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Paltrinieri verso Tokyo 2020: “L’obiettivo è fare bene, sia nel fondo che nei 1500. L’oro di Rio il più bello”

20 novembre 2019 | 06:05
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Paltrinieri verso Tokyo 2020: “L’obiettivo è fare bene, sia nel fondo che nei 1500. L’oro di Rio il più bello”

Si racconta il campione olimpico in carica dei 1500 stile libero. Ricorda la sua giornata a Rio quando vinse l’oro. Tra il fondo e la piscina divide sogni e allenamenti. Lo ha cambiato il nuoto in meglio e ha tifato per gli azzurri paralimpici a Londra

Ostia – Quello è uno dei momenti di maggiore tensione. Non si sa come andrà la gara e se la gara è la finale olimpica dei 1500, tutto si moltiplica.

La camera di chiamata e il tocco della piastra a Rio 2016. Due momenti che hanno cambiato la vita di Paltrinieri

la medaglia d’oro di Rio 2016

Era seduto Gregorio Paltrinieri da solo e su di una sedia, aspettando di entrare in vasca. Lo ripete molte volte mentre ci ripensa. Mentre torna con la mente a Rio 2016. In questa seconda parte della sua intervista per Il Faro on line, Paltrinieri ricorda la camera di chiamata. Essa rappresenta un mondo a sé in quegli istanti infiniti di attesa e non solo perché comprende tanti campioni, di tante nazionalità diverse. Il mondo presente è il mondo che si vuole conquistare e pure il mondo dell’atleta e quello che lui sin lì ha costruito, ha sognato, ha sperato: “Come andrà in piscina?”. Una delle domande che il bicampione mondiale dei 1500 si fece era questa. Tremila pensieri e tutti insieme. Come stare in un vortice. Non è stato  facile tenere testa alla tensione. Una gara agonistica già lì, prima di entrare. Ma poi è arrivato l’annuncio: “In piscina, comincia la gara olimpica”. La voce dello speaker e quella della persona responsabile di quell’area di gara, così importante quanto delicata. Si doveva entrare allora, entrare dentro all’acqua per scrivere la storia. Scattò in piedi Greg e si lanciò nell’avventura più bella della sua vita. E la storia è stata scritta da un ragazzo di 21 anni che fino al 2016 aveva vinto già tantissimo e conosceva il suo valore: “E qui che dobbiamo fare?”. Si disse Greg a bordo vasca. Vincere. E vinse. Titoli mondiali anche nei 1500 in corta e in lunga. Titoli europei nella stessa distanza, nei 50 e 25 metri: “Credevo in me stesso e sapevo di poter fare una bella gara”. Niente presunzione o arroganza per un pluricampione medagliato in ambito internazionale. Lo sa bene Gregorio. Il proprio nuoto si misura e si conosce ogni volta, si può essere consapevoli di se stessi. Sempre di più.

La finale olimpica della storia e quel trovarsi in mezzo, tra l’inizio e la fine

Paltrinieri dopo la vittoria nei suoi 1500 stile

Sapeva Greg di poter fare una grande gara e arrivò la grande gara della storia. La folla impazzita sugli spalti, la festa a Casa Italia, il fracasso del palazzetto e Stefano Morini a seguirlo da bordo piscina come tutte le volte. E lui lì, a lottare in vasca da solo. In mezzo alle bolle d’acqua, agli schizzi della 1500 olimpica. Lui stava nella frenesia della competizione e nelle sue domande interiori: “Cosa sarò laggiù sul traguardo? Cosa sarò una volta toccata l’ultima piastra?”. Tanta confusione ora in mente. Che conferma nei ricordi di oggi. Delle 30 vasche a Rio ricorda poco Greg. Troppa la tensione e tanta la perfezione nei movimenti studiati e rifatti migliaia di volte. Come un autonoma allora in piscina. E la perfetta gara della storia è giunta a squarciare la realtà. A dividere il presente, dal passato. Ed è stata una illuminazione quella piastra arrivata. Come accade per tanti campioni dello sport. E anche nel karate e come fu per tanti, come per il sei volte campione mondiale di kata Luca Valdesi, anche Greg è tornato in se stesso, dopo. Quando ha vinto la prima Olimpiade della sua carriera avvicinando anche il record del mondo con 14’34″57. Quando il tocco della piastra ha deciso il suo destino sportivo: “Due momenti ricordo di più di quel giorno – dice il campione azzurro – la camera di chiamata e il tocco finale. L’inizio e la fine”. E in mezzo? Già movimenti studiati e fatti migliaia di volte, nelle gare precedenti e negli allenamenti. Tante le aspettative su di lui allora. Pesante tenersi tutto dentro e tutto sulle spalle. Ma un campione deve probabilmente saper sopportare anche questo e l’esperienza del  campione olimpico delle Fiamme Oro era talmente tanta, che quella medaglia d’oro del titolo è stata messa al collo, con tutta la felicità del caso.

