Eutanasia, il Papa: “Il ‘diritto di morire’ non esiste: è privo di qualsiasi fondamento giuridico”

29 novembre 2019 | 13:33
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Eutanasia, il Papa: “Il ‘diritto di morire’ non esiste:  è privo di qualsiasi fondamento giuridico”

Il Pontefice: “Le sentenze affievoliscono gli sforzi per lenire il dolore e non abbandonare a sé stessa la persona che si avvia a concludere la propria esistenza

di FABIO BERETTA

Città del Vaticano – “Nelle aule di giustizia, in Italia e in tanti ordinamenti democratici“, vengono pronunciate considerazioni “per le quali l’interesse principale di una persona disabile o anziana sarebbe quello di morire e non di essere curato”.

Papa Francesco torna a parlare del fine vita, e ribadisce la posizione della Chiesa cattolica sul tema dell’eutanasia. L’occasione è l’udienza ai membri del Centro Studi “Rosario Livatino”, ricevuti dal Pontefice nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, in Vaticano a margine del convegno nazionale “Magistratura in crisi – Percorsi per ritrovare la Giustizia”.

Per il Pontefice, Livatino “è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni”.

Cita poi le parole del “giudice bambino”, pronunciate dal magistrato in una conferenza sul fine vita e riprendendo le preoccupazioni che un parlamentare laico del tempo aveva per l’introduzione di un presunto diritto all’eutanasia:

Se l’opposizione del credente a questa legge si fonda sulla convinzione che la vita umana […] è dono divino che all’uomo non è lecito soffocare o interrompere, altrettanto motivata è l’opposizione del non credente che si fonda sulla convinzione che la vita sia tutelata dal diritto naturale, che nessun diritto positivo può violare o contraddire, dal momento che essa appartiene alla sfera dei beni “indisponibili”, che né i singoli né la collettività possono aggredire.

Il Papa fa notare come oggi esista “una giurisprudenza che si autodefinisce ‘creativa’” che inventa “un ‘diritto di morire’ privo di qualsiasi fondamento giuridico“. Sentenze di questo tipo, avverte, “affievoliscono gli sforzi per lenire il dolore e non abbandonare a sé stessa la persona che si avvia a concludere la propria esistenza”.

Il ruolo dei giudici

Il Pontefice, dopo aver elogiato il lavoro svolto dal giudice Livatino, ucciso dalla mafia all’età di 38 anni mentre si recava al lavoro in Tribunale, ricorda le parole del giudice che così descriveva lo statuto morale di chi è chiamato ad amministrare la giustizia:

Egli altro non è che un dipendente dello Stato al quale è affidato lo specialissimo compito di applicare le leggi, che quella società si dà attraverso le proprie istituzioni. Tuttavia, si è venuta sempre più affermando una diversa chiave di lettura del ruolo del magistrato, secondo la quale quest’ultimo, pur rimanendo identica la lettera della norma, possa utilizzare quello fra i suoi significati che meglio si attaglia al momento contingente.

Per Bergoglio è “sorprendete l’attualità di Rosario Livatino”, perché “coglie i segni di quel che sarebbe emerso con maggiore evidenza nei decenni seguenti, non soltanto in Italia, cioè la giustificazione dello sconfinamento del giudice in ambiti non propri, soprattutto nelle materie dei cosiddetti ‘nuovi diritti’, con sentenze che sembrano preoccupate di esaudire desideri sempre nuovi, disancorati da ogni limite oggettivo”.

“Il tema che avete scelto per il convegno di oggi si inserisce in questo solco, e chiama in causa una crisi del potere giudiziario che non è superficiale ma ha radici profonde”, aggiunge il Pontefice.

Livatino, prosegue il Papa, “ha testimoniato quanto la virtù naturale della giustizia esiga di essere esercitata con sapienza e con umiltà, avendo sempre presente la dignità trascendente dell’uomo, che rimanda alla sua natura, alla sua innata capacità di distinguere il bene dal male, a quella ‘bussola’ inscritta nei nostri cuori e che Dio ha impresso nell’universo creato”.

In altre parole, Livatino “ha lasciato a tutti noi un esempio luminoso di come la fede possa esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile e alle sue leggi; e di come l’obbedienza alla Chiesa possa coniugarsi con l’obbedienza allo Stato, in particolare con il ministero, delicato e importante, di far rispettare e applicare la legge”.

“La concordia è il legame tra gli uomini liberi che compongono la società civile. Col vostro impegno di giuristi, voi siete chiamati a contribuire alla costruzione di questa concordia, approfondendo le ragioni della coerenza fra le radici antropologiche, l’elaborazione dei principi e le linee di applicazione nella vita quotidiana“, conclude il Papa.

(Il Faro online)