IL PREMIO

Concorso di scrittura “Covid-19, quando tutto sarà finito…”: ecco il racconto vincitore

23 maggio 2020 | 10:07
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Concorso di scrittura “Covid-19, quando tutto sarà finito…”: ecco il racconto vincitore

Susi Ciolella con “Le parole per dirlo” si è aggiudicata la sezione Narrativa nel nostro concorso di scrittura. Il premio è stato devoluto a “Rossa rete solidale di mutuo soccorso del X Municipio”

Ostia – E’ Susi Ciolella, poeta e scrittrice dopo una lunga carriera in Alitalia come assistente di volo, la vincitrice della sezione Narrativa del nostro concorso di scrittura “Covid-19, quando tutto sarà finito….  Il racconto che ha presentato, e che pubblichiamo di seguito, si intitola “Le parole per dirlo”.

Il suo racconto è stato selezionato tra una settantina di opere partecipanti alla sezione Narrativa (leggi qui). A valutarlo come il migliore della sezione è stata una giuria altamente qualificata: a farne parte il giornalista di La Repubblica e scrittore per Newton Compton Massimo Lugli, il giornalista del Tg1 e saggista Gianni Maritati, l’ex inviato speciale del Tg1 e scrittore Pino Scaccia e il direttore de ilfaroonline.it Angelo Perfetti.

Susi Ciolella ha ritirato il premio destinato alla sezione direttamente dalle mani del patron dei supermercati Todisdel X Municipio, Luca Capobianco (nella foto). Si tratta di un buono acquisto da 50 euro utilizzabile presso gli otto punti vendita del gruppo (leggi qui). Al gruppo Todis-Capobianco e agli altri partner commerciali che hanno sostenuto l’iniziativa culturale de ilfaroonline.it, va la nostra sentita gratitudine.

Susi Ciolella riceve il premio da Luca Capobianco

La scrittrice ha devoluto il premio a “Rossa rete solidale di mutuo soccorso del X municipio” che si occupa di dare sostegno alle famiglie del territorio.

Iniziamo con la pubblicazione del vincitore Sezione Narrativa. Nei prossimi giorni pubblicheremo gli altri vincitori.

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LE PAROLE PER DIRLO

Ettore corri, vai a chiamare l’ambulanza!

È per la signora Angela del quinto piano” grida Gina al marito mentre allontana dalla madre stesa a terra, il figlio Carlo.

Gina è la portiera del civico 8 di via Massena, un palazzone di periferia. Lavora da vent’anni nello stesso stabile, conosce perfettamente i suoi condomini e ne custodisce anche il più piccolo segreto. Nel quartiere la vita non è mai stata facile, palazzi grigi, pochi balconi, cortili vuoti e spaccio di droga dentro i portoni. Chi ha potuto se ne è andato a vivere lontano. Le persone rimaste sono quelle che non possono permettersi un affitto da un’altra parte. La famiglia di Carlo è una di queste, il padre faceva il muratore e la madre lavorava come commessa, si alzava tutte le mattine alle cinque per prendere tre autobus e raggiungere il negozio. Un ritardo all’apertura e il principale l’avrebbe licenziata. Con il lavoro saltuario del marito era lei a tenere la famiglia sulle spalle.

Carlo è un bambino sveglio, simpatico ed estroverso, ha 10 anni ed una sorella più piccola che si chiama Anna a cui è molto legato.

Giocano tanto insieme specialmente da quando sono chiusi in casa, circa trentatré, trentaquattro giorni. A volte ripetono come uno scioglilingue le parole che sentono dai genitori o alla televisione.

Pandemia, scrive Carlo sul suo quaderno sotto il titolo del tema che gli ha dato la maestra: è il mostro che si è infilato nelle nostre città, nelle mura della nostra casa, tra di noi.

Lo vuoi capire che ora sono disoccupato!!! Lasciami stare“. Suo padre ultimamente lo grida alla madre, soprattutto quando lei lo implora di alzarsi dal letto.

Allora Carlo si avvicina alla madre e senza farsi sentire dal padre gli chiede: “Mamma perché dici che papà è arrabbiato da quando non lavora, era cosi anche prima!

Spesso oltre alle parole volano i piatti e cosi Carlo prende la sorellina per mano e si nasconde sotto il letto, le racconta le favole e le fa il solletico per farla ridere. Anna ride a crepapelle e allora anche lui si lascia andare e per un po’ si sente felice.

Un’altra parola, che non conosceva e che non riesce neanche a pronunciare è il distanziamento sociale, Carlo sa che non si può andare a scuola, che bisogna stare lontani dai propri amici e che non si possono abbracciare neanche le persone che si amano.