La maturità agonistica e le 51 medaglie in bacheca

Detti, Morini e Paltrinieri al Settecolli

Quella di Rio 2016 vive di vita propria. Quella medaglia d’oro sta insieme alle altre. E insieme fanno un numero sbalorditivo. 51 medaglie in bacheca. Tra l’Italia e il mondo intero. Talento, unicità e volontà. Passione. Con il sogno del nuoto, da Carpi fino a Roma. Un lungo viaggio da giovanissimo. Oltrepassare mezzo Paese per inseguire un desiderio e accrescere il talento. Fino a Ostia. E ormai da otto anni. Gli allenamenti al Polo Natatorio e al Centro Sportivo delle Fiamme Gialle lo hanno formato. Da quel bambino che si agitava tantissimo prima delle gare, come Paltrinieri racconta, è nato un uomo. Maturo e campione del mondo, che guarda avanti e con fierezza. Lo sport insegna a crescere e rafforza, anche il carattere: “Adesso con il tempo riesci ad apprezzare di più quello che fai. Ti rendi conto. Mi approccio alle gare, cambiato. Mi piace il punto dove sono arrivato”.

Le tre gare di Greg: la 1500, gli 800 e il fondo della 10 chilometri. Le prossime sfide di Tokyo 2020

la gara di fondo dei 10 chilometri ai Mondiali (foto@deepbluemedia)

Il punto è proprio questo: numerose medaglie in bacheca e tanti sogni ancora da avverare. Gli 800 vinti ai Mondiali di Gwangiu sono stati inaspettati, ma è arrivata la maturità della specialità anche lì. Con dispiacere ha accolto il bronzo nei 1500. Non è riuscito a replicare per la terza volta il suo successo sul primo gradino, in cima al mondo, ma il podio iridato è arrivato ugualmente nella sua disciplina preferita e il fondo lo stuzzica. Lo sfida. All’inizio non ci aveva creduto quasi nessuno alla sua nuova avventura agonistica. La 10 chilometri gli avrebbe tolto energie preziose per la piscina, in tanti glielo dicevano, ma lui è andato dritto per la sua strada, cercando nuove sfide sportive da affrontare: “A un certo punto avevo bisogno di nuovi stimoli e allora sono entrato in mare”. Botte, onde e tanta fatica. Per una buona parte  di gara Paltrinieri è stato in testa ai Mondiali. Per quasi 10 chilometri, poi ecco la fatica e quel corpo che non sentiva più sotto le onde gelide del mare di Corea: “Ho decelerato e lo hanno visto un po’ tutti, nel giro di due minuti sono sceso di parecchie posizioni”. E’ arrivato sesto Greg e anche con la qualifica olimpica. Ha staccato il pass per Tokyo 2020 e insieme al suo compagno di allenamento Domenico Acerenza, con cui due giorni dopo e sempre nel fondo è salito sul secondo gradino in staffetta.

