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Come San Michele salvò Cerveteri dai Saraceni

8 maggio 2020 | 00:01
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Come San Michele salvò Cerveteri dai Saraceni

Quali sono le origini della ricorrenza che i cervetrani festeggiano l’8 maggio di ogni anno? Lo scopriamo con un salto indietro nel tempo, fino all’842 d.C.

Cerveteri – L’8 maggio di ogni anno la città di Cerveteri festeggia il suo patrono, San Michele Arcangelo. Una tradizione antica di secoli, che si tramanda di generazione in generazione e che è ormai una delle festività di riferimento per l’intera comunità. Ma com’è che San Michele è divenuto il santo protettore dell’antica città etrusca?

L’invasione saracena

Le origini della leggenda risalgono al lontano 842 d.C. Fu in quell’anno, infatti, che i Saraceni – termine generico che per tutto il Medioevo venne utilizzato per indicare i popoli provenienti dalla penisola araba o, per estensione, quelli di religione musulmana – tentarono un’incursione nella città di Cerveteri. Sbarcati ad Ostia e Civitavecchia, i Saraceni avevano infatti già invaso Roma, devastandone le basiliche di San Pietro e di San Paolo; quando l’8 maggio decisero di dirigersi verso Cerveteri, però, furono – secondo la leggenda – progressivamente avvolti da una misteriosa, fittissima nebbia. Tuttavia, ciò non bastò a fermarli: i Saraceni erano infatti guidati dal suono della campana che avvisava i cittadini del pericolo imminente.

Ad un certo punto, però, le campane si fermarono improvvisamente. Lo stesso campanaro non riusciva a spiegarsi come ciò fosse possibile, ma lo stratagemma divino funzionò: i Saraceni, avendo perduto qualunque speranza di riuscire ad orientarsi fra la fitta nebbia, furono costretti a tornare alle loro navi. Ma chi aveva fatto tacere le campane? Gli abitanti di Cerveteri non ebbero dubbi: era stato San Michele, il quale non avrebbe mai potuto permettere che la città, luogo a lui particolarmente caro, venisse profanata. Da quel lontano 8 maggio, dunque, il popolo ceretano acclamerà San Michele come suo protettore, ricevendo anche l’approvazione papale da Leone IV, poi ribadita da Stefano IV e da Clemente III.

L’arcangelo guerriero

Ancora oggi, fra i più anziani cittadini di Cerveteri, c’è chi racconta che l’Arcangelofosse comparso nei panni di un coraggioso guerriero ad una nobile donna, proprio mentre questa si recava a pregare nel tempio, per rassicurarla sulle sorti della sua città. Altri, invece, raccontano di come fosse ancora possibile vedere l’impronta lasciata sulla campana dalla mano del santo. Una leggenda che nessuno, però, potrà purtroppo mai verificare: l’antica campana, sostituita da una più recente, è infatti scomparsa.
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