Roma, Aldo Fierro, e altri quattro medici, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo.

Tutti furono portati a processo inizialmente per l’accusa di abbandono d’incapace (nello stesso processo c’erano imputati anche tre infermieri e tre agenti della Polizia penitenziaria, assolti in via definitiva): condannati nel giugno 2013 per il reato di omicidio colposo, gli stessi medici furono successivamente assolti in appello.

E da lì, iniziò una nuova vita processuale fatta di passaggi importanti: intervenne la Cassazione rimandando indietro il processo, i nuovi giudici confermarono quell’assoluzione, la Cassazione rinviò per questo nuova attività dibattimentale. L’esordio oggi del Pg Mario Remus nella sua requisitoria è stato ‘nodale’: “Questo processo dovrà concludersi con una declaratoria di prescrizione del reato – ha detto – ma è una sconfitta della giustizia“.

Poi, la sottolineatura di un processo “che evidentemente è iniziato male, con imputazioni traballanti e con una perizia in primo grado che è arrivata a valutare i fatti in maniera evidentemente erronea”. E i complimenti ai periti nominati in appello, i quali “hanno finalmente fatto luce in maniera motivata e logica“.

Per arrivare a sostenere che Stefano Cucchi avrebbe potuto essere salvato, il rappresentante dell’accusa non ha mancato di sottolineare come il geometra romano “era un paziente difficile sotto l’aspetto psicologico; un paziente difficile che non è stato trattato per come doveva essere trattato. Un tocco di umanità, questo sarebbe bastato per farlo bere un po’ di più, per farlo mangiare un po’ di più, per salvarlo. Credo che questo paziente non sia stato ascoltato dal punto di vista sanitario e dal punto di vista psicologico“.

La morte di Stefano Cucchi poteva, doveva essere evitata; è un dato incontrovertibile – ha detto poi l’avvocato Enrico Maggiore, costituito per il Comune di Roma, unica parte civile presente in questo processo (la famiglia Cucchi è stata risarcita e Cittadinanzattiva nelle more ha revocato la costituzione) -. Il nostro ruolo in questo processo ha una funzione di testimonianza, anche per l’esistenza del protocollo d’intesa con il Garante per i diritti dei detenuti. Protocollo che se fosse stato tempestivamente attivato, probabilmente avrebbe potuto contribuire ad evitare l’evento tragico”. Il 3 luglio spazio alle difese; poi, ulteriore udienza per camera di consiglio e sentenza.

(fonte Ansa)