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Le mascherine protettive fanno male? Le risposte dei prof. Pintaudi, Tarsitani e della dott.ssa De Luca

22 maggio 2020 | 21:10
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Le mascherine protettive fanno male? Le risposte dei prof. Pintaudi, Tarsitani e della dott.ssa De Luca

La paura di respirare anidride carbonica, gli effetti del contatto prolungato sulla pelle, la possibilità di sviluppare allergie, l’efficacia anti-Covid. Ecco come utilizzare mascherine e guanti nella maniera corretta.

L’Italia nei primi mesi dell’anno è passata in poche settimane dall’allegria delle mascherine di Carnevale, da tutti conosciute, all’angoscia delle mascherine  chirurgiche, fino ad allora appannaggio del mondo medico. Il lockdown imposto al diffondersi del Covid-19, o coronavirus che dir si voglia, ha proiettato l’uomo comune, le famiglie, in una dimensione di auto-protezione mai sperimentata prima.

Le primissime domande  (leggi qui) dei cittadini sono state su quali tipi di mascherine indossare, quali fossero le differenze, quali proteggessero di più e, soprattutto, chi proteggessero. Si è dunque capito che esistono mascherine “egoiste” (che proteggono chi le indossa ma non non chi gli sta davanti, le FFP2 e FFP3) e mascherine ”altruiste” (che fanno esattamente il contrario, le chirurgiche o le cosiddette mascherine di comunità).

Esaurite nel tempo le domande su quali siano le mascherine più utili, la differenza di denominazione e come si comportano, oggi nasce una nuova esigenza; capire se e come vadano utilizzate per tante ore al giorno (vista la riapertura dei negozi e l’obbligo di indossarle negli ambienti chiusi) e se possano o meno far male se usate in maniera non corretta, trasformandosi da elementi di protezione in elementi potenzialmente pericolosi.

Per capire, siamo andati a intervistare tre medici super qualificati, luminari che da sempre si occupano della materia, esperti, competenti e in prima linea. Sono il Prof. Sergio Pintaudi, esperto di Bio contenimento cellulare, la dott.ssa Assunta De Luca, epidemiologa e igienista, e il prof. emerito di igiene e tecnica ospedaliera, Gianfranco Tarsitani, i cui curriculum definiremo meglio nel corpo delle tre interviste.

Il distanziamento sociale è importante?

Nella sostanza vengono fuori chiaramente alcuni punti cardine, che possono essere di interesse generale. Primo tra tutti l‘indispensabilità e l’efficacia del distanziamento sociale. Nelle interviste che seguono, capiremo come la distanza di oltre un metro sia di per sé utilissima ad abbassare (quasi ad azzerare) la possibilità di contagio.

Come vanno utilizzate le mascherine protettive?

Capiremo anche come l’utilizzo della mascherina sia davvero efficace se si seguono le regole. Se, ad esempio, si usa la stessa mascherina per giorni, magari mettendola in borsa, poggiandola sul tavolo di casa o sul comodino, nella tasca del giubbotto, quel pezzo di stoffa diventa inutile, non protegge, non serve a nulla.

Capiremo anche come portare la mascherina mentre si guida in auto da soli sia sostanzialmente una follia; oppure che utilizzarla lasciando fuori il naso sia un controsenso, quello sì dannoso (perché aumenta le possibilità di contagio, lasciando scoperto uno dei veicoli di trasmissione: le mucose).

Capiremo anche perché le mascherine chirurgiche siano quelle più indicate per la popolazione, senza inutili e dispendiose ricerche della FFP2 per la popolazione comune.

Non è dimostrato però che l’uso della mascherina chirurgica da parte delle persone sane nelle loro normali attività quotidiane, riduca la trasmissione del virus dell’influenza. Certamente una funzione protettiva comunque ce l’ha.

Digitando sulla scritta arancione puoi acquistare mascherine al prezzo più conveniente oppure gel igienizzante per mani (da borsa o da viaggio). Prodotte in Italia queste mascherine hanno il filtro rimovibile a cinque strati di carbone attivo.

