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Venturini (Popolari per l’Italia): “In Europa mancano medici e infermieri, serve una politica comune per salvaguardare lavoro e sicurezza dei pazienti”

11 maggio 2019 | 15:04
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Venturini (Popolari per l’Italia): “In Europa mancano medici e infermieri, serve una politica comune per salvaguardare lavoro e sicurezza dei pazienti”

“Razionalizzare la spesa, omologare gli standard professionali e puntare su una formazione mirata per categorie”

Roma – “Medici, dentisti, infermieri: in Europa ci saranno un milione di posti vacanti entro il 2020. Una vera e propria emergenza, che si riverbera sulla qualità dei servizi e l’aspettativa di vita, soprattutto in fase emergenziale, per i pazienti. Un tema che l’Europa deve affrontare nel suo complesso, prevedendo azioni coordinate tra i vari Paesi per coprire il fabbisogno delle diverse nazioni”.

Lo afferma Antonfrancesco Venturini, capolista dei Popolari per l’Italia, alle prossime elezioni europee, nel collegio Italia Centro.

Secondo i dati Eurostat, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea (una Direzione Generale della Commissione europea), l’Italia nel 2016 aveva 557 infermieri ogni 100.000 abitanti (negli anni successivi sono diminuiti), mentre i maggiori partner come Germania e Francia, superavano i 1.000.

Il Servizio Sanitario Nazionale, che nel 2018 ha compiuto 40 anni, sta affrontando uno dei momenti più difficili dalla sua istituzione. In Italia servono 53mila infermieri e almeno altri 22mila potrebbero essere quelli che andranno in pensione a causa della ‘Quota 100’. Una carenza che potrebbe avere effetti sull’accesso alle cure e sull’assistenza.

A marzo scorso – prosegue Venturini – è stata sbloccata la possibilità di assunzioni nella sanità, ma fissare la spesa al 2018 rispetto a quella del 2009 significa storicizzare la perdita registrata in questi anni, pari a 50 mila infermieri e 10 mila dirigenti medici: gli operatori sanitari persi dal 2009 al 2018 non verranno più recuperati.

Quanto al nuovo contratto collettivo siglato nel 2018, gli infermieri non ne sono entusiasti poiché – ad esempio – si riconosce loro un’indennità che secondo gli operatori sanitari sminuisce la loro posizione e il loro lavoro. Un tema, quello della miglioria salariale, da non lasciar cadere.

L’intero settore, dunque, è in grande sofferenza, a livello italiano come europeo. E non parliamo solo di stipendi, indennità, posti di lavoro, ma anche di sicurezza.

La Fnopi (Federazione nazionale degli Ordini professioni infermieristiche) ha chiarito bene i rischi: ogni volta che si assegna un assistito in più a un infermiere (il rapporto ottimale sarebbe 1:6) aumenta del 23% l’indice di burnout (stress in un contesto lavorativo che determina un logorio psicofisico ed emotivo), del 7% la mortalità dei pazienti, del 7% il rischio che l’infermiere non si renda conto delle complicanze a cui il paziente va incontro. Ipotizzando che si riesca ad avere il rapporto ottimale, potrebbero essere evitate 3.500 morti l’anno.

Numeri – conclude Venturini – che impongono riflessioni profonde, e una riorganizzazione del settore sanitario che veda le esigenze europee da un punto di vista globale, con una razionalizzazione della spesa, un’omologazione degli standard professionali e la formazione mirata per categorie”.