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Il ministro Manfredi in visita all’Irbm di Pomezia: “Investire in ricerca, è il futuro dell’Italia”

7 luglio 2020 | 16:04
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Il ministro Manfredi in visita all’Irbm di Pomezia: “Investire in ricerca, è il futuro dell’Italia”

Manfredi: “Il lavoro della ricerca è necessario per competere a livello mondiale e per fare crescere economicamente e sotto il profilo della competitività il Paese”

Pomezia – L’Irbm di Pomezia, l’azienda che tramite la sua divisione vaccini Advent in questo momento sta mettendo a punto e producendo assieme all’Università di Oxford e alla multinazionale AstraZeneca le dosi per la sperimentazione di Fase 3 del candidato vaccino contro il Coronavirus, ha accolto in visita questa mattina il ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi.

Dopo il tour all’interno dei laboratori e degli impianti del Consorzio nato tra l’Irbm, il Consiglio nazionale delle Ricerche e l’Istituto Superiore di Sanità, che è incaricato dal Mur di manutenere e implementare la Collezione nazionale di composti chimici che è messa a disposizione di tutte le università e i Centri di ricerca italiani, il ministro ha ringraziato per il lavoro svolto tutti i ricercatori e coloro che sono impegnati a più livelli all’interno dell’Irbm.

“Voi siete in prima linea- ha dichiarato Manfredi- in un campo strategico, che è quello della ricerca sui vaccini e sui farmaci, e che rappresenta un volano indispensabile per la crescita competitiva del nostro Paese sia per garantire la sicurezza dell’Italia a livello sanitario sia la crescita economica. So bene quanto il lavoro nella ricerca sia duro e competitivo, ma è anche entusiasmante. Mi auguro che il sostegno del Governo possa essere sufficiente sia per la realtà di Pomezia che per le altre realtà impegnate, per fare in modo che strutture come la vostra abbiano attenzione”.

Il ministro Manfredi ha poi aggiunto a margine della visita: “La ricerca italiana, nei più vari settori, è di qualità e competitività internazionale e vede profuso l’impegno da parte di moltissimi ricercatori. Fino ad oggi c’è stato un sostegno per la ricerca non adeguato. Il lavoro della ricerca è necessario per competere a livello mondiale e per fare crescere economicamente e sotto il profilo della competitività il Paese”.

“Io mi auguro che l’occasione della pandemia, che segna un momento molto difficile per tutto il mondo e per l’Italia, sia anche una opportunità di crescita della consapevolezza da parte di tutti che investire nella ricerca e sui ricercatori significa investire sul nostro futuro. Questo significa benessere, sicurezza e crescita economica, e su questo il Governo è fortemente impegnato e noi cercheremo di fare il massimo e rafforzare il legame tra la ricerca pubblica e le tante iniziative private che rappresentano un punto di forza. Da questa sinergia può nascere molto per tutti noi”.

“Il governo sta lavorando a dei piani di investimento sul rafforzamento dei fondi che saranno alla base di tutte le partnership pubblico-privato e per rafforzare le iniziative di open innovation che garantiranno la possibilità di fare impresa dalle idee innovative. Dobbiamo trasformare il tanto valore che abbiamo nelle nostre università e centri di ricerca in opportunità di nuova impresa e per fare in modo di competere nei settori ad alta tecnologia”, ha concluso Manfredi.

Di Lorenzo (Irbm): “La visita di Manfredi è un’iniezione di entusiasmo”

Molte company nel mondo lavorano al vaccino per contrastare il virus Covid-19 che ha messo in ginocchio molti Paesi e che oggi torna in modo circoscritto a imporre la sua presenza laddove si pensava di averlo debellato. Ma a che punto è il candidato vaccino tra i più promettenti che vede l’ italianissima Irbm insieme all’Università di Oxford e la multinazionale AstraZeneca in campo?

A rispondere alle domande è Piero di Lorenzo, presidente dell’Irbm di Pomezia, a margine della visita all’azienda del ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi: “Il vaccino oggi si trova in fase clinica tre, quella finale, su 10mila volontari sani: metà vengono vaccinati e l’altra metà vengono trattati con un placebo”.

