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Nidi privati: “Noi dimenticati, scendiamo in piazza”

Il rischio è che la perdita dei servizi privati possa tradursi in un baratro sociale, educativo ed economico, con circa 100mila posti di lavoro in ballo.

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Scenderanno in piazza domani 21 maggio 2020 i servizi educativi privati per la fascia 0-6 anni. A Montecitorio e in tante altre piazze italiane di Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana, Umbria, Sicilia e Sardegna.

Una manifestazione che si annuncia silenziosa, pacifica e rispettosa delle distanze di sicurezza, ma che intende esprimere con forza le enormi difficoltà del settore in seguito all’emergenza da coronavirus.

“Il silenzio sui servizi educativi 0-6 è tombale dopo il DPCM sulle riaperture firmato dal Presidente Conte –  si legge nella nota stampa diffusa dal Comitato EduChiAmo, nato su iniziativa di un piccolo gruppo di gestori di strutture private lombarde, ma che, in poco tempo, si è ramificato su tutto il territorio nazionale -. Parliamo di più di 10.000 strutture in tutta Italia dimenticate anche dal Decreto Rilancio, che oltre a non essere oggetto di alcun piano di riapertura, si vedono negare la proroga della Cassa Integrazione per i lavoratori. Questo significa che per le strutture chiuse a fine febbraio, in Lombardia, e da inizio marzo nel resto d’Italia, la copertura sarà massimo fino a metà giugno. I mesi successivi saranno a carico delle imprese, già martoriate da mesi di inattività e per le quali non è ancora prevista la riapertura”.

In molti rischiano di non riaprire. Una situazione che lascia sospesi in un limbo moltissime strutture in Italia, private sì, ma che hanno un ruolo fondamentale nei servizi all’infanzia, sopperendo alla carenza di posti messi a disposizione dal pubblico. “In tutta Italia – sottolineano dal Comitato – i nidi privati assolvono, con il 65% di copertura sul territorio nazionale, il diritto all’educazione dei bambini da 0-3 anni in un paese che già ha percentuali miserabili di offerta di posti 0-3, con solo il 22% di popolazione raggiunta per questa fascia di età”.

Il rischio è che la perdita dei servizi privati possa tradursi in un baratro sociale, educativo ed economico, con circa 100mila posti di lavoro in ballo.

Diverse le Regioni che hanno implementato misure a sostegno di un settore rappresentato in larga parte da imprenditoria femminile. Proprio ieri la Regione Lazio ha pubblicato un bando a favore degli asili nido privati autorizzati, non accreditati, con uno stanziamento di 8 milioni di euro da utilizzare per coprire i costi (sostenuti dal 1 marzo al 31 luglio 2020) per canone di locazione, spese amministrative, utenze, manutenzione del verde, spese di sanificazione e pulizia dei locali, acquisto dei dispositivi di protezione individuale, di materiale informatico per attività a distanza e per la didattica. Risorse, queste, che si aggiungono agli altri 3 milioni già destinati ai privati accreditati. L’avviso prevede un sostegno di 100 euro al mese a bambino, a decorrere dal mese di marzo fino al 31 luglio, per un contributo massimo di 30mila euro a struttura.

Un aiuto concreto, ma secondo il Comitato dei gestori non sufficiente a sventare la chiusura. “Abbiamo stimato che, mediamente, servirebbero circa 300 euro a bambino – afferma Cinzia D’Alessandro, EduChiaAmo. – Occorre tener presente che durante il lock-down non abbiamo percepito le rette, pur sostenendo il 30% di costi fissi, e alcuni stanno anche anticipando la cassa integrazione ai dipendenti. Una situazione insostenibile”.

Ma oltre alle difficoltà economiche, a preoccupare è anche l’incertezza. “Non sappiamo quando potremo riaprire e a quali condizioni”, sottolineano dal Comitato. Si ipotizza il mese di settembre, ma anche in questo caso, se il rapporto educatore/bambino passerà da una media regionale di 1/6 a 1/3, i gestori dei nidi dovranno assumere più personale per accogliere lo stesso numero di bambini, sostenendo costi aggiuntivi ad oggi impensabili senza aumentare le rette, a spese delle famiglie”.
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