E’ necessario indossare anche i guanti in lattice?

Capiremo anche perché portare i guanti come una seconda pelle sia altrettanto inutile, e invece come sia assolutamente meglio lavarsi le mani frequentemente e magari disinfettarle con il gel quando siamo fuori, piuttosto che indossare guanti in lattice h24.

Ecco, in verità un po’ di consigli li abbiamo già dati, ma per saperne di più conviene leggere, nelle pagine seguenti, le parole degli esperti.

VAI ALLA PAGINA SUCCESSIVA per leggere l’intervista al prof. Sergio Pintaudi

Come usare mascherine e guanti protettivi, intervista al prof. Sergio Pintaudi

sergio pintaudi

Sergio Pintaudi

Prof. Sergio Pintaudi, anestesista rianimatore, esperto di biocontenimento, incaricato dalla Regione Lazio di formare il personale del Covid hospital di Palestrina: già Direttore Dipartimento Emergenza Accettazione A.R.N.A.S. Garibaldi di Catania e medico con esperienza sull’ebola effettuata sul campo in Sierra Leone.

“Chiariamo subito una cosa – afferma il prof. Pintaudi -: FFP sta per Filtranti Facciali Polveri, e indica già dal nome che quel tipo di mascherine sia stato concepito per chi lavora in ambienti dove si producono polveri, non certo in ospedale. L’evoluzione tecnologica e l’esigenza di protezione del personale sanitario ha consentito uno sviluppo in ambienti sanitari, e oggi quel tipo di protezione è utilizzato con successo in particolari ambienti ospedalieri.

Ma sono mascherine che non devono essere utilizzate dalla popolazione; costano molto e la produzione è utile per chi davvero ne ha bisogno. Ciò che la gente deve capire, è che la normale mascherina chirurgica impedisce, abbinata alla distanza di oltre un metro l’uno dall’altro, la possibilità di contagio. Mettere tutti la mascherina chirurgica quando si deve oltrepassare la “barriera” del metro di distanza, è già estremamente efficace, senza andare a cercare le FFP.

Non solo, ma tenere la distanza di sicurezza, soprattutto in spazi aperti, è già di per sé sufficiente a proteggerci, anche senza mascherina. Dobbiamo occuparci del virus, non preoccuparci.

Chiariamo il concetto. Le epidemie non mondo ci sono sempre state. Ciò che oggi le distingue dal passato è la velocità di trasmissione del virus a livello globale, che oggi è molto più rapida – in poche ore siamo da un capo all’altro del mondo, trasportando insieme a noi anche eventuali agenti patogeni – è altrettanto vero che non è così semplice contaminarsi.

Per innescare la trasmissione del virus, devono infatti coesistere 3 condizioni:
1) la virulenza. Il virus deve avere una forza, una potenza sufficiente per agire.
2) la carica virale. In parole povere, quanti sono numericamente i virus che ci aggrediscono; di solito, se sono pochi, sia attrezzati per combatterli-
3) il tempo di contagio. Sempre in parole povere, quanto tempo si sta a contatto con il potenziale pericolo”.

Prof, l’ultima cosa mi ricorda un po’ i consigli delle nonne, che se ti cadeva qualcosa in terra dicevano: se la raccogli immediatamente e la sciacqui, non ti ammali…

“Il principio è quello, e come sempre la saggezza dei tempi antichi ha un fondamento di verità. Il tempo di contagio che intercorre tra il soggetto e la massa virale è importante. Ecco perché è fondamentale lavarsi spesso le mani, disinfettare le superfici e altre operazioni di prevenzione: si elimina il tempo di permanenza di un eventuale agente patogeno e se ne impedisce la diffusione.