Il podio della staffetta della 4×1250 (foto@deepbluemedia)

Nella 4×1250 ecco la medaglia d’argento mondiale con il tempo di 53’58″9 (anche Rachele Bruni e Giulia Gabbrielleschi nel mixed team), prima delle sue gare della vita in piscina. Negli 800 è arrivato anche l’attuale record europeo con il crono di 7:39.27. E si apre la stagione verso Tokyo 2020 adesso: “La vivo come faccio sempre per tutte le altre. Chiaramente questa è quella che porta alle Olimpiadi. La manifestazione più bella in assoluto”. E se un campione le vince, quanto può essere ancora più bella? All’infinito probabilmente. Quattro anni fa fu così. E lui ci crede per le prossime, all’ombra del Monte Fuji. Crede nelle sue possibilità Greg. Nei 1500 della vita, come negli 800 e come in quel nuoto di fondo che adora. A Tokyo questa estate faceva un gran caldo. Temperatura dell’acqua a 32 gradi, quasi fuori dalla norma al Preolimpico, ma ha nuotato ugualmente Greg per sperimentare e capire. E nella sperimentale della 5 chilometri è arrivato secondo. Sempre sul podio Paltrinieri.

Dal blocco di partenza senza paura, al tocco finale della piastra. Il viaggio sportivo in piscina, che  dipende sempre dal campione

Tamberi, Datome e Paltrinieri

Un podio che arriva sempre da un blocco di partenza staccato. Non ha paura lì il campione olimpico. Non teme dei doversi tuffare e fare la gara. L’agitazione è quella dell’attesa, nelle ore precedenti: “Se mi domandavano se fossi agitato due giorni prima della finale olimpica..rispondevo che certamente lo ero..”. Ma una volta in vasca è tutto diverso. Ed è stato tutto diverso: “Sul blocco mi scordo di tutto – racconta Greg al Polo Natatorio di Ostia – lì è veramente il momento che conta, in cui tu sai che tutto deve essere fatto bene”. E quel bene è arrivato alla fine. Un oro a Cinque Cerchi di grande gioia. Con calma Paltrinieri costruisce la nuova stagione agonistica allora. Vivendo anche le sue passioni. Adora il basket e lo condivide con il campione mondiale ed europeo indoor di salto in alto Gianmarco Tamberi, amico di sport e amico nella vita: “Ci sentiamo spesso e siamo molto amici”. Due campioni con il sogno olimpico nel cuore.

La Nazionale di nuoto paralimpico e i Mondiali di Londra. Morlacchi e Barlaam particolarmente seguiti

Barlaam e Morlacchi sul podio (foto@Bizzi)

Ha seguito i Mondiali di nuoto paralimpico Greg. In particolar modo ha tifato per Federico Morlacchi e Simone Barlaam e spende bellissime parole per i 22 azzurri di Londra. Mentre parla delle numerose medaglie vinte dall’Italia, grazie alle quali i colleghi del nuoto della Finp hanno vinto il titolo mondiale assoluto a Londra, si stupisce lui stesso. Sono tante 50 medaglie: “Fortissimi, sono delle bestie in acqua!”. Ha condiviso il nuoto giovanile con Barlaam, oggi pluricampione mondiale di nuoto e con Morlacchi, pluricampione paralimpico, mondiale ed europeo di nuoto, si è visto spesso anche al Settecolli: “Non cambia nulla nella nostra preparazione. E’ uguale per noi e per loro. Auguro agli azzurri paralimpici di vincere tanto e anche a Tokyo”. Tutti insieme nel nuoto e nello stesso sogno a Cinque Cerchi. Lo dice Greg che comprende la fatica, gli sforzi e i sacrifici dei suoi amici azzurri della Finp. L’obiettivo comune è divertirsi, godersi il proprio mondo e fare sempre meglio.

L’augurio di Greg a Greg, verso Tokyo 2020

La gioia dopo la vittoria dell’oro mondiale di Budapest nei 1500 (foto@agenziafotogramma)

E cosa augura Greg a Greg?  “Di essere felice nel post olimpico. Non so esattamente cosa – dice riferendosi alle gare olimpiche – ma voglio essere soddisfatto di me stesso”. Se quei movimenti saranno automatici in acqua come sempre e quella piastra finale lo saprà riportare alla realtà, come a Rio 2016, allora tutto sarà possibile. E probabilmente Paltrinieri è già pronto a prendersi le sue medaglie. E’ già seduto in camera di chiamata per nuotare  di fronte al mondo, a Tokyo 2020.

