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Altro che “riaprire i teatri” a Ostia, senza agevolazioni si rischia di fallire

8 giugno 2020 | 20:33
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Altro che “riaprire i teatri” a Ostia, senza agevolazioni si rischia di fallire

Le strutture più piccole si ritrovano in un paradosso: non aprire affatto è addirittura più conveniente che ricominciare la stagione

Ostia – Le tempistiche della burocrazia stanno mettendo a dura prova la ripresa economica dei teatri del territorio. Proprio oggi 8 Giugno, si è riunita la Commissione cultura, per analizzare i documenti che decideranno le sorti delle realtà culturali del X Municipio presso la Regione Lazio. Senza ottenere, ancora, risultati concreti: alle proposte avanzate, non corrisponde un reale supporto economico.

Sicuramente c’è un interesse nella presa in carico della situazione teatri: Silvana Denicolò (Assessore alla Cultura del X Municipio), Monica Picca e Margherita Welyam si sono rese operative in prima persona per portare avanti con le istituzioni un discorso che richiede soluzioni pratiche, rapide, e che sempre più sta acquisendo toni emergenziali: i teatri stanno per chiudere o fallire.

I costi delle tasse, a fronte delle agevolazioni ricevute finora, sono diventati inaccessibili: senza la ripresa di lezioni e spettacoli, non è possibile fronteggiare le spese quali utenze e affitti. Non soltanto, non c’è alcun segno di ripresa estiva per tamponare il danno provocato dal lockdown.

La proposta da parte del Municipio, in mancanza di fondi attualmente disponibili, è stata quella di non fare pagare il suolo pubblico e occuparsi di eventuali installazioni: provvedimenti validi ma che, comunque, non aiuterebbero ad assorbire il danno accumulato finora né si configurano come una base solida per la ripresa economica dei teatri. In mezzo a fiumi di carte e buoni propositi, passa completamente sotto silenzio l’evidenza che altri mesi di stallo porteranno a un collasso definitivo delle associazioni culturali del nostro territorio.

Il decreto Cura Italia, non prevede infatti agevolazioni per associazioni che pagano l’affitto di mura private, lasciando queste realtà al libero arbitrio dei locatori: un’associazione culturale senza scopo di lucro si tiene in piedi (e nemmeno così facilmente) in una situazione ordinaria, soltanto restando nel pieno delle proprie attività lavorative, grazie a cui paga le utenze, le mura, i dipendenti. In una situazione standard, una scuola di teatro riuscirebbe a pagare parte delle spese e della chiusura estiva con i saggi di fine anno, che quest’anno non sono andati in scena.

Con la fase 2 dell’emergenza Covid-19 è stato dichiarato a gran voce: “Riaprono i teatri”: questo sarà vero, ancora una volta, per le grandi realtà. Quelle più piccole, anche se attive e rilevanti per il territorio, si ritrovano invece in un paradosso in cui non aprire affatto è addirittura più conveniente che ospitare compagnie e organizzare serate applicando tutte le norme sanitarie in vigore.

Un esempio chiaro di queste contraddizioni è l’Accademia di teatro Arcadia una delle realtà più incisive a livello di produttività culturale del territorio. Il suo teatro, la Sala Paolo Poli, è stato inaugurato a Dicembre da Enzo Liberto e Donatella Zapelloni: con soltanto tre mesi di attività a pieno regime e un totale di 60 posti, ha tesserato un totale di mille persone. Se dovesse riaprire attualmente, con la sala ridotta nemmeno a un quinto della sua capienza, l’introito dei biglietti di una serata non servirebbe nemmeno a coprire i costi per organizzarla.

Contemporaneamente sala teatrale e scuola di recitazione, danza e canto, la sala Paolo Poli, così come altre del X Municipio, rimette il suo futuro nella speranza di un aiuto dall’alto, su cui certamente si sta lavorando ma con tempi ancora troppo lunghi, dilatati tra conferenze video e scadenze che si rivelano improduttive. Anche il Bando Franceschini, che prevede 2 milioni di contributi extra FUS, è in realtà un fondo unico diviso equamente tra tutte le associazioni facenti richiesta: ad una singola associazione, in sintesi, entrerà a malapena una mensilità di ricavato perduto.

Considerando che i teatri non ce la faranno per altri mesi, tirare le somme diventa un conteggio sempre più amaro, in cui tra gli strati più feriti del territorio c’è sempre in prima fila quello culturale e artistico.
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