C’è un altro termine che oggi fa paura: droplet, che indica le goccioline di secrezioni respiratorie e salivari, di diametro di circa 5 micron, che rimangono per un breve tempo sospese nell’aria, fonte comune di diffusione di agenti patogeni… 

“Va però detto che le goccioline, una volta che si producono, hanno effettivamente la dimensione di pochi micron, ma non la forza per viaggiare nell’aria; anche perché di solito sono anch’esse accompagnate da polvere, o altre sostanze che le appesantiscono. Dunque restare a distanza di oltre un metro, in condizioni normali (senza starnuti o colpi di tosse) rende difficilissimo l’eventuale arrivo a destinazione del virus. Se poi si utilizzano correttamente le mascherine, allora il pericolo si riduce quasi allo zero. Per diffondersi incide molto di più un contatto diretto”,

Le faccio la domanda dalla quale è scaturito questo articolo: oggi siamo obbligati a portare le mascherine per tante ore, penso ad esempio ai negozianti? Alla lunga chiudersi la bocca per così tanto tempo, può fare male?

“Usare le mascherine è importante – prosegue Pintaudi -, a patto che si utilizzino correttamente. Le mascherine chirurgiche non hanno un’efficacia che va oltre le 8 ore, e di sicuro non vanno toccate indiscriminatamente con le mani, non vanno gettate in borsa, o nei cassettini portaoggetti della automobili, o nelle tasche dei giubbotti. Devono essere monouso, o comunque – anche quelle lavabili – devono restare in un ambiente protetto quando non utilizzate”.

Usare la mascherina per molte ore, dunque, può provocare danni?

“Mah, non direi. Più che altro, usata per molte ore può provocare irritazioni cutanee, e questo però dipende anche dal tipo di tessuto utilizzato. Direi che più che dannosa, una mascherina così diventa inutile”.

Eppure c’è gente che usa la stessa mascherina per più giorni, lasciandola in tasca e riusandola ogni volta che esce. Questo può provocare danni?

Dobbiamo considerare la mascherina alla stregua di un indumento, che va indossato in particolari condizioni e situazioni. Le chiedo: lei indosserebbe la stessa camicia per giorni e giorni, togliendola e rimettendola più volte al giorno, appoggiandola in ogni dove? Eppure con la mascherina, che ci dovrebbe proteggere, c’è chi lo fa… ed è una sciocchezza. Usarla così può provocare danni, ma non in correlazione diretta con il virus, bensì pensando all’igiene tout court, con tutto ciò che comporta avvicinare cose sporche e contaminate a bocca e naso”.

Non è dimostrato però che l’uso della mascherina chirurgica da parte delle persone sane nelle loro normali attività quotidiane, riduca la trasmissione del virus dell’influenza. Certamente una funzione protettiva comunque ce l’ha.

Digitando sulla scritta arancione puoi acquistare mascherine al prezzo più conveniente oppure gel igienizzante per mani (da borsa o da viaggio). Prodotte in Italia queste mascherine hanno il filtro rimovibile a cinque strati di carbone attivo.

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Come usare mascherine e guanti protettivi, intervista alla dott.ssa Assunta De Luca

assunta de luca

Assunta De Luca

Dott.ssa Assunta De Luca. epidemiologa, Quality and Risk Manager -IFO – Istituto Nazionale Tumori Regina Elena – Istituto Dermatologico San Gallicano, Già dirigente medico specialista in Igiene e Medicina preventiva nell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea.

“A proposito delle mascherine – afferma la dott.ssa De Luca – dobbiamo dire chiaramente che sono utili, a patto che vengano usate correttamente. E che le FFP2 non dovrebbero essere usate dalla popolazione, che al contrario dovrebbe utilizzare le mascherine chirurgiche o quelle di comunità”.

Quali sono le differenze?
“Le Ffp2 proteggono chi le indossa, ma sono utili in ambienti critici, dove il rischio del contagio e la necessità di operare a distanze ravvicinate sono concrete. Per l’uso in negozio o in strada va benissimo la mascherina di comunità, quella cioè prodotta con stoffa e lavabile, Vanno bene anche le mascherine chirurgiche, ma ricordiamo che quelle sono monouso, e anche di non sempre facile reperimento”.

