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Lettere al direttore

Covid-19, gli effetti sociali del distanziamento sociale

Il coronavirus ha cambiato il modo in cui ci si relaziona, quasi azzerando la capacità di instaurare rapporti personali.

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Il coronavirus ha cambiato le nostre abitudini, colpendo l’economia; ma ha soprattutto cambiato il modo in cui ci si relaziona, quasi azzerando la capacità di instaurare rapporti personali. Un danno per l’essere umano in generale, ma ancor più per il popolo italiano, che ha la sua caratteristica principale nell’empatia e nel contatto fisico.

Da sempre sto in mezzo alla gente, negli anni ho sempre raccolto suggerimenti, lamentele, speranze e delusioni che i miei concittadini di Fiumicino mi trasferivano, tra un caffè e una chiacchiera. Un modo sano di essere a contatto gli uni con gli altri, di instaurare rapporti umani.

Oggi tutto questo è scomparso. Con la mascherina in volto non ci si riconosce più, il più delle volte nemmeno ci si saluta. E si vive in una costante diffidenza verso l’altro. Niente più sorriso, niente espressioni di approvazione o dissenso se mai capitasse di parlare. Niente più pausa caffè con l’impiegato di banca piuttosto che con il dipendente di un qualunque ufficio. Tutto fermo, bloccato… morto.

Certo la prevenzione deve essere il faro che guida i nostri passi, ma l’essere umano, per essere umano, deve nutrirsi di rapporti interpersonali.

Il rischio concreto non è solo l’allontanamento tra persone, ma quello tra cittadini e istituzioni. Se già prima era difficile parlare con determinati uffici, adesso è diventato un’impresa. E non sto parlando dell’appuntamento preso per la tale ora, ma del normale svolgersi di giornate di lavoro.

E se prima c’era una certa diffidenza nel rivolgersi allo Stato, declinato anche nelle sue forme territoriali, oggi la distanza aumenta la sfiducia. Un danno enorme.

Siamo vittime e carnefici allo stesso tempo, guardati con sospetto dagli altri e poco fiduciosi noi stessi verso il prossimo. Siamo quelli della caccia alle streghe nel momento in cui vediamo qualcuno senza mascherina, ma siamo anche quelli guardati storto se passeggiamo accanto ai nostri familiari in libertà.

Un corto circuito, per superare il quale ci vorrà tempo. Sperando che la diffidenza e l’indifferenza non si radichino troppo in fretta nel tessuto sociale.

Firmato: Mario Russo D’Auria

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