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Omofobia, la Cei: “Contrari a ogni discriminazione” ma “non serve una nuova legge”

10 giugno 2020 | 11:23
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Omofobia, la Cei: “Contrari a ogni discriminazione” ma “non serve una nuova legge”

I vescovi italiani: “Sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione”

Roma – La Commissione Giustizia della Camera dei Deputati è al lavoro per esaminare la proposta di legge contro i reati di omotransfobia, e dalla Conferenza Episcopale Italiana arriva una presa di posizione ferma ma equilibrata. In una nota, diffusa dalla Presidenza della Cei, i vescovi italiani esprimo “preoccupazione” non solo perché “per questi ambiti non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni”.

“Anzi – prosegue la nota dei vescovi -, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui (più che sanzionare la discriminazione) si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte”.

Il testo si apre con una citazione di Papa Francesco:  “Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde” (leggi qui). Parole che mettono “in  fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva. Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una  violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle  parole, nelle azioni e nelle legislazioni”.

Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini. Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute  nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi  con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio“, proseguono i vescovi.

Ad esempio, per la Cei, “sottoporre  a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di  essere, l’esercizio di critica e di dissenso. Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona”.

“Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche – conclude la Cei -, ma disponibilità a un confronto  autentico e intellettualmente onesto. Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto  della persona quanto la democraticità del Paese”.