E’ pericoloso portare la mascherina per tante ore di seguito?
“Di per sé non è pericoloso, ma se la mascherina si inumidisce, perde l’effetto filtrante, diventando inutile. Per cui, a chi la dovesse indossare per tante ore consecutive, suggerisco di attrezzarsi con più mascherine, da sostituire una volta che quella che si indossa inizia a umidificarsi.

Le mascherine vanno utilizzate rispettando queste modalità, il loro riutilizzo errato ne annulla la capacità difensiva, col risultato che se una persona fosse portatrice del virus, quella mascherino monouso riutilizzata più volte non ne arginerebbe la diffusione.

Ricordo anche che per legge è comunque obbligatorio fare delle pause, che possono essere utili non solo per cambiare mascherina ma anche per respirare un po’ in tranquillità. L’importante è mantenere le distanze di sicurezza. Restare oltre un metro l’uno dall’altro garantisce una certa tranquillità in quanto le famose famigerate ‘goccioline’ – a meno che non si concretizzino particolari condizioni ambientali – non hanno la forza di raggiungere l’obiettivo.

L’uso corretto delle mascherine è dunque fondamentale se si vuole combattere realmente la diffusione del virus, così come il distanziamento sociale.

Voglio sottolineare che le cose che abbiamo appena detto, non sono solo frutto della mia personale esperienza professionale, ma sono informazioni facilmente reperibili sui siti istituzionali quali quello del Ministero della Salute, dell’Istituto superiore di sanità o anche della Regione Lazio. Dunque se il cittadino si vuole informare, i canali ufficiali e attendibili esistono.

I consigli sono dunque quattro:
1) attenersi al cosiddetto distanziamento sociale, dunque non mettersi a meno di un metro dalle altre persone
2) usare le mascherine chirurgiche o di comunità, attenendosi alle disposizioni per le quali sono state concepite.
3) lavarsi spesso le mani o disinfettarle
4) sanificare le superfici costantemente

Non è dimostrato però che l’uso della mascherina chirurgica da parte delle persone sane nelle loro normali attività quotidiane, riduca la trasmissione del virus dell’influenza. Certamente una funzione protettiva comunque ce l’ha.

Digitando sulla scritta arancione puoi acquistare mascherine al prezzo più conveniente oppure gel igienizzante per mani (da borsa o da viaggio). Prodotte in Italia queste mascherine hanno il filtro rimovibile a cinque strati di carbone attivo.

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Come usare mascherine e guanti protettivi, intervista al prof. Gianfranco Tarsitani

gianfranco tarsitani

Gianfranco Tarsitani

Prof. emerito Gianfranco Tarsitani, già Ordinario di Igiene nella Facoltà di Medicina e Psicologia e nel Dipartimento di Scienze Medico-Chirurgiche e di Medicina Traslazionale dell’Università di Roma Sapienza
Già Direttore/Coordinatore Specializzazione Igiene e Medicina Preventiva – Sant’Andrea. Esperto in igiene generale e applicata; sanità pubblica; medicina preventiva; epidemiologia; malattie infettive; tecnica ospedaliera; consulente medico per Cooperazione italiana, UNICEF, ISS, CNR e Università in numerose missioni internazionali (Somalia, Giordania, Portogallo, Tunisia, Macedonia, Etiopia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Corea del Sud, Palestina, Cossovo, Bolivia , SudAfrica, Egitto, Liberia, Perù)

“Il fatto che mantenere la distanza sociale di almeno un metro sia la cosa più importante da fare, ce lo dice anche il prof. Gianfranco Tarsitani.

E chiarisce anch’esso un concetto fondamentale: “La mascherina – afferma il prof. Tarsitani – serve per difendere gli altri dal nostro possibile contagio, non viceversa. E se tutti capissero questo, e usassero nella giusta maniera le mascherine chirurgiche o similari, avremmo fatto un grande passo in avanti nella tutela della salute pubblica.