Il Palmares. Le medaglie internazionali vinte e i titoli dorati

Gregorio Paltrinieri nel 2012 è diventato campione europeo dei 1500 metri vincendo la medaglia d’oro ai Campionati Europei di Debrecen in 14’48″92. Nello stesso anno ha vinto la sua prima medaglia mondiale alla rassegna iridata di Barcellona. Nei 1500 ha vinto il bronzo battendo il record italiano di Federico Colbertaldo. Nel 2014 si è confermato campione continentale a Berlino nei 1500 metri registrando il nuovo primato europeo di 14’39″93. Sempre nel 2014 si è laureato campione mondiale in vasca corta a Doha con il nuovo primato continentale di 14’16″10. Nel 2015 ecco il titolo della consacrazione. E’ campione del mondo in vasca lunga a Kazan. Il 9 agosto vinse il suo primo oro iridato nei 1500 metri in vasca lunga. Nella stessa competizione vinse anche l’argento negli 800 metri col nuovo record europeo di 7’40″81 e dietro al gigante Sun Yang. Nel 2015 vinse il titolo europeo ancora nei 1500 e arrivò al 2016 come campione affermato. Doveva vincere l’oro olimpico e lo vinse sfiorando pure il record del mondo con 14’34″57. Nel 2017 ha vinto il suo secondo titolo mondiale in Ungheria nei 1500 stile libero. Vince il bronzo negli 800 metri. Nel 2019 ha vinto ai Mondiali di Gwangju l’oro negli 800 metri  con record europeo ancora imbattuto, il bronzo nei 1500 metri e l’argento nella staffetta del fondo della 4×1250. Il passo è breve verso Tokyo 2020. Solo una bracciata in più per toccare la piastra del sogno”.

Caro Gregorio, si è chiuso un Mondiale importante per te a Gwangju. Hai vinto l’oro negli 800 metri. Nei 1500 è arrivato il bronzo. Cosa pensi ?

“L’importante è che sia arrivato il podio. A caldo, mi è dispiaciuto tantissimo non aver vinto l’oro nei 1500. Devo dire che è stato un Mondiale diverso dagli altri. Ho fatto un sacco di gare. Mi sono buttato in mare nel fondo..e non le avevo mai fatte prima in  competizione le gare in mare.. e tra l’altro queste ci sono prima della piscina, quello mi ha un po’ condizionato. Ho fatto la 10 chilometri individuale in mare e poi la staffetta, dove abbiamo conquistato l’argento.. non ero abituato. Sono arrivato in piscina che avevo già una settimana di gare sulle spalle. Ero più stanco degli altri che non avevano fatto mare. Gli 800 sono andati benissimo. Ho vinto uno splendido oro. E’ stata una vittoria inaspettata. Mi ero allenato bene e sapevo che li avrei fatti bene. Di solito tra gli 800 e i 1500 preferisco fare sempre i 1500. Li sento di più. Per gli 800 trovo qualche difficoltà. Questa volta è stato il contrario. Gli 800 mi sono venuti bene e i 1500 un po’ meno. Devi sempre tirare fuori il meglio dalle situazioni e vedere il lato positivo. Negli 800 sono stato bravo, mentre nei 1500, che sono stati l’ultima gara anche della manifestazione in Corea del Sud, sono arrivato stanco. I 1500 sono sempre l’ultima gara, quindi arriviamo sempre con maggiore tensione  rispetto agli altri. Il campo competitivo è sempre più affollato e gli altri stanno andando fortissimo. E’ stata una bella gara comunque. Adesso ci saranno le Olimpiadi e vediamo di fare bene”.

Alla luce del Mondiale appena svolto, ecco la stagione olimpica che si apre. Come ti approcci personalmente a questo nuovo e importante cammino verso Tokyo 2020?

“La stagione la interpreto sempre come tutte le altre. E’ chiaro che c’è una aspettativa diversa. Le Olimpiadi sono una cosa incredibile, molto più del Mondiale e dell’Europeo. Quello che sto facendo adesso, non è diverso da quello che facevo anche un anno fa. Mi sto allenando tanto. La consapevolezza di aver fatto già tutte queste gare al Mondiale è importante e da sicurezza. Ho fatto gli 800, i 1500 e la 10 chilometri. Proverò a farle a Tokyo, ma le ho già fatte, quindi so già che tipo di fatica proverò e come saranno. Che tipo di sensazioni andrò a sentire”.

