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Da cuoco a lavavetri: la storia di Vincenzo, ridotto sul lastrico dal coronavirus

14 luglio 2020 | 08:30
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Da cuoco a lavavetri: la storia di Vincenzo, ridotto sul lastrico dal coronavirus

E’ da quando ha perso il lavoro che Vincenzo, 52 anni e una famiglia di cinque persone da mantenere, aspetta di ricevere una qualche forma di sostegno economico: ma sopravvivere diventa ogni giorno più difficile

Fiumicino – Sono quasi quattro mesi che Vincenzo Ritondale, cinquantadue anni e due figli, non sa più come tirare avanti. E’ da quando ha perso il lavoro ad aprile, infatti, che Vincenzo aspetta di ricevere una qualche forma di sostegno economico: ma, nonostante i suoi sforzi, sopravvivere diventa ogni giorno più difficile.

“Il mio contratto di lavoro da cuoco – racconta Vincenzo a ilfaroonline.it – è scaduto il 10 aprile, in pieno lockdown. Logicamente, non mi è stato rinnovato. Ma il Comune di Fiumicino mi aveva assicurato che, dopo la fine dell’emergenza, mi avrebbe aiutato a rimettermi in piedi. Nel frattempo, quindi, la mia famiglia ed io abbiamo tirato avanti grazie ai pacchi alimentari, fiduciosi di poter presto contare sui vari bonus di cui avevamo fatto richiesta”.

“Purtroppo, però, la realtà è stata ben diversa: dopo mesi di attesa, del bonus affitto richiesto a marzo non c’è alcuna traccia, e io non so davvero come pagare tutte le bollette che, nel frattempo, si sono accumulate. Al momento conto circa 2000 euro di debiti ma, se le cose non cambiano, presto saranno molti di più. In cinque mesi ho ricevuto 300 euro di cassa integrazione di marzo e 250 euro di schede per la spesa dal Comune: parliamo di 550 euro, esattamente 110 euro al mese per una famiglia di cinque persone“.

Vincenzo, che ha sempre lavorato duramente, è ora costretto a lavare i vetri delle automobili ai semafori di Fiumicino. “In qualche modo devo pur sopravvivere – spiega -. Al Comune dicono che non possono fare più di così, e io sono davvero sull’orlo della disperazione. Continuano a ripetermi che devo essere paziente, ma sono cinque mesi che aspetto. Qualche giorno fa, di fronte casa mia, a via Oder, un povero ragazzo si è suicidato perché non trovava lavoro (leggi qui). E io che ho 52 anni che cosa dovrei fare?”.

“Senza contare poi che mio nipote, il piccolo di casa, soffre di una leggera forma d’autismo che necessita di cure e terapie specifiche, fondamentali per il benessere del bambino e che sono tutte a spese nostre, almeno finché l’Inps non si deciderà a visitarlo e ad assegnargli la 104. E mia figlia, che è una ragazza madre, aspetta da novembre il bonus bebè di cui avrebbe pienamente diritto. Insomma, non sappiamo più che fare”.

Nessuno, né dalla maggioranza né dall’opposizione, si è fatto avanti per aiutarci – continua Vincenzo -. Dicono di avere a cuore le famiglie di Fiumicino ma poi, all’atto pratico, non fanno niente per sostenerci. L’unica persona su cui ho potuto contare è Stefano Costa che, soprattutto durante il periodo di lockdown, mi è rimasto sempre vicino: e dico come uomo, non come politico”.

“Da un mese e mezzo, comunque, sono finiti anche i pacchi alimentari, e io non so più come dar da mangiare alla mia famiglia. I 250 euro (di cui, tra l’altro, devo far richiesta ogni mese) del Comune di certo non bastano a sfamarci, e quello che tiro su