Pentecoste, il Papa: “Un cristianesimo senza lo Spirito è un moralismo senza gioia”

9 giugno 2019 | 11:05
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Pentecoste, il Papa: “Un cristianesimo senza lo Spirito è un moralismo senza gioia”

In piazza San Pietro la Messa di Pentecoste, il Pontefice: “Senza lo Spirito la Chiesa è un’organizzazione, la missione propaganda, la comunione uno sforzo”

Città del Vaticano – “Senza lo Spirito la vita cristiana è sfilacciata, priva dell’amore che tutto unisce. Senza lo Spirito Gesù rimane un personaggio del passato, con lo Spirito è persona viva oggi; senza lo Spirito la Scrittura è lettera morta, con lo Spirito è Parola di vita. Un cristianesimo senza lo Spirito è un moralismo senza gioia; con lo Spirito è vita“.

E’ il monito che lancia Papa Francesco dal sagrato della basilica vaticana, dove presiede la Santa Messa nel giorno di Pentecoste. Migliaia di pellegrini affollano piazza San Pietro, incuranti del caldo sole che infiamma l’abbraccio del colonnato.

Nella sua omelia, il Pontefice fa notare come l’arrivo dello Spirito Santo, avvenuto cinquanta giorni dopo la Pasqua (da qui il nome della festività che la Chiesa celebra oggi), ribalti i dubbi e le paure degli apostoli. Con l’arrivo dello Spirito, sottolinea Bergoglio, “le preoccupazioni svaniscono: ora gli apostoli non hanno timore nemmeno davanti a chi li arresta; prima preoccupati di salvarsi la vita, ora non hanno più paura di morire; prima rinchiusi nel Cenacolo, ora annunciano a tutte le genti”.

In altre parole, “la vicenda dei discepoli, che sembrava al capolinea, viene rinnovata dalla giovinezza dello Spirito: quei giovani, che in preda all’incertezza si sentivano arrivati, sono stati trasformati da una gioia che li ha fatti rinascere”.

Lo Spirito Santo, insomma, cambia la vita perché “non è, come potrebbe sembrare, una cosa astratta; è la Persona più concreta, più vicina”.

L’armonia dello Spirito Santo

Quella dello Spirito, fa notare il Pontefice, è un’azione particolare: agli apostoli “non ha reso le cose più facili, non ha fatto miracoli spettacolari, non ha tolto di mezzo problemi e oppositori”, ma “ha portato nelle loro vite un’armonia che mancava, la sua, perché Egli è armonia”. E precisa: “Armonia dentro l’uomo”.

E ammonisce: “Non serve sapere che il Risorto è vivo se non si vive da Risorti. Ed è lo Spirito che fa vivere e rivivere Gesù in noi, che ci risuscita dentro. Per questo Gesù, incontrando i suoi, ripete: ‘Pace a voi!’ e dona lo Spirito”.

Una pace, prosegue il Santo Padre, “che non libera dai problemi, ma nei problemi è offerta a ciascuno di noi. È una pace che rende il cuore simile al mare profondo, che è sempre tranquillo anche quando in superficie le onde si agitano. È un’armonia così profonda che può trasformare persino le persecuzioni in beatitudini“.

Eppure, spesso “rimaniamo in superficie”; anziché cercare lo Spirito “tentiamo di rimanere a galla, pensando che tutto andrà meglio se passerà quel guaio, se non vedrò più quella persona, se migliorerà quella situazione“.

Ma è rimanere in superficie: passato un problema ne arriverà un altro e l’inquietudine ritornerà. Non è prendendo le distanze da chi non la pensa come noi che saremo sereni, non è risolvendo il guaio del momento che staremo in pace. La svolta è la pace di Gesù, è l’armonia dello Spirito.

Un’armonia emarginata

“Oggi, nella fretta che il nostro tempo ci impone, sembra che l’armonia sia emarginata: tirati da mille parti rischiamo di scoppiare, sollecitati da un nervosismo continuo che ci fa reagire male a ogni cosa”, aggiunge il Papa.

Oggi “si cerca la soluzione rapida, una pastiglia dietro l’altra per andare avanti, un’emozione dietro l’altra per sentirsi vivi. Ma abbiamo soprattutto bisogno dello Spirito: è Lui che mette ordine nella frenesia”.