Mamma quando questa brutta cosa finirà torneremo in pineta io te e Anna, come quando eravamo piccoli? E magari viene anche papà”.

Si caro, farò la parmigiana che vi piace tanto” aveva fantasticato qualche giorno prima parlando con la madre.

Carlo ha capito veramente che cosa sia il dolore solo quando hanno portato via sua madre con l’ambulanza e gli hanno detto di non poterla toccare.

Ha pianto in silenzio con il senso di colpa per essersi avvicinato di nascosto, lei gli ha sussurrato una parola difficile da ricordare. Si sente in pena per quel segreto che la madre ha condiviso con lui e che lui ha nascosto talmente tanto dentro sé stesso da non riuscire più ricordarlo.

Da quel momento sente il vuoto, ha un buco nello stomaco, ma non è solo fame, è assenza, è tristezza, si sente solo, il padre sta chiuso in camera tutto il giorno e lui deve occuparsi di sua sorella, oltre che di sé stesso.

Davanti ad Anna nasconde le lacrime, ma a volte si sente soffocare e non è solo per il puzzo della spazzatura che da giorni è ammucchiata sotto il lavandino. Manca proprio l’aria, le finestre sono chiuse e le tapparelle sbarrate, non si capisce quando è giorno o notte.

Una volta ha preso una sedia dal salone, ci è salito sopra e ha visto la luna dalle fessure delle tapparelle.

Era grande, sola ed imponente, sembrava una regina e cosi Carlo ha pensato che anche da soli si può diventare grandi.

In alcuni momenti sente le vertigini, allora si mette a girare su stesso, sempre più forte, fino a cadere a terra. Solo quando è esausto riesce a calmare i pensieri.

Carlo è preoccupato per sua madre ma sa che è una donna forte, le volte che per giocare si carica lui e Anna sulle spalle gli sembra una roccia dietro cui ripararsi.

Mammina fammi la faccia della scimmia” le chiede Anna ogni sera dal suo lettino prima di addormentarsi e lei nonostante la stanchezza di una giornata di lavoro, l’abbraccia stretta e inizia ad imitare gli animali in modo buffo per farla ridere.

Lui non ha mai visto sua madre piangere, neanche quando è caduta dalla rampa dalle scale. L’ha sentita discutere con il padre e poi un tonfo, è corso sul pianerottolo e l’ha vista a terra, si è avvicinato per sfiorarle il viso e in quel momento gli è sembrato di amarla talmente tanto da sentire il cuore esplodere.

Carlo, non preoccuparti per tua madre, tornerà presto a casa“ gli ha detto Gina, mentre lo trascinava via per le scale.

Ma dopo qualche minuto, l’ha sentita parlare sottovoce con la signora del terzo piano: “Poverina speriamo si riprenda e pensare che l’aveva denunciato già una volta a quel balordo!

Carlo negli ultimi giorni ha pensato spesso all’amore per lui ora fa rima con dolore. Così gli torna in mente il tema assegnato dalla maestra.

Lui non ci crede e allora apre la finestra e si mette a gridare: “Non è vero che andrà tutto bene, è solo una bugia, è una favola inventata per i bambini, ma io non sono un ingenuo!!

Ha urlato talmente tanto che si sente distrutto, si avvicina ad Anna che dorme nel lettino vicino al suo, prova a chiudere gli occhi, li strizza forte perché pensa che nel buio profondo possa tornare alla memoria quella parola sussurrata.

Ma non accade niente, allora prova rabbia, rabbia verso sé stesso: ”come è possibile dimenticare un segreto!??

Carlo è convinto che finchè non ricorderà la parola che gli ha detto sua madre lei non tornerà a casa e cosi rimugina per ore.

È troppo arrabbiato per dormire, si alza dal letto

Dalle fessure delle tapparelle entra un po’ di luce, vede il pallone lasciato in un angolo e decide di uscire di casa.

Si sente strano, quasi euforico. Come se qualcosa fosse cambiato dentro di lui. Non sente più la stanchezza, né la paura. Pensa al coraggio di sua madre, alle sue carezze.

Corre per le scale, con il cuore in gola, tenendo stretto il pallone, la città ancora dorme, le strade sono vuote, alza lo sguardo e intravede la luna. La regina.

Carlo non sa come, ma ora ricorda le parole, stringe a sé il pallone, forte e ancora più forte, per non lasciarlo andare.

Sente il petto esplodere ma continua a correre con il pallone stretto sul cuore.

Corre Carlo, corre, con i suoi dieci anni e l’abbraccio di un feroce addio, mentre fuori nasce il sole.