Nel Preolimpico post Mondiale hai già assaporato il campo gara di Tokyo 2020 nel fondo. Come è andata ?

“La gara è andata bene, ma devo dire che ci sono un sacco di lati probabilmente negativi sul fondo. La piscina sarà pazzesca, sarà ottima, ma quella sarà al chiuso senza problemi. La 10 chilometri in mare invece sarà forse più complicata. Quando ci sono andato questa estate dopo il Mondiale c’erano quasi 50 gradi percepiti. Una situazione paradossale, l’acqua era intorno ai 32 gradi. In teoria non si potrebbe nuotare a  causa del limite consentito. Eravamo già sopra il limite. Sarà difficile. L’organizzazione ha avanzato l’ipotesi di partire alle 5 del mattino. C’è quasi buio e buttarsi in acqua in quell’orario e in una finalissima olimpica sarà difficile.. il fondo avrà un po’ di difficoltà, ma sarà così per tutti. Ci adatteremo”.

Il fondo ti attrae particolarmente. Lo hai sempre detto..

“Devo dire che all’inizio non ero stato appoggiato da nessuno. Veramente pochi avevano creduto in questo mio progetto. L’idea mi era saltata in testa dopo aver vinto Rio 2016 nei 1500. L’anno seguente ho pensato di voler provare qualcosa di nuovo nella mia carriera e nella mia  vita. Non solo piscina, che non voglio abbandonare. Volevo avere nuovi stimoli. E volevo provare anche in mare. Alcuni mi dicevano che sarebbe stato tempo perso e che mi avrebbe tolto forza dalla piscina, sarebbe stato inutile farlo. Ma io sono andato dritto per la mia strada perché volevo veramente provare la 10 chilometri. Indipendentemente dai risultati che arriveranno, sono comunque contento di fare questa gara perché mi piace. E’ divertente, è completamente diversa dalla piscina, anzi era proprio quello che cercavo. Qualcosa di diverso dalla piscina per provare qualcosa di nuovo. Sono contento”.

Al Mondiale sei stato in testa alla 10 chilometri per parecchi chilometri, poi verso la fine del percorso hai dovuto cedere. Come è andata ?

“Sono stato primo anche più di metà gara.. praticamente per otto chilometri sono stato davanti, ma mi sentivo gli avversari sul collo.. negli ultimi due chilometri hanno iniziato a superarmi..già nei 1500 incontri difficoltà.. nella 10 tutto si moltiplica..è un mondo. Me la sono vista brutta..ad un certo punto, dopo otto chilometri in testa, non mi sentivo più il corpo. Nuotavo per inerzia. Ero veramente stanco. Anche mentalmente non c’ero più. Gli altri che ti davano le botte, ero in mare, dovevo seguire la direzione..sono arrivato stremato. Mancavano solo due chilometri. La gente ha notato questo mio calo. Ero davanti e davo il ritmo buono. Non riuscivano a starmi di fianco. Ho decelerato di netto e hanno cominciato a superarmi. Mi sono trovato da primo a decimo nel giro di due minuti.. sono scalato di posizioni. Sono riuscito a risalire e sono arrivato sesto. Un buon risultato per quella che è stata la mia prima gara internazionale di fondo, però è una gara che va studiata bene. Probabilmente la mia condotta non è stata ottimale. Quest’anno ne farò alcune prima delle Olimpiadi. E’ stato già importante provarla al Mondiale dove ci sono i più forti e mi sono reso conto di quali siano stati i miei errori”.

Come sei  cresciuto umanamente e sportivamente grazie al nuoto?