Egli è pace nell’inquietudine, fiducia nello scoraggiamento, gioia nella tristezza, gioventù nella vecchiaia, coraggio nella prova. È Colui che, tra le correnti tempestose della vita, fissa l’ancora della speranza. È lo Spirito che, come dice oggi San Paolo, ci impedisce di ricadere nella paura perché ci fa sentire figli amati.

“È il Consolatore, che ci trasmette la tenerezza di Dio. Senza lo Spirito la vita cristiana è sfilacciata, priva dell’amore che tutto unisce. Senza lo Spirito Gesù rimane un personaggio del passato, con lo Spirito è persona viva oggi; senza lo Spirito la Scrittura è lettera morta, con lo Spirito è Parola di vita”, prosegue. E ammonisce: “Un cristianesimo senza lo Spirito è un moralismo senza gioia; con lo Spirito è vita”.

Spirito Santo, soffia nei nostri cuori e facci respirare la tenerezza del Padre. Soffia sulla Chiesa perché porti con gioia il Vangelo. Soffia sul mondo il fresco ristoro della speranza. #Pentecoste

— Papa Francesco (@Pontifex_it) 8 giugno 2019

Dalla diversità si costruisce l’unità

Ma lo Spirito, prosegue il Papa, porta “armonia anche fuori, tra gli uomini“. “Ci fa Chiesa, compone parti diverse in un unico edificio armonico”. Ovvero, “siamo diversi, nella varietà delle qualità e dei doni”.che “lo Spirito distribuisce con fantasia, senza appiattire, senza omologare“. “E, a partire da queste diversità, costruisce l’unità. Fa così, fin dalla creazione, perché è specialista nel trasformare il caos in cosmo, nel mettere armonia“, spiega.

Ma, fa notare il Pontefice, “oggi nel mondo le disarmonie sono diventate vere e proprie divisioni: c’è chi ha troppo e chi nulla, c’è chi cerca di vivere cent’anni e chi non può venire alla luce. Nell’era dei computer si sta a distanza: più ‘social’ ma meno sociali“.

Abbiamo bisogno dello Spirito di unità, che ci rigeneri come Chiesa, come Popolo di Dio, e come umanità fraterna. Sempre c’è la tentazione di costruire “nidi”: di raccogliersi attorno al proprio gruppo, alle proprie preferenze, il simile col simile, allergici a ogni contaminazione. Dal nido alla setta il passo è breve: quante volte si definisce la propria identità contro qualcuno o contro qualcosa!

Lo Spirito Santo, invece, “fonde tonalità diverse in un’unica armonia, perché vede anzitutto il bene, guarda all’uomo prima che ai suoi errori, alle persone prima che alle loro azioni”. E’ lo Spirito che “plasma la Chiesa e il mondo come luoghi di figli e di fratelli“.

Persone prima che aggettivi

“Figli e fratelli – rimarca -: sostantivi che vengono prima di ogni altro aggettivo“, dice il Papa. “Va di moda aggettivare, purtroppo anche insultare. Rendendo male per male, passando da vittime a carnefici, non si vive bene“.

Chi vive secondo lo Spirito, invece, porta pace dov’è discordia, concordia dov’è conflitto. Gli uomini spirituali rendono bene per male, rispondono all’arroganza con mitezza, alla cattiveria con bontà, al frastuono col silenzio, alle chiacchiere con la preghiera, al disfattismo col sorriso.

Ma per “essere spirituali, per gustare l’armonia dello Spirito, occorre mettere il suo sguardo davanti al nostro. Allora le cose cambiano: con lo Spirito la Chiesa è il Popolo santo di Dio, la missione il contagio della gioia, gli altri fratelli e sorelle amati dallo stesso Padre”.

“Senza lo Spirito – conclude – la Chiesa è un’organizzazione, la missione propaganda, la comunione uno sforzo. Lo Spirito è il bisogno primo e ultimo della Chiesa. Preghiamolo ogni giorno” affinché ci renda”artigiani di concordia, seminatori di bene, apostoli di speranza”.

(Il Faro online)