i vini

Casale Cento Corvi: l’identità del territorio

2 luglio 2019 | 07:00
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Casale Cento Corvi: l’identità del territorio

A Cerveteri per cantine aperte 2019 alla ricerca dei vini autoctoni prodotti dagli antichi Etruschi

Un’azienda relativamente giovane, Casale Cento Corvi nasceva nel 2001 come azienda produttrice ufficiale di vino. In realtà già da tre generazioni qui si coltivava la vite per produrre quel vino che tanti anni fa “si faceva in casa” per la famiglia; le restanti uve si vendevano poi alle cantine sociali o ai privati.

I fratelli Costantino e Giorgia Collacciani, rispettivamente Agronomo ed Enologa dell’impresa vitivinicola, provengono da famiglie di agricoltori con uno spiccato attaccamento alla terra. Il cambiamento di rotta che ha portato Casale Cento Corvi a diventare ciò che è oggi, è avvenuto alla fine degli anni novanta quando il padre, Fiorenzo Collacciani, decise di mettersi in pari con i tempi in virtù di un mercato che stava velocemente mutando il modo di bere e produrre il vino.

La storia del nome e del territorio

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Casale Cento Corvi prende il nome dall’antico casale nel quale è ubicata l’azienda utilizzato una volta come granaio e da tutta la zona circostante che era invasa quindi da tantissimi corvi neri. La cantina con 16 ettari di terra a 40 km da Roma, è composta dallo stabile produttivo con annessa una villa dove vengono presentati i vini in eventi cadenzati effettuando degustazioni con il camino acceso d’inverno o lungo i filari invece d’estate dove si preparano delle cene a tema in un ambiente suggestivo illuminato dalle grandi torce.

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La visita guidata in cantina

Illustrando la parte agronomica e di produzione dell’azienda, le vigne, la cantina, i fermentatori, la bottaia e il cavaeu, Costantino Collacciani ha raccontato: “ci siamo messi in discussione con la pazzia e l’incoscienza realizzando una cantina senza sapere come si faceva il vino in maniera moderna e tecnologica; sì perchè noi facevamo il vino con il sole calante e la luna crescente e tutte le leggende che diventavano tradizione per i nostri nonni”.

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Grazie poi a tecnici del settore ed esperti enologi è stato effettuato un lavoro di start-up, e pian piano Casale Cento Corvi è riuscito a piazzarsi in maniera prepotente ed alquanto inaspettata sotto i riflettori delle grandi guide. Tutto ciò grazie soprattutto alla riscoperta di un antico vitigno autoctono, il Giacchè, prodotto nel territorio dai contadini e che in passato veniva usato solitamente per il taglio di altri vini dato il suo colore scuro determinato dai numerosi antociani presenti; poi andò completamente in disuso visto la sua resa poco redditizia e solo pochissimi contadini ne conservarono la cultivar.

“Abbiamo avuto la fortuna di conoscere questi contadini”- ha continuato Costantino -” e da lì, donandoci dei tralci della pianta, con l’opera di rinnesto e recupero, abbiamo cominciato la nostra avventura in questo nuovo mondo della moderna viticultura e del bere di qualità”.

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“Una storia antica fatta di vino, etruschi e mare”

Così dai sette contadini conosciuti sono stati recuperati sette diversi cloni di Giacchè; è stata fatta una selezione massale iniziata nel 2001 con un lavoro che è ancora in corso. Dai sette cloni però quattro erano selvaggi perciò sono stati scartati, tre erano molto interessanti ma non convincevano del tutto i fratelli Collacciani e la loro squadra di esperti che alla fine però ne ha selezionato uno e uno solo, e con questo il progetto è partito.

L’analisi del DNA di questo clone è stato presentato due anni alla stampa italiana ed estera scoprendo si trattasse di un biotipo di Lambrusco, padre dei grandi vitigni rossi. Una sorpresa?! No, se si conosce la storia del territorio: la Lambruscaia era l’uva con la quale gli Etruschi producevano il vino, e si sa bene come in questa zona del Lazio gli Etruschi lasciarono numerose tracce del loro passaggio; Cerveteri ne è una palese testimone essendo famosissima per i suoi reperti storici etruschi.

La storia del Giacchè è un simbolo del territorio importantissimo per l’azienda; ultimamente il vino ha ottenuto ottimi riscontri da molti esperti e magazine del settore; è uno dei più apprezzati del centro Italia, purtroppo per una produzione per ora limitatissima, 2500 bottiglie per ettaro; quando si dice “la qualità limita la quantità”.

La scelta dell’azienda: coltivare la tradizione

L’interesse del mondo enologico sull’autoctono ha spinto i due fratelli a trasformare l’azienda del padre non seguendo più le classiche mode che volevano la produzione dei soliti vini internazionali: come il melot, souvignon, chardonnay, sovignon blanche e i sirah.