“Attenzione però – chiarisce il professore – non c’è alcun motivo logico per indossare la mascherina all’aria aperta, quando siamo da soli o a distanza di sicurezza da altre persone. La trasmissione del virus non è così facile, e le particelle che dovrebbero trasportarlo cadono velocemente a terra, e perdono altrettanto rapidamente la loro capacità di offendere.

E’ assurdo anche vedere persone da sole in auto con la mascherina indosso. Quell’uso improprio, ne anticipa l’inidoneità, favorendo l’umidificazione del tessuto e la conseguente inefficacia del filtro”.

Rispetto ai suoi colleghi, il prof. Tarsitani è un po’ più critico nei confronti dell’uso prolungato e improprio delle mascherine.

Usarle quando non serve o tenerle impropriamente per molte ore, potrebbe comunque creare dei danni. Non parliamo di rischi epocali, ma è un fatto – acclarato anche da uno studio del dott. Antonio Ivan Lazzarino epidemiologo della University College di Londra – che esistano dei rischi collaterali.

Ad esempio, le maschere facciali rendono più difficile la respirazione, favorendo la dispnea. In soggetti giovani e sani, è un problema che non si pone neanche a livello di percezione (a meno che non facciano sport, con la mascherina indossata), ma in pazienti portatori di BPCO (BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva) la situazione potrebbe aggravarsi.

L’aria poi viene espulsa verso l’alto ( i portatori di occhiali lo sanno bene, in quanto se li ritrovano costantemente appannati ad ogni respiro), generando una spiacevole sensazione e uno stimolo a toccare gli occhi, cosa assolutamente da evitare.

Inoltre, a ogni ciclo di respirazione viene inalata una frazione di anidride carbonica già respirata, con correlato aumento di frequenza e volume della respirazione e conseguente maggior carico virale nei polmoni eventualmente infetti. Anche in questo caso, pur in assenza di virus, l’apporto indesiderato di anidride carbonica è pressoché impercettibile in un giovane sano, ma può essere invece percepito in un anziano o in un malato,

Infine, le mascherine chirurgiche indossate per lunghi periodi determinano un habitat umido in cui il Sars-Cov-2 può rimanete attivo a causa del vapore acqueo fornito costantemente dalla respirazionee catturato dal tessuto stesso della mascherina.

Insomma, la mascherina ha un senso se la distanza interpersonale è inferiore al metro, altrimenti è inutile e, in alcuni specifici casi, dannosa. Sia per le cose che ho detto, sia per il falso senso di sicurezza che può ingenerare, facendo abbassare la guardia sul vero metodo utile a prevenire il contagio: il distanziamento tra persone.

Infine un accenno ai guanti. Usarli da mattina a sera equivale a contaminarli come una mano nuda, e in sostanza non serve a nulla. Meglio lavarsi spesso le mani o usare gel disinfettanti, per restare ‘puliti’.

Non è dimostrato però che l’uso della mascherina chirurgica da parte delle persone sane nelle loro normali attività quotidiane, riduca la trasmissione del virus dell’influenza. Certamente una funzione protettiva comunque ce l’ha.

Digitando sulla scritta arancione puoi acquistare mascherine al prezzo più conveniente oppure gel igienizzante per mani (da borsa o da viaggio). Prodotte in Italia queste mascherine hanno il filtro rimovibile a cinque strati di carbone attivo.

Tra l’altro, una parte della popolazione, piccola per fortuna, ha anche una predisposizione allergica al lattice, che se usato per brevi periodo e occasionalmente non si manifesta, ma se il contatto è reiterato e continuativo, si può evidenziare. E’ ciò che già accade in ambito sanitario, dove proprio per l’utilizzo frequente dei guanti in lattice, la percentuali di soggetti allergici è più alta che nel resto della popolazione.

Se noi diffondiamo l’uso del lattice a milioni di persone, anche se la percentuale di possibili allergici è bassa, sarà comunque commisurata alla platea esposta, creando ulteriori problemi sanitari dei quali, francamente, non sentiamo il bisogno”.