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Inchiesta “Porto Sicuro” a Gaeta, prescrizioni e assoluzioni per tutti

7 febbraio 2020 | 17:50
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Inchiesta “Porto Sicuro” a Gaeta, prescrizioni e assoluzioni per tutti

Solo una lieve condanna per rivelazione di segreto d’ufficio.

Gaeta – Erano gravi le accuse che il Pm di Cassino, Alfredo Mattei, aveva rivolto agli indagati dell’inchiesta “Porto sicuro”. Si andava, infatti, dai reati ambientali al falso ideologico, fino alla corruzione per traffico illecito dei rifiuti.

Eppure, a distanza di 7 anni, quelle accuse e quell’inchiesta – nata per fare chiarezza sullo stoccaggio dei “rottami ferrosi”, provenienti sia dal basso Lazio che dalla Campania, siti all’interno dello scalo commerciale di Gaeta -, sono quasi tutte decadute.

Confermata, infatti, solo la rivelazione di segreto d’ufficio per cui è stato condannato uno dei quattro imputati – ovvero l’ex dirigente responsabile della Sede di Gaeta dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, Franco Spinosa – a quattro mesidi reclusione con sospensione condizionale della pena e al pagamento delle spese processuali. Per  quanto riguarda gli altri tre imputati – gli imprenditori Nicola Di Sarno e Andrea Di Grandi e il ragioniere Daniele Ripa – per alcuni reati le accuse sono decadute per avvenuta prescrizione, mentre, per altri, sono stati assolti perché il reato non sussiste.

A presiedere il collegio il giudice del Tribunale di Cassino Massimo Capurso e composto dai magistrati Olga Manuel e Marco Gioia. Gli imputati, invece, erano difesi dagli avvocati Vincenzo Macari, Alfredo Zaza d’Aulisio, Bartolo Iacono, Claudia Magliuzzi e Filippo Visocchi.

La vicenda

La vicenda partì nel 2013, quando la Guardia Costiera diede il via alle indagini – partite per la presenza sospetta di circa 4.500 tonnellate di materiali ferrosi sulle banchine del Porto di Gaeta -. Mentre l’operazione “Porto sicuro” scattò soltanto nell’estate del 2015 e vide nel mirino degli investigatori, oltre agli indagati sopracitati, anche 3 società: la Interminal, la Di Grandi Catania srl e la Ela, e un sequestro di beni da un milione di euro.

Per i reati contestati – ieri il pubblico ministero aveva confermato le accuse -, erano  stati chiesti 7 anni e mezzo per Spinosa,  6 anni per Di Sarno, mentre per Di Grandi erano stati chiesti un anno e cinque mesi. Infine, per Ripa erano stati chiesti un anno e cinque mesi. Non solo. Erano stati chiesti 630mila euro di sanzioni – relativamente a 700 quote- , più la confisca di 685mila euro come ipotesi di profitto del reato, per la Intermineral; mentre 405mila euro pari a 450 quote, sia per la Di Grandi srl che per la controllata Ela srl, più la confisca del profitto del reato, ammontante a poco meno di 364mila euro.

Una vicenda annosa, che, alla fine, si è conclusa quasi in un nulla di fatto. Come già detto, tre imputati su quattro sono stati assolti perché il fatto non sussiste o per avvenuta prescrizione. Una lieve condanna solo per Spinosa, assolto, sia nel merito che per prescrizione, dagli altri reati di cui era imputato. Libere da ogni accusa anche le tre società per gli illeciti amministrativi che si contestavano loro.

“Dopo sette anni – fanno sapere i legali difensori – viene restituita credibilità e dignità ad un gruppo aziendale, ossia Interminal, ed altre della galassia Intergroup, che occupa circa 200 unità operative.”

In foto: il porto commerciale di Gaeta

(Il Faro on line)