“Abbiamo tolto tutto ciò che c’era impiantato sul nostro terreno” dice l’enologa Giorgia Collacciani ”e abbiamo scelto l’identità del territorio, solo i vitigni vocati da sempre a questa terra, valorizzando di conseguenza il vino prodotto, perciò i trebbiani, malvasia puntinata, greco, grechetto, moscato bianco, montepulciano e sangiovese, cioè le uve che sono state sempre prodotte qui fin dall’antichità e che solo in questa zona d’Italia danno il massimo della loro espressione; una zona ricca di mineralità, acidità e salinità, i tre ingredienti fondamentali caratterizzanti le nostre uve”.

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Il mondo del Bio e il ritorno alle antiche tecniche di coltivazione

Produttori del biologico da anni, Casale Cento Corvi non usa diserbanti, si lavora solo con zolfo e rame e l’applicazione di procedure meccaniche come le spazzole e migliori potature; mentre la concimazione è interamente affidata alla pratica del sovescio, cioè il ribaltamento delle zolle di terreno coltivate con le leguminose, molto ricche di azoto, che riescono a nutrire completamente la pianta.

“Queste operazioni venivano effettuate già 40 anni fa dai nostri nonni” – spiega Costantino – “dopo di chè è subentrata la tecnologia e la chimica portando l’inquinamento ai massimi livelli e mutando il prodotto finale nelle sue più ancestrali proprietà organolettiche. A noi non piaceva tutto questo, perciò siamo ritornati a fare ciò che facevano i nonni, siamo ritornati alle origini faticando di più ma con tanto orgoglio e risultato”.

La degustazione dei vini

Passando al punto vendita per la degustazione ci si affida alle sapienti papille dell’enologa Giorgia Collacciani; in ordine, per i bianchi:

il Zilath bianco: il vino base dell’azienda, cosidetto entry level, il primo vino con cui è nato il nuovo Casale Cento Corvi dal 2001. Un vino commerciale, morbido, profumato, diretto. Trebbiano al 90% e moscato 10%. Il nome Zilath deriva dalla carica magistrale del popolo Etrusco.

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Vermentino 2017: annata particolare con arresti fermentativi, ovvero il vino ha ritenuto una piccola percentuale di zuccheri e perciò rientrante tra il secco e l’abboccato. Vino così detto “femminile”, molto floreale, fresco e beverino. Vino da ristorazione molto richiesto, ma ottimo per il pre e post pasto.

Kottabos: prende il nome da un antico gioco Etrusco ed è chardonnay 100%, in fine produzione (lascerà spazio agli autoctoni).

Malvasia puntinata: vitigno storico più diffuso.Un bel progetto di malvasia 100%, unica fermentazione in barrique, 12 mesi di feccia, messa in bottiglia nel febbraio 2019 , vino elegante con note mandorlate, un vino d’èlite.

Lo Scordato: trebbiano 100%. Il nome richiama la sua storia, perchè la prima sperimentazione di trebbiano in purezza fu dimenticata e una volta riscoperta ha convinto al primo assaggio. Vino pieno di colori. Due tipologie in degustazione: anno 2016 , più di una anno di affinamento in bottiglia; un caso la sua nascita, ambrato, carico di profumi e sapori, dai sentori sembra un passito. Il 2016 con soli due mesi in bottiglia è meno invasivo, e bevuto fresco sembra un altro vino rispetto al primo. Più equilibrato e abbinabile con tantissime pietanze: dai crostacei ai formaggi, alla carne di maiale e i funghi. Un vino assolutamente da provare, “un vino, un’esperienza”.

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passando ai rossi:

Zilath rosso 2017: bland di 80% sangiovese e 20% altri vini quali ancellotta, carignano, montepulciano. Entry level tra i rossi, leggermente tannico con sentori di fruttato e floreale. Interessante in abbinamento con primi e secondi di carne.

Kottabos: merlot 100%, cosiddetto “migrante”, coltivato sulle colline ceretane su di un terreno tufaceo; produce un vino dal giusto equilibrio di morbidezza. Affinato in rovere francese, commerciale, molto richiesto e venduto;

Argylla: 2014 montepulciano 100%, precedentemente chiamato “La nostra scelta”, in quanto la migliore selezione della cantina. Vino affinato in botti di castagno e poi 6 mesi in bottiglia. Ottimo con carni rosse e con formaggi stagionati.

Sfumature di Giacchè: 50% giacchè, 50% montepulciano; vino elegante, imprevedibile; sfumature di giacchè perchè bland di vini con sfumature di frutta nera, spezie, tabacco e liquirizia.

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Giacchè: 100% Giacchè, il pezzo forte dell’azienda con l’attribuzione dei 5 grappoli; prende il nome con il quale il popolo chiamava questo vitigno. Oggi riscoperto produce un vino dall’intenso colore e dal tipico profumo balsamico; intense le note selvatiche del sottobosco. Strutturato, adatto per cacciagione e formaggi.

www.casalecentocorvi.it e rispettiva pagina facebook.

(Il Faro online)