“Sono cresciuto assolutamente, perché lo sport ha sempre fatto parte della mia vita. Però negli ultimi otto anni, quando ho deciso di spostarmi e di venire qui a Ostia da Carpi (da casa mia) è stato un passaggio importante. Avevo 17 anni. Da lì le tante esperienze, lo stare tanti giorni all’estero, il conoscere nuove persone e nuove culture, fare un sacco di gare, è stato fondamentale per la mia maturità. Cose che ti fanno crescere. Un ragazzo che non fa sport, probabilmente non lo può provare. Sono contento di essere maturato. Anche nell’aspetto mentale di approccio alla gara. Sono migliorato. Da bambino ti spaventava tanto. Arrivavi in gara e avevi un sacco di ansia. Adesso con il tempo riesci ad apprezzare di più quello che fai. Ti rendi conto. Mi approccio alle gare, cambiato. Mi piace il punto dove sono arrivato”.

Chi è  stato il tuo modello sportivo?

“Seguivo molto anche il nuoto. Il mio preferito era Ian Thorpe. Nuotavo cercando di seguirlo. Facevo stile libero e iniziavo ad essere un po’ fortino nella specialità e quindi mi ispiravo a lui. Poi mi è sempre piaciuto anche il basket. Condivido questa passione con Gianmarco Tamberi. Facciamo sport diversi, ma finiamo sempre per incontrarci nella pallacanestro. Ci sentiamo regolarmente. Siamo andati in vacanza insieme e questa estate abbiamo fatto anche un evento di beneficenza per bambini. C’è una bella amicizia tra noi. Il basket mi è sempre piaciuto e mi piaceva molto Michael Jordan (che non ho vissuto direttamente perché ero piccolo) però è stato uno dei grandi, come Kobe Bryant. Mi hanno sempre ispirato”.

La camera di chiamata e la piastra toccata. Ma l’oro olimpico poi cosa ha voluto dire per te?

“Medaglia bellissima. Sicuramente è la vittoria più bella e sognata. E forse te la godi di più dopo. Forse me lo godo di più adesso. Lì quando ho toccato la piastra..è stato fantastico. Mi sono sentito immerso in un mondo che mai avevo immaginato prima. Incredibile. Non ti rendi neanche conto di quello che hai fatto.. tocchi e dici: “Cavolo..ho vinto le Olimpiadi..!”. Non te rendi conto. Sei catapultato in un altro mondo. Capisci che hai fatto qualcosa di grande. Resterà per sempre nella storia.  Gara bella. Avevo 21 anni ed erano 4 anni che stavo vincendo un po’ tutto.. quella è stata la medaglia che veramente volevo. Avevo vinto gli Europei e i Mondiali, in corta e lunga. Ero arrivato alle Olimpiadi da favorito. Mi ripetevo: “E qui che dobbiamo fare? Dobbiamo solo vincere”. Arrivare secondo e terzo sarebbe stato ugualmente bello. Sarebbero state ugualmente medaglie olimpiche. Ma sapevo che il mio valore era un altro. Sapevo che avrei potuto vincere l’oro..”.

Sapevi che il tuo valore era un altro. Lo sentivi. Cosa significa esattamente ?

“Lo senti. Te lo senti. Credi in te stesso. Non è né arroganza, né spavalderia. Credevo in me stesso e sapevo di poter fare una bella gara, perché me l’ero dimostrato nel corso degli anni e nelle gare precedenti. Poi.. prima delle gare non sai nulla, non sai come andrà.. sapevo che quella sarebbe stata una bella occasione per fare una bella gara, andare forte e provare a vincere. Ero il favorito. C’erano tante aspettative e tante pressioni su di me. Mentalmente è stata duro. Mi ricorderò per sempre della mia vittoria”.

Quali sono le immagini che ti vengono in mente, ripensando a quel giorno?

