Roma, la rivolta dei pub: “Così rischiamo il fallimento”

29 maggio 2020 | 22:09
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Roma, la rivolta dei pub: “Così rischiamo il fallimento”

Il divieto di servire bevande dopo le 22 impedisce la ripresa. I gestori dei pub trasteverini non riescono a soddisfare le esigenze della clientela.

Roma – “Se impedite di servire i clienti in modo adeguato nei pub, la riapertura diventa una beffa, e noi rischiamo la chiusura definitiva!”. E’ il grido di Gianluca Cecchini, titolare di una rummeria situata nel cuore di Trastevere, rispetto al divieto di fornire da bere dopo le 22, che vincola i gestori dei piccoli pub della Capitale.

Le rigide norme che regolano la riapertura di bar, pub e ristoranti nel corso della fase 2, pesano infatti soprattutto sui proprietari dei locali di piccole dimensioni. Il rispetto delle disposizioni per diminuire il contagio, risulta complicato in un luogo come Trastevere. Il centro della movida romana, pullula di pub che dispongono solo di pochi metri quadrati (tra i 33 e i 55). Uno spazio al cui interno si rivela impossibile mantenere il distanziamento di almeno 1 metro.

L’ideale sarebbe sfruttare gli spazi esterni a questi locali, ma chi non può permetterselo, si ritrova a dover limitare l’accesso dei consumatori. “Per gli esercizi che non possiedono il suolo pubblico è difficoltoso ottenere il permesso per i tavoli all’esterno – spiega Gianluca – e al bancone posso servire solo una persona per volta”.

La limitazione dell’orario di attività influisce inoltre sul numero dei possibili avventori, visto che chi fornisce servizio di baverage, vende i primi drink solo in tarda serata. Pochi i clienti dunquem e pochi i guadagni.

Dopo il lockdown, la situazione è critica per la gran parte dei possessori di un’attività. Durante l’emergenza, gli affitti non sono stati bloccati; i costi per attuare le misure di sicurezza e per le sanificazioni giornaliere stanno diventando troppo onerosi da sostenere. Ciò fa crescere il numero dei locali, anche storici, costretti a chiudere per sempre. Chi è riuscito a riaprire, stenta, invece, a sopravvivere.

“Ampliare il servizio di asporto almeno fino all’una di notte” è la richiesta di Cecchini, che parla anche a nome di chi, come lui, rivendica il diritto di poter accontentare la propria clientela.

Un ampliamento dell’orario in cui poter servire le bevande, probabilmente ridurrebbe le code chilometriche che tendono a formarsi fuori dai locali. Chi frequenta un pub, in genere si concede un po’ di tempo per gustare la sua consumazione e si allungano i tempi di attesa del proprio turno. “Aumentando il tempo a nostra disposizione, diminuirebbe la presenza di persone all’esterno – afferma Cecchini – Poi sta alle forze dell’ordine gestire eventuali assembramenti”.

Lavorare nel rispetto delle norme, non deve essere uno svantaggio. “La sicurezza prima di tutto, ma così noi non ce la facciamo – conclude Cecchini – Chiedo alla Sindaca di venirci incontro e di parlare. Anche perché gli aiuti promessi dal Governo non sono ancora arrivati, né sappiamo se e quando arriveranno”.