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Il fisico dell’atmosfera Scafetta: “Con il caldo la diffusione del coronavirus rallenta”

29 aprile 2020 | 07:45
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Il fisico dell’atmosfera Scafetta: “Con il caldo la diffusione del coronavirus rallenta”

Intervista al prof. Nicola Scafetta, fisico dell’atmosfera ed esperto di clima dell’Università Federico II di Napoli

Nella diffusione del virus Sars-Cov-2, causa della pandemia da Covid19, un ruolo non secondario lo ha avuto il clima, ossia le condizioni meteo dei paesi: da Wuhan nella Cina Centrale all’India, dalla Lombardia in Italia ai paesi del Nord Europa, Inghilterra, Francia, Germania e Scandinavia fino agli Usa.

A provare questa stretta correlazione tra diffusione del virus e clima, è il professore associato di Fisica dell’Atmosfera dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Nicola Scafetta, che ha analizzato l’evoluzione della pandemia causata dal virus che, osserva: “è realisticamente probabile che ora rallenti per il sopraggiungere del caldo, della stagione estiva e non solo in Italia”.

Dallo studio condotto dal fisico dell’atmosfera, studioso attento del clima, è, dunque, emersa una correlazione, ancorché interessante: “la stagione invernale 2020 nella regione di Wuhan dove il virus è nato a dicembre e si è ampiamente diffuso tra gennaio e febbraio – spiega – è stata straordinariamente simile a quella della Lombardia e delle province di Milano, Brescia e Bergamo, dove la pandemia, tra febbraio e marzo, è stata devastante”.

Il raffronto ravvicinato tra queste due aree, le prime interessate dal virus, ha messo in luce un dato importante: questa pandemia peggiora in presenza di temperature comprese – aggiunge il fisico – tra i 4°C e gli 12°C, una bassa umidità relativa tra il 60 e l’80%, una alta pressione tra 1016 a 1026 mbar, una poca piovosità e bassi venti tra 5 e 11 km/h”.

E questa similitudine delle condizioni climatiche porta Scafetta a dedurre che: “non si tratta di una coincidenza che il virus abbia colpito maggiormente l’Italia Settentrionale nei mesi di febbraio e marzo in quanto rientrava nell’intervallo di temperatura meteorologica più critico a differenza delle regioni del Centro-Sud, che hanno notoriamente temperature stagionali più alte”.

Nello studio scientifico di Scafetta, denominato ‘Proposta per cartine del mondo isotermiche per prevedere l’evoluzione stagionale della pandemia di SARS-CoV-2’, sono riportate una serie di mappe per prevedere il possibile progresso della pandemia nei prossimi mesi secondo uno schema meteorologico. Più nello specifico si tratta di ‘cartine isotermiche’ del mondo, allo scopo di localizzare, mese per mese, le regioni del mondo con variazioni di temperatura simili tra loro.

Da gennaio a marzo ‘la zona isotermica’ che va dalla Cina Centrale all’Iran, alla Turchia, al bacino mediterraneo occidentale (Italia, Spagna e Francia), fino agli Usa, coincide, quindi, con le regioni geografiche più colpite dalla pandemia nello stesso arco di tempo.

Contemporaneamente, nello stesso periodo, in altri paesi con condizioni climatiche diverse: o più fredde (Russia e Canada) o più calde (Africa) la diffusione è stata molto più contenuta per cui il virus sotto i 4°C o sopra i 12°C ha un habitat meno favorevole alla diffusione.

“Il meccanismo di trasmissione del virus avviene – osserva Scafetta – mediante queste goccioline d’acqua emesse nell’aria, parlando o con starnuti e tosse, con l’espirazione e permangono nell’aria per qualche ora oppure si depositano su qualsiasi oggetto, per cui contagiano quanti, a loro volta, le immettono nel corpo attraverso l’inspirazione o con il contatto con le mani: le goccioline d’acqua necessitano quindi per condensarsi e quindi sopravvivere di condizioni climatiche adeguate, ossia di una temperatura esterna tra i 4°C e i 12°C”.

Se la temperatura esterna è sopra, ad esempio, ai 15-20°C ed oltre, “le goccioline d’acqua dentro cui c’è il virus infettante, evaporano, e con ciò non avviene la condensazione e quindi si blocca la diffusione del contagio – prosegue Scafetta – perché il supporto acquoso a protezione del virus evapora. In tal modo si può spiegare la differenza tra la devastante diffusione al Nord rispetto a quella molto più contenuta al Centro-Sud”.

E sotto i 4°C, a temperature cioè vicine allo zero o sotto lo zero, precisa lo studioso del clima, “la condensazione è più veloce e le goccioline d’acqua che si formano con l’espirazione sono più grandi e, quindi, non permangono nell’aria ma cadono più velocemente al suolo“.

Parallelamente alle condizioni climatiche, quale ruolo può giocare nella diffusione del virus e quindi del contagio, l’inquinamento atmosferico, le micidiali polveri sottili Pm10 e Pm2.5?

“L’inquinamento dell’aria più che un vettore della diffusione – risponde Scafetta – più che avere un ruolo diretto, tanto Wuhan quanto la Pianura Padana sono zone ad alto inquinamento, ha un ruolo indiretto, nel senso che l’aria inquinata e le polveri sottili colpiscono e danneggiano i polmoni e indeboliscono il sistema immunitario, per cui il virus Sars-Cov-2 ha, come dire, un terreno ancora più fertile: non a caso sono le persone anziane o quelle con altre importanti patologie le più colpite dal virus”.

L’approssimarsi dell’estate, del caldo, può dunque attutire, arrestare, la diffusione del virus?

Certamente temperature sopra i 20°C, il sole, l’aria salmastra del mare sono un aiuto, fermo restando alcune accortezze: evitare luoghi affollati, occhio all’aria condizionata, e mantenere le norme igieniche, lavarsi spesso le mani e usare le mascherine. “Indubbiamente il sole e l’aria salmastra del mare sono un toccasana: l’esposizione al sole sintetizza la vitamina D importante per il sistema immunitario, l’aria salmastra è un antivirale eccezionale: il sale – evidenzia Scafetta – è un pericolo per il virus per la sua potente azione sterilizzante. E poi con l’estate siamo portati ad una dieta più ricca di vitamine, come la C, grazie a frutta e verdure”.

Insomma, “l’aumento delle temperature permettendoci di stare di più all’aria aperta sarà un grande aiuto rallentando la diffusione della pandemia ” anche se , conclude Scafetta , “non va considerato un fattore risolutivo ” perché in autunno la pandemia potrebbe ritornare.
(Il Faro online)