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Tonnellate di cocaina dall’Olanda a Roma: arrestata associazione di albanesi

1 agosto 2019 | 11:14
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Tor Bella Monaca e San Basilio le centrali di smistamento per le piazze della Capitale;

Roma – Alle prime ore di questa mattina la Squadra Mobile di Roma, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha eseguito un’ Ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma a carico di 9 soggetti, responsabili a vario titolo di Associazione armata finalizzata al traffico transnazionale di sostanze stupefacenti, detenzione e porto di armi alterate e ricettazione.

Altri due soggetti di nazionalità albanese raggiunti dal provvedimento restrittivo risultano allo stato irreperibili in quanto da tempo non presenti sul territorio nazionale.

I soggetti raggiunti dal provvedimento restrittivo avevano costituito un’organizzazione armata dedita alla commissione dei delitti di importazione e successiva distribuzione di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina.

Al vertice dell’organizzazione un 47enne, con il ruolo di capo e organizzatore. Era lui a dirigere e organizzare le singole importazioni di stupefacente, a coordinare i rapporti tra i detentori dello stupefacente all’estero e i corrieri incaricati del trasporto e la successiva distribuzione in Italia.

Una donna romena coadiuvava il capo nel compimento delle sue attività illecite provvedendo ad eseguire i compiti demandati e a recuperare il denaro. Un altro albanese, corriere del sodalizio, consegnava i mezzi in Spagna per la creazione di vani per l’occultamento dello stupefacente, ritirava lo stupefacente all’estero per importarlo a mezzo dei veicoli predisposti allo scopo e lo consegnava al capo.

Altri tre albanesi acquistavano ingenti quantitativi di sostanza stupefacente destinati ad essere distribuiti a Roma.

Una donna romana, invece, collaborava all’occultamento dei mezzi dell’associazione e dei proventi del traffico di stupefacenti, comunicava le direttive del capo agli altri membri dell’organizzazione, durante la detenzione del capo stesso.

Le indagini, condotte in particolare dalla “II Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione” e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, hanno permesso di appurare che lo stupefacente veniva ritirato all’estero, in particolare in Olanda, ed importato in Italia attraverso autovetture modificate, ove veniva successivamente immesso sul mercato di Roma attraverso i centri di smistamento di Tor Bella Monaca e San Basilio.

I sodali provvedevano a consegnare i veicoli in loro uso in Spagna, dove venivano creati dei vani per l’occultamento della cocaina e delle armi, per poi intraprendere il viaggio di ritorno con i carichi di cocaina.

Il capo dell’organizzazione in Italia dotava gli affiliati di telefoni Black Berry (non a loro direttamente riconducibili) con cui comunicavano esclusivamente mediante messaggeria con nick name codificati (Audi, Rolex, ecc.).

La droga veniva acquisita direttamente in Olanda, a Rotterdam, da fidati corrieri anche italiani, che trasportavano lo stupefacente su autovetture munite di doppi fondi dotati di sofisticati sistemi di apertura, sia magnetici che meccanici.

L’organizzazione disponeva di un efficientissimo parco macchine (14 oggetto di odierno sequestro preventivo e altre 7 sequestrate e confiscate in occasione dell’arresto del vertice).

Le Autovetture venivano modificate a seconda del quantitativo di stupefacente da trasportate (furgoni/Suv per viaggi transnazionali tra i 15 e i 50 Kg) o per i trasporti di quantitativi di minore importanza (1/5 Kg) per il trasporto di armi e denaro (Alfa Romeo Giulietta – Nissan Juke – Lancia Delta).

Le modifiche venivano operate in un’officina in Spagna (Madrid) e pagate tra i 10 e i 20 mila euro ed in alcuni casi anche in cocaina.

L’organizzazione era in grado di indicare esattamente il quantitativo che poteva essere occultato nel doppio fondo in quanto disponeva di “forme” in legno equivalenti alle dimensioni del panetto standard di cocaina.

La cocaina, nel panetto in sottovuoto, veniva poi confezionata con un’ ulteriore copertura di caffè o pepe e ricoperta da nastro isolante (per renderla non individuabile dai cani antidroga). Sul panetto era poi impresso un simbolo o una scritta che era indicativa della qualità dello stupefacente ( maiale – aquila – S8) e veniva successivamente venduta, sulla piazza romana, al prezzo che variava tra i 28 e i 35 mila euro al chilo a seconda del quantitativo acquistato e delle modalità di pagamento (immediato – una settimana – 15 gg – un mese) attraverso i centri di smistamento di San Basilio e Tor Bella Monaca.

Le odierne misure cautelari giungono a conclusione di un’articolata indagine che ha abbracciato un arco temporale di circa due anni e che ha permesso di riscontrare positivamente numerosi reati fine dell’associazione ed arrestare vari corrieri.

Ricordiamo, per dovere di cronaca, che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove eventualmente si formeranno in Tribunale, e che vale il principio di innocenza fino a sentenza passata in giudicato.

(Il Faro online)