“Due ne ho. Una è nella camera di chiamata. Sono i momenti forse più difficili. Non stai ancora nel vivo della cosa e non sai cosa succederà. Pensi a quello che sarà. Se io penso all’Olimpiade, mi scatta la camera di chiamata. Due minuti prima che mi chiamassero a bordo vasca per fare la finale. Mi ricordo che ero seduto su di una sedia a fissare il vuoto davanti a me e sapevo che da quella gara si sarebbe decisa gran parte della mia carriera.. vincere o arrivare quarto sarebbe stata una bella differenza. Seduto sulla sedia allora, ero. Con la mente che mi frullava, sforzandomi di stare il più calmo possibile. Avevo tremila pensieri per la testa, ma cercavo di attenuarli. Mi ricordo che poi ci hanno chiamato per entrare e fare la finale olimpica dei 1500 metri. Ero seduto. Mi sono alzato e son partito. Quello è stato il momento che mi ricordo di più. Poi della gara..ho ricordi sparsi..mi ricordo il momento in cui ho toccato la piastra. Mi ricordo l’inizio e la fine, tutto quello che c’è stato nel mezzo è stato un gesto automatico che avevo programmato così bene e avevo fatto così talmente tante volte.. (ho nuotato migliaia di chilometri nella mia vita)..che avevo di più l’emotività della gara del prima e del dopo”.

Quando sei sul blocco di partenza è sempre un momento delicato. Di concentrazione e di silenzio. Hai paura in quel momento? Come lo vivi?

“Non ho paura mentre sto per staccare dal blocco. La paura ci può stare nelle ore precedenti. Nei giorni prima, quando senti l’agitazione della gara, scalpiti per farla. Come quando hai un esame e non vedi l’ora di sapere e di fare. In quel momento non sento niente. Sono in una bolla. E’ vera la presenza del silenzio. Non mi accorgo di quello che sta succedendo fuori. Sono talmente concentrato, talmente chiuso nei miei pensieri, che quando sono sul blocco non ho paura. Se me lo chiedono due  giorni prima, se sono agitato, posso rispondere di si certamente.. quando sono esattamente sul blocco mi scordo di tutto. Lì è veramente il momento che conta, in cui tu sai che tutto deve essere fatto bene. Lascio i pensieri fuori più che posso. E’ chiaro che ci pensi alla gara.. ma cerco di restare freddo e concentrato. Finalmente è arrivato il momento e ce la dobbiamo giocare. Ce la giochiamo. Da come la vivi e da come la prendi dipende molto, di come sarà il risultato finale. Ho imparato nel corso degli anni a controllare il momento. Darmi troppe aspettative e dare troppo peso a quello che faccio, ti carica di responsabilità e di pensieri quasi superflui. Ad un certo punto devi essere cosciente di tutto quello che hai fatto e tutto può succedere. Sei cosciente del lavoro che hai fatto e di come lo hai fatto. Bene o male. E chi sta con te, lo sa come hai lavorato. Arrivo lì.. e sai che quello che hai fatto. Devo semplicemente rimanere calmo e non farmi trascinare dalle emozioni che potrebbero essere nocive per me. Hai un tuo stampo mentale, sei fatto così e ti approccerai sempre nello stesso modo alle gare”.

Hai seguito i Mondiali di nuoto paralimpico? Cosa pensi degli azzurri di Londra?

“(sorride)Ho visto che i ragazzi della Nazionale Italiana hanno vinto tantissimo. Sono fortissimi. Sono delle bestie in acqua (dice ridendo). Conosco sia Simone Barlaam che Federico Morlacchi. Barlaam è quello che conosco da più tempo. Avevamo fatto un po’ di gare insieme quando eravamo piccoli. Nei Meeting dove c’erano le discipline della Fin e della Finp insieme. Anche Morlacchi conosco e ho visto spesso. Tra premiazioni, eventi e pure al Settecolli. Federico è eccezionale ha vinto anche le Paralimpiadi. Loro li ho seguiti perché li conosco di più. Sono forti. Non cambia assolutamente niente tra la nostra preparazione e la loro e il modo di approcciarsi alle gare. Siamo sulla stessa barca. Facciamo tutti le stesse cose e so che vuol dire allenarsi tanto per inseguire un proprio sogno. Loro lo stanno facendo alla grande. Continuano a vincere e vedo che si divertono. E’ qualcosa che li fa stare bene. La stessa cosa che faccio io. Siamo simili nel nostro nuoto”.

Cosa auguri a Gregorio in questa appena cominciata stagione pre-Olimpiadi ?

“Mi auguro di essere felice anche nel post olimpico. Non so in quali parametri e termini. Ma spero di essere soddisfatto di me stesso. Di aver fatto delle belle gare. Contento di tutto quello che ho fatto”.

(Il Faro on line)