150 anni da Capitale, Papa Francesco invoca Roma città aperta

3 febbraio 2020 | 18:16
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150 anni da Capitale, Papa Francesco invoca Roma città aperta

Messaggio del Pontefice in occasione dell’inizio delle celebrazioni per festeggiare i 150 anni di Roma Capitale, Bergoglio: “Roma è una grande risorsa dell’umanità e avrà futuro solo se sarà una città inclusiva”

di FABIO BERETTA

Roma – La Capitale d’Italia “avrà un futuro se condivideremo la visione di città fraterna, inclusiva, aperta al mondo”. E’ l’augurio di Papa Francesco alla città di Roma, che oggi inizia, con un grande concerto al Teatro dell’Opera, le celebrazioni per festeggiare i 150 anni di Capitale.

In un messaggio, letto dal Cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, il Papa ripercorre il grande intreccio storico, culturale e religioso che ha da sempre accompagnato – e legato – la Capitale alla Santa Sede. Sottolinea diversi momenti di questa storia comune, come i nove mesi dell’occupazione nazista, durante i quali “si sviluppò la terribile caccia per deportare gli ebrei. Fu la Shoah vissuta a Roma. Allora, la Chiesa, fu uno spazio di asilo per i perseguitati: caddero antiche barriere e dolorose distanze”.

“Da quei tempi difficili – sottolinea il Papa -, traiamo prima di tutto la lezione dell’imperitura fraternità tra Chiesa cattolica e Comunità ebraica, da me ribadita nella visita al Tempio Maggiore di Roma”. Non solo: “siamo anche convinti, con umiltà, che la Chiesa rappresenti una risorsa di umanità nella città. E i cattolici sono chiamati a vivere con passione e responsabilità la vita di Roma, specie i suoi aspetti più dolorosi”.

Il pensiero del Papa va poi agli anni del Concilio Vaticano II, dal 1962 al 1965, quando la città accolse Padri conciliari, Osservatori ecumenici e tanti altri. “Roma brillò come spazio universale, cattolico, ecumenico – fa notare il Pontefice -. Divenne città universale di dialogo ecumenico e interreligioso, di pace. Si vide quanto la città significhi per la Chiesa e per l’intero mondo”.  Cita quindi lo studioso tedesco Theodor Mommsen, che a fine Ottocento diceva: “a Roma non si sta senza avere dei propositi cosmopoliti”.

Il Santo Padre ricorda poi un momento “tipicamente diocesano” che però “toccò la città: il cosiddetto convegno sui ‘mali di Roma’ del febbraio 1974, voluto dall’allora Cardinale Vicario Ugo Poletti. In partecipate assemblee di popolo, ci si pose in ascolto dell’attesa dei poveri e delle periferie”.

“Lì, si trattò di universalità, ma nel senso dell’inclusione dei periferici – prosegue Bergoglio -. La città deve essere la casa di tutti. È una responsabilità anche oggi: le odierne periferie sono segnate da troppe miserie, abitate da grandi
solitudini e povere di reti sociali”.

“C’è una domanda d’inclusione scritta nella vita dei poveri e di quanti, immigrati e rifugiati, vedono Roma come un approdo di salvezza – ammonisce il Papa -. Spesso i loro occhi, incredibilmente, vedono la città con più attesa e speranza di noi romani che, per i molteplici problemi quotidiani, la guardiamo in modo pessimista, quasi fosse destinata alla decadenza”.

“No – si legge ancora nel messaggio del Pontefice -, Roma è una grande risorsa dell’umanità! Roma può e deve rinnovarsi nel duplice senso dell’apertura al mondo e dell’inclusione di tutti. A questo la stimolano anche i Giubilei, e quello del 2025 ormai non è più lontano”.

Non possiamo vivere a Roma “a testa bassa”, ognuno nei suoi circuiti e impegni. In questo anniversario di Roma Capitale, abbiamo bisogno di una visione comune. Roma vivrà la sua vocazione universale, solo se diverrà sempre più una città fraterna. Sì, una città fraterna! Giovanni Paolo II, che amò tanto Roma, citava spesso un poeta polacco: «Se tu dici Roma, ti risponde Amor». È quell’amore che non fa vivere per sé, ma per gli altri e con gli altri.

“Abbiamo bisogno di riunirci attorno a una visione di città fraterna e universale, che sia un sogno proposto alle giovani generazioni. Tale visione è scritta nei cromosomi di Roma”, aggiunge il Pontefice.

Che conclude: “Spesso la dimenticanza della storia si accompagna alla poca speranza di un domani migliore e alla rassegnazione nel costruirlo. Assumere il ricordo del passato spinge a vivere un futuro comune. Roma avrà un futuro, se condivideremo la visione di città fraterna, inclusiva, aperta al mondo. Nel panorama internazionale,
carico di conflittualità, Roma potrà essere una città d’incontro. Con tali sentimenti e speranze, formulo fervidi auguri
per il futuro della città e dei suoi abitanti”.

(Il Faro online)