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C’è solo un Capitano. Morelli è oro e record del mondo nei 50 rana

15 settembre 2019 | 22:26
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C’è solo un Capitano. Morelli è oro e record del mondo nei 50 rana

Ha chiuso un cerchio l’azzurro che ha visto crescere il movimento paralimpico italiano. Sua una delle medaglie della leggenda in questo Mondiale di Londra

Il Faro on line – Il primo atto di questo lungo pomeriggio britannico, l’ultimo di questi Campionati Mondiali Para Swimming a Londra, non poteva che aprirlo il capitano Efrem Morelli con la sua gara del cuore. Con la gara che lo portò sul podio ai Giochi Paralimpici di Rio 2016, i 50 rana SB3.

L’azzurro (Fiamme Oro/Seasub Modena) ancora carico e soddisfatto dell’argento nella staffetta, in questa finale ha dato tutto, il cuore, la determinazione, la maturità ed il coraggio. Cosa ne è uscito? Oro e record del mondo con un crono stratosferico, 47″49.

“Sono al settimo cielo, volevo vincere, ma venivo da una settimana che non era partita nel verso giusto, ma sono riuscito a ritrovarla grazie al mio tecnico Matteo Poli, allo staff Tecnico e alle fisioterapiste. Ho deciso di combattere la mia gara,  ci ho messo il cuore, come faccio ogni giorno, da sempre ed è uscito fuori il record del mondo. Sono tanti anni che nuoto, quest’anno avevo bisogno di un cambiamento, mi sono affidato a Poli e lo ringrazio tanto. Dico grazie anche alla mia società Sea Sub Modena. Ho cercato di dare il meglio e ne è valsa la pena”.

Medaglia d’oro per l’Italia, l’argento va al Giappone con Suzuki (48″83) il bronzo invece alla Russia con Zhdanov (49″34).

L’INTERVISTA

(F.C.)

Lui, Efrem Morelli, è la chioccia del gruppo. No, non chiamatelo vecchio: ma lo sguardo serio di uno che ne ha viste tante, le parole misurate, quei gesti mai eccessivi e mai fuori posto: ecco, tutte queste cose insieme, lo dipingono come un saggio di quelli che quando parlano vanno ascoltati. Lui, ovviamente, allontana etichette e nomignoli: “Sono il più anziano del gruppo, ma la cosa non mi pesa affatto. Anzi: mi sento più in forma adesso rispetto a qualche anno fa. Passano gli anni, cambiano i compagni di squadra, ma gli obiettivi restano sempre gli stessi”. Lui, silenzioso e apparentemente schivo, buttato in una gruppo di splendidi “matti” “con i quali mi trovo benissimo”. E chi meglio di lui, lui che di gruppi ne ha visti parecchi, può parlare di quanto sia davvero importante stare bene tutti insieme. “Il gruppo, un gruppo unito davvero e non soltanto a parole, è fondamentale: la condizione necessaria perché le cose vadano bene, la base per ogni risultato. Se c’è il gruppo tutto è più facile, se non c’è ecco che arrivano inevitabilmente i problemi. Il ct Riccardo Vernole questa cosa la sa bene e sull’unità del gruppo ha sempre puntato: i risultati parlano per lui, così come parla per lui il piacere che tutti proviamo quando andiamo in trasferta e stiamo insieme”.

E sfruttiamolo ancora, questo fatto che Efrem è davvero uno che ne ha viste tante. E che ha inevitabilmente visto crescere il movimento paralimpico da quello che era a quello che è. “Le cose sono cambiate, tanti passi avanti sono stati fatti: senza entrare nel discorso delle classificazioni perché altrimenti staremmo qui a parlarne per tutto il giorno, è indubbio che siano cambiate davvero tante cose. Sono arrivati i “costumoni” più performanti, c’è stata una notevole evoluzione tecnica, la professionalizzazione degli allenamenti e l’organizzazione di società e federazioni è cambiata così come è cambiata la percezione dello sport paralimpico. E a dirlo sono i numeri: a Pechino nel 2008 eravamo in 10, ora a Londra siamo in 22”.

Ecco, Efrem ha pestato su un tasto importante: la percezione, che in questo caso fa davvero rima con comunicazione. “Dopo Londra 2012 tutto è cambiato, prima le nostre gare andavano in differita a mezzanotte e da quelle Paralimpiadi la gente ci ha guardato in diretta. La conoscenza è alla base di tutto e la comunicazione è il pane che ci serve per andare avanti: se ne deve parlare, se ne deve parlare sempre di più. Davvero, è importante”.

Ed è bello finire un’intervista parlando di cerchi. Di cerchi che si chiudono: “Prima di fare l’incidente, stavo per entrare nel gruppo delle Fiamme Oro: per me era un sogno ed era praticamente fatta, poi mi sono fatto male. Anni dopo, e grazie al nuoto questo sogni si è realizzato e sono entrato a far parte del gruppo Fiamme Oro: davvero, un cerchio che si è chiuso. A modo suo, ma si è chiuso”.

Foto : Augusto Bizzi/Finp

Fonte : finp.it