“La prima fase tre è partita in Inghilterra, poi siccome lì fortunatamente sta scemando la curva epidemica, la leader del gruppo, la multinazionale AstraZeneca, ha pensato di far partire lo stesso test di fase tre anche in Brasile e adesso in due paesi africani perché in quelle zone c’e’ maggiore possibilità di verificare anche eventuali possibili variazioni del virus. Pensiamo che questa fase tre brasiliana e inglese possa dare un responso definitivo già entro la fine di settembre”.

“Il presidente di AstraZeneca – prosegue Di Lorenzo – ha sottoscritto un accordo con alcune nazioni europee. Come è noto, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato per l’Italia: in base a questa intesa, il Paese potrà godere di un privilegio in termini temporali. Il vaccino comunqueè per tutti e sarà venduto a un costo industriale, senza alcun aggravio per quanto riguarda la proprietà intellettuale”.

“Attualmente si sta lavorando alla produzione di dosi per la popolazione a rischio, e nell’ipotesi in cui dunque il candidato vaccino dovesse diventare vaccino ci saranno già delle dosi pronte entro la fine dell’anno. Le persone che ne beneficeranno per prime sono quelle delle categorie più esposte, come le forze dell’ordine e il personale sanitario, che potranno accedere alla vaccinazione di massa”.

Infine, una riflessione del presidente dell’Irbm sul valore non solo simbolico ma concreto di questa visita di Manfredi: “Il ministro dell’Università e della Ricerca che viene a trovarci all’Irbm e ai laboratori del Cnccs, il consorzio tra il pubblico e il privato finanziato dal Mur, è una iniezione di entusiasmo per tutti i nostri ricercatori, una gratificazione immensa. Non si tratta di una passerella istituzionale. Per la gente che lavora qui dentro avere avuto il ministro Manfredi in visita è stato un regalo dal punto di vista motivazionale”.

Toniatti (Irbm): “Finanziare la ricerca per essere pronti a combattere i virus”

A fare il punto sulle fasi di sviluppo a cui è arrivato il candidato vaccino contro il coronavirus prodotto dall’italiana Irbm, che lo sta mettendo a punto insieme all’Università di Oxford e alla multinazionale AstraZeneca, è Carlo Toniatti, direttore scientifico dell’Irbm, intervistato dall’agenzia Dire a margine della visita del ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, nella sede dell’azienda di Pomezia.

“Per noi è un onore avere avuto in visita il ministro perché è la testimonianza del valore di quello che stiamo facendo e anche un ottimo momento per la ricerca in Italia – ha detto -. Oggi c’è consapevolezza da parte di tutti che la ricerca è una risorsa per il Paese, quindi probabilmente bisognerebbe investire di più e cercare di anticipare problemi come quelli causati dal Sars-Cov-2″.

“Questo si può fare solo investendo, e in Italia non siamo maestri da questo punto di vista. Mi rendo conto della situazione economica, però è assolutamente da fare per sostenere le ricerche innovative ed essere competitivi in un mondo che va avanti in questo campo. Il rischio altrimenti è quello di rimanere indietro”.

Il vaccino ora è in fase di sperimentazione avanzata – prosegue Toniatti – e prevede test su circa 20mila persone. Non sappiamo ancora quali saranno i risultati, siamo ottimisti ma dobbiamo comunque aspettare i dati che arriveranno entro settembre. In quel momento sapremo quanto il vaccino funziona e qual è la percentuale di persone che rimangono immunizzate. Queste sono le due domande a cui questo trial deve rispondere”.

Non so se il virus scomparirà – precisa il direttore scientifico di Irbm-. C’è una discussione scientifica in atto, personalmente credo che scomparirà. In ogni caso eviterei di dare troppe speranze da questo punto di vista. Se il vaccino non dovesse servire più non sarebbe utilizzabile per altre famiglie di coronavirus. Un po’ come quello che successe per la Sars, anche se era un virus diverso e fu contenuto molto bene. Rimase localizzato, e il vaccino non fu mai usato”.

“Da qui nasce l’esigenza di ricerche per trovare inibitori di futuri coronavirus – conclude Toniatti parlando con la Dire -. Si potrebbe cominciare a pensare a inibitori in grado di debellare tutti i coronavirus, ma per questo occorrono fondi e investimenti. Bisogna essere pronti a lavorare per combattere l’eventuale Covid del 2030“. (Fonte: Agendia DIRE).