La Polemica

Da capolavoro del cinema a manifesto razzista: la parabola di “Via col vento”

11 giugno 2020 | 13:41
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La piattaforma streaming statunitense Hbo Max l’ha eliminato dal suo catalogo, tacciandolo di razzismo e anacronismo. Ma è davvero così semplice?

di BIANCA MICHELANGELI

Los Angeles – “Via col vento” è razzista. A deciderlo è stata la piattaforma streaming Hbo Max, figlia dell’omonimo network statunitense, che nei giorni scorsi ha ufficialmente rimosso il titolo dal suo catalogo.

Nell’America in cui infiamma la protesta per la morte di George Floyd, il 46enne afroamericano arrestato a Minneapolis, la mobilitazione è stata, infatti, trasversale, e non poteva non travolgere anche l’industria cinematografica.  Ed è così che “Via col vento”, uscito nelle sale nel 1939 e subito divenuto un grande classico, è stato bollato oggi – a più di ottant’anni dal suo debutto sul grande schermo – come razzista, offensivo e fuori tempo massimo. La sua riabilitazione – ha spiegato Hbo – potrà avvenire solo a fronte di una adeguata contestualizzazione storica e culturale. Ma davvero l’intera questione può essere ridotta ad un aut aut così sbrigativo e superficiale?

La pellicola, che vede protagonisti Clark Gable, Vivien Leigh, Leslie Howard e Olivia de Havilland, rappresenta uno dei più grandi successi del cinema statunitense: nonostante il periodo di grave recessione, infatti, il film incassò cifre da capogiro, ergendosi a indiscutibile pilastro della cultura di massa americana e, poi, di quella occidentale. Quasi nessuno, all’epoca, ebbe granché da ridire sul ruolo affibbiato ad Hattie McDaniel (che, proprio grazie a “Via col vento”, fu la prima afroamericana a vincere un Oscar e ad essere nominata per una categoria di attori): il film, d’altronde, è ambientato nel sud degli Stati Uniti, alla vigilia della guerra civile che abolirà la schiavitù.

Ma “Via col vento” – vale la pena notarlo – offre dell’America del 1861 un’interpretazione distorta, forzatamente idilliaca: quello a cui il regista Victor Fleming ha dato vita è, infatti, un universo in cui la piantagione di cotone e la casa in stile coloniale che la sovrasta rappresentano, per citare Voltaire, il migliore dei mondi possibili, in cui schiavi e proprietari di schiavi convivono quasi amabilmente e la schiavitù stessa è concepita come inevitabile (e, in fin dei conti, persino sopportabile). Che si tratti di un consapevole tentativo di revisionismo storico o meno, poco importa: sta di fatto che “Via col vento” contribuì a plasmare l’immaginario collettivo in maniera decisiva, offrendo agli americani un autoritratto confortevole e confortante, uno specchio in cui potersi guardare senza timore, un’assoluzione definitiva.

Ma merita, per questo, di essere espunto dalla storia del cinema? Probabilmente no. “Via col vento” è, come ogni forma d’arte, figlio del suo tempo: per questo, sarebbe forse più utile lasciarlo lì dov’è, a monito di quel che è stato e di quel che non vogliamo più che sia.

(Il Faro online)