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Maricetta Tirrito (Cogi): “Inutile la gogna per Clizia Incorvaia, meglio studiare perché viene usata male la parola pentito”

26 febbraio 2020 | 15:14
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Maricetta Tirrito (Cogi): “Inutile la gogna per Clizia Incorvaia, meglio studiare perché viene usata male la parola pentito”

“Non fermarsi all’espulsione dal programma, ma far capire ai giovani cosa è un collaboratore di giustizia”

Palermo – “Grande Fratello” è una trasmissione a diffusione nazionale, con una grande eco, e per questo motivo è giusto che la concorrente Clizia Incorvaia sia stata espulsa per insultato Andrea Denver definendolo un traditore e affibbiandogli in modo dispregiativo l’appellativo di ‘pentito’ e ‘Buscetta’, richiamando il nome del collaboratore di giustizia che fece crollare buona parte di Cosa Nostra.
Ma, da siciliana, anche se non giustifico, non credo sia corretto mettere la ragazza alla gogna. Piuttosto sarebbe utile, a lei e a tutti i giovani, spiegare quello che tutti i giorni vivono i collaboratori di giustizia”.

Lo afferma Maricetta Tirrito, Portavoce del Comitato dei collaboratori di giustizia italiani (COGI)-

“Cominciamo col dire che la parola pentito è usata in modo dispregiativo, e – anche se bisognerebbe fare un percorso di pentimento interiore e mi auguro che tutti i collaboratori lo facciano – la definizione corretta è collaboratori di giustizia.

E’ difficile spiegare, specialmente ai giovani, il concetto dell’utilità del collaboratore di giustizia, perché vedono quella persona sempre legata a un passato criminale; quale che sia la motivazione iniziale per aver intrapreso quel percorso – perché ci nasci, perché ti ci hanno educato – non è mai una giustificazione, però va anche riconosciuto un percorso di elevazione dall’iniziale violenza, quasi un percorso di liberazione dal male, che aiuta a definire i responsabili di delitti e a non farne commettere altri.

Il punto però – prosegue Tirrito -, non è definire la mafia come negativa, perché credo sia un dato acclarato; il punto è capire perché dare del pentito a qualcuno venga utilizzato come un’offesa. Ed è un percorso di analisi culturale.

Noi stiamo lavorando per questo, e oggi attaccare quella ragazza senza capire la genesi di quella locuzione, non serve a creare una cultura diversa; meglio proporle un percorso di conoscenza, di studio del fenomeno.

Non si può ignorare che storicamente i siciliani hanno vissuto sotto dominio, vittime di sopraffazioni, dai normanni agli arabi, alla mafia stessa, e abbiamo assimilato come per osmosi un atteggiamento di superiorità, di prepotenza, che esce fuori nel momento dell’offesa. In sostanza, sapendo che per anni la mafia è stata il potere dominante, dire a qualcuno di essere fuori dal sistema mafioso vuol dire non contare nulla, essere senza potere, insignificante.

E’ una evidente stortura del concetto di libertà, di giustizia, di responsabilità personale e anche di coraggio, ma dobbiamo capire però che viene da lontano.

Ecco perché – conclude Maricetta Tirrito – invece di condannare Clizia, la invito a studiare e approfondire. Solo attraverso la conoscenza l’Uomo può migliorare, ed è attraverso l’ignoranza che le mafie mantengono potere”.