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Ostia, i ragazzi della I B dello scientifico Enriques si incontrano 50 anni dopo

3 novembre 2019 | 09:08
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Ostia, i ragazzi della I B dello scientifico Enriques si incontrano 50 anni dopo

Dopo mezzo secolo dall’iscrizione al primo anno di liceo scientifico incontro tra compagni di scuola dell’Enriques. Ricordi, ironie e gioia di avercela fatta

Roma – Insieme, hanno frequentato cinque anni di liceo scientifico “F. Enriques” di Ostia. Quei compagni di scuola, dopo mezzo secolo dall’iscrizione al primo anno, hanno sentito il bisogno di rivedersi e di ripercorrere, tra capelli grigi e nelle pieghe delle rughe, ricordi e emozioni rimasti impressi in quei cinquanta anni di distanza.

E’ la magica serata vissuta dai “ragazzi” classe 1955 che a 14 anni, nel 1969, si iscrissero al primo anno, corso B, del liceo scientifico di via Paolini. Un’impresa maturata e messa a segno in poche settimane grazie ai social network. Così, tra la sindrome da “Fabris” (il malinconico e bruttarello protagonista del film di Carlo Verdone) e i timori di non essere riconoscibili, in diciannove delle venticinque matricole di cinquanta anni fa, si sono incontrati in casa di due di loro. Eh già perchè, storia nella storia di questa intramontabile amicizia, quella classe ha dato vita anche ad una coppia di vita: Daniele e Antonia, felicemente sposati, genitori di due figlie e prestigiosi professionisti. Che hanno ospitato la speciale comitiva.

Appuntamento vista fiume, all’ombra del Gazometro per questo rendez-vous. La macchina del tempo si è accesa quando pochi minuti prima di suonare il citofono sulla chat whatsapp del gruppo è apparso il registro di classe per l’appello: Biferali Fabio, Bizzarri Anna, Bonanni Marco, Braccalenti Giampaolo, Cimmino Flavia, Colucci Marco, Contigiani Maurizio, Di Giacomo Laura, Di Lecce Piero, Di Sciascio Antonio, Giarrizzo Cesare, Mancini Giulio, Mantegazza Paolo, Marcucci Manuela, Messina Daniela, Stazi Antonia, Terlizzese Daniele, Toppi Olimpia, Venturini Roberta. Tutti presenti. Tutti audaci. Tutti combattenti.

Tra timori di non riconoscere e, soprattutto, di non essere riconosciuti, sono bastati un sorriso, una luce negli occhi, la voce in una frase per ritrovare ciò che si era lasciato cinquant’anni fa. Non vi fate ingannare da “Compagni di scuola“, l’irriverente e a tratti anche triste film del 1988, perchè rincontrarsi adulti, attraversati dai segni del tempo, provati dalle difficoltà della vita, non è un momento di amarezza. Anzi. E’ una scintilla che riaccende la memoria, riporta ai momenti allegri della giovinezza, alla leggerezza dello studio, alla spensieratezza dell’adolescenza. E’ un tonico che fa sentire forti, sani, audaci.

Certo, in quei compagni di scuola dell’Enriques, non è mancata una vena di tristezza nel rivolgere un pensiero a chi ha perso la sua battaglia e non c’è più o è lontano. E chi ha scelto deliberatamente di rinunciare alla prova di farsi vedere e sentire cambiato. Momenti. Attimi di nostalgia cancellati dallo spirito, inteso come sentimento e come aiutino alcolico. Nostalgie spazzate via dagli scherzi. Qualcuno, inizialmente, si è finto un altro confidando nella difficoltà a riconoscersi. E qualcun’altro, a scanso di equivoci, si è affisso nome e cognome sulla giacca.

I ragazzi della I B del liceo scientifico F. Enriques 50 anni dopo

L’ironia è corsa velocemente alle figure scolastiche di riferimento di quell’epoca. Al mite preside Chinetti e al coriaceo preside Pecoraro, alla burbera prof di francese Pascale, alla delicata La Rosa di italiano, allo stressato Sementilli di matematica, ai paterni bidelli.

Impossibile non raccontarsi, principalmente nelle scelte professionali e lavorative. Un medico mancato, diventato giornalista per caso, ma anche medici affermati con senso di sacrificio e impegno. Uno studioso di economia dei massimi sistemi e una ricercatrice, un informatico, un avvocato che ha rinunciato per ribellione alla professione, un commerciante, pensionati graziati da quota 100, impiegate, dirigenti: uno spaccato di una generazione che, rispetto a quelle più giovane, può considerarsi fortunata. Se non altro perchè in quella I B si potevano ancora coltivare speranze e sogni, tra i quali quello di potersi raccontare 50 anni dopo.