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Coronavirus, la protesta dei Sindacati contro Poste Italiane

Numerose le città in cui il disagio dei dipendenti si è trasformato in protesta, come Roma, Viterbo e Benevento.

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Le organizzazioni sindacali Cobas, Cub, Si Cobas e Slg Cub poste puntano il dito contro Poste Italiane che, secondo quanto riportano i Sindacati stessi, non tutela sufficientemente i propri lavoratori nonostante l’emergenza sanitaria in corso del Coronavirus. Numerose le città in cui il disagio dei dipendenti si è trasformato in protesta come Roma, Viterbo e Benevento. I Sindacati stanno programmando quindi un’astensione collettiva dal lavoro contro la Società per la mancata sicurezza sanitaria lamentata nei posti di lavoro.

“Portalettere, sportellisti e operatori dei centri di smistamento postale – scrivono in una nota i Sindacati -, non sono ancora dotati dei dispositivi minimi di protezione individuale (mascherine, guanti monouso, gel igienizzanti ecc.) e vivono in ambienti non sanificati, dove non sono garantite neanche le distanze minime previste dagli stessi provvedimenti governativi e sanitari. Nei posti di lavoro c’è allarme vero, che non sappiamo quanto possa essere silente”.

“I lavoratori delle Poste – continua la nota – sono particolarmente esposti al contagio e il contatto quotidiano con decine e centinaia di migliaia di persone al giorno, ne fa un veicolo di trasmissione eccezionale. In questa fase questo tipo di lavoro, in queste condizioni, non solo è pericoloso per noi, ma per l’intera collettività, se l’obiettivo è limitare la diffusione dei contagi e contenere l’epidemia”.

“Non possiamo aspettare i tempi di fornitura di Dpi o sanificazione ambientale, perché nel frattempo siamo esposti al rischio di contagio e l’epidemia guadagna terreno. Sanificano gli stadi di calcio ma i luoghi di lavoro no. È Inaccettabile. Occorrono misure eccezionali che vadano oltre la consueta normalità. Chiediamo pertanto la chiusura totale di tutte le attività di Poste Italiane o la riduzione al minimo delle prestazioni essenziali, così come previsto in caso di sciopero”.

“Ma dire questo non è fare tutto – concludono le Organizzazioni Sindacali -. Da respingere è che siano i lavoratori a pagare, anche davanti ad un’emergenza, indipendentemente da loro. I lavoratori che restano a casa per effetto della chiusura dell’attività di Poste vanno messi in permessi retribuiti e non ferie d’ufficio o recuperi. Non possono perdere parti di stipendio: qualsiasi misura o strumento si usi deve corrispondere esattamente al vigente potere d’acquisto, cioè retribuzioni intere”.

(Il Faro online)

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