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Ostia, l’archeologa: “Quella non è Diana”. Ma allora che senso ha?

24 dicembre 2019 | 08:53
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La statua posizionata nel Canale dei Pescatori ha un’identità diversa da quella ipotizzata di Diana. Ma allora quale è il suo senso? Polemiche sulla sua collocazione

Ostia – Non è Diana ma l’Amazzone ferita e quella performance artistica potrebbe assumere tutto un altro significato: Ostia colpita nella sua dignità che cerca il suo riscatto dalle acque. O, forse, un manifesto contro il femminicidio.

Il chiarimento arriva dall’archeologa Loretta Buonamico. La copia posizionata l’altra notte nel Canale dei Pescatori in corrispondenza dell’incrocio con via Mar dei Coralli (leggi qui) è la copia di una famosa scultura del greco Fidia della seconda metà del V secolo a.C. conosciuta come L’Amazzone ferita, nota solo da copie romane, tra cui la migliore è esposta nei Musei Capitolini di Roma.

Una splendida fanciulla dunque, che però non è realmente l’iconografia di Diana Cacciatrice. A spiegarci il perché questa figura femminile possa essere stata scambiata per la Dea, fugando ogni dubbio sull’identità di questo personaggio della mitologia greca, è Loretta Buonamico, archeologa e guida del CEA – Centro di Educazione Ambientale, Riserva Litorale Romano. “A prima vista – chiarisce l’archeologa – anche io lo avevo pensato, ma osservandola più attentamente mi sono accorta di alcuni particolari che non tornavano rispetto alla prima ipotesi. Diana, Dea vergine, non ha ad esempio il seno scoperto come invece è tipico delle Amazzoni”. “Inoltre mi è tornata alla mente la splendida copia dell’Amazzone ferita di Fidia, conservata ai Musei Capitolini, identica in tutti i dettagli.”

Il dettaglio del seno scoperto nella statua è ben evidente in questa immagine ravvicinata

Alla luce di questo autorevole chiarimento, il significato della performance naturalmente cambia moltissimo per quella che è la sua attuale collocazione, ma non è meno importante, poiché rappresenta l’immagine della donna guerriera. Forse, proprio per questo, ne sposiamo maggiormente il significato proprio nella società in cui viviamo, dove è ancora così prepotentemente presente il fenomeno del femminicidio. E che dire, poi, dell’ipotesi che nelle intenzioni degli autori del gesto non si nasconda un’allegoria rispetto allo stato in cui versa Ostia? Ferita dal degrado e offesa dal clamore mediatico, solo attraverso le acque, suo vero patrimonio, potrebbe risorgere.

Intanto, non mancano le polemiche. Sui gruppi social si è innescata una diatriba che riguarda la libertà di posizionare opere d’arte senza i dovuti permessi. La statua posta nel Canale dei Pescatori è la terza collocata in ordine di tempo dopo la Venere del Pontiletto(davanti alla ex Colonia) e al Nettuno del Pontile (peraltro ricollocato per ben due volte dopo che le mareggiate l’avevano divelto dal suo basamento sulla scogliera). Le autorità finora hanno chiuso un occhio rispetto alla mancanza di permessi (addirittura il consigliere comunale M5S Paolo Ferrara ha esultato su instagram e su facebook per la nuova arrivata) ma tutto ciò rischia di generare il convincimento che tutto sia possibile. Tanto più che nel caso del Canale dei Pescatori quella collocazione potrebbe costituire un pericolo per la sua navigabilità.

L’arte ha bisogno di esprimersi anche nei luoghi pubblici e questo è un diritto sacrosanto. Manca una regolamentazione ma c’è anche la sensazione che si reprimano solo alcune espressioni, visto che il busto di Pasolini collocato il 2 novembre sulla via del Mare (leggi qui) è stato tempestivamente rimosso dalla Polizia locale. Come a dimostrare che nel Pantheon di Ostia, ci sono figli prediletti e figli di un dio minore.