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Intimidazione a Ponza, nel mirino ancora Danilo D’amico. Il racconto della vittima

2 gennaio 2020 | 15:00
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Intimidazione a Ponza, nel mirino ancora Danilo D’amico. Il racconto della vittima

Un pennarello ed un muro per lanciare l’offesa e la minaccia di morte. Presentata denuncia alla magistratura

Ponza – Di nuovo nel mirino dei suoi aggressori. È la storia di Danilo D’amico – classe “91-, esponente di “Fratelli d’Italia” sull’isola di Ponza. Lui, che nell’ultimo anno, ha già subito due aggressioni fisiche(leggi qui)e (leggi qui). Ma la violenza, purtroppo, non si ferma. Assume nuove forme, come in questo caso. Perché stavolta, i suoi aggressori hanno preferito usare le parole e un muro per scriverle, per fare quel messaggio: “Muori merda.”

Non solo. Perché, se la minaccia sul muro l’ha trovata la notte della Vigilia di Capodanno, qualche giorno prima, precisamente la notte di Santo Stefano, D’amico ha subìto un tentativo di effrazione, mentre si trovava lui stesso in casa, in compagnia di amici.

D’amico racconta al faronline.it: “È la sera del 26. Sono a casa mia con degli amici. La cena è quasi finita, sono circa le 10, quando sentiamo un rumore. Un rumore piuttosto forte. Proveniva dalla finestra della camera da letto, l’ho capito subito. Io e un mio amico siamo corsi a vedere e  abbiamo sentito dei passi di qualcuno che scompariva. Hanno sicuramente provato a forzare la finestra, pensando, forse, che non ci fossi o che fossi solo.”

Un qualcuno senza volto, senza nome. Per l’ennesima volta. Anche perché, sottolinea D’Amico:”A Ponza continuano a negare. Dicono addirittura che mi sono fatto tutto da solo. Dalle aggressioni fisiche alla scritta sul muro. Una doppia violenza.”

Una doppia violenza che D’amico subisce spesso, fatta di piccoli gesti, non eclatanti come le aggressioni fisiche o la scritta sul muro, ma comunque significative di un qualcosa, di un odio che non si ferma mai, ma che, però, aspira a restare relegato in quelle “quattro mura” di quell’isola che, poi, forse, non è così felice.

Come dimostra, in un arco di tempo brevissimo – dal 26 al 31 dicembre – il “ritorno all’attacco”, la scritta. D’amico racconta: “Volevo essere in forze per il cenone, quindi, ho deciso che, nel pomeriggio, avrei riposato. Se l’ha scritta l’hanno fatto quando ero in casa, non lo so. Può darsi. Non l’ho vista subito, soltanto la sera, quando sono rientrato dalla via interna. “L’arma”, come ho detto alle forze dell’ordine – dove poi ha sporto regolare denuncia-, per me era un pennarello, non una bomboletta spray. Uno di quelli che un tempo usavamo per scrivere sui cd.”

Ma non è solo l’aggressione fisica, o la scritta a fare male. Nemmeno, forse, la negazione di chi non vuole, non può o fa finta di non vedere. “Quello che più fa male è che tutto questo è diventato normale.” E  D’amico spiega che in questo senso, anche la solidarietà che tanto gli era arrivata quando era stato aggredito l’ultima volta, in questi giorni, da quelle parti, latitava. “Ho sentito solo il maggiore Pirrera e, in forma privata, il mio senatore di riferimento, Nicola Calandrini.”

Ma non si lascia abbattere Danilo D’amico e confessa: “Quando saremo noi a governare quest’isola, tutto questo non sarà più normale.”

(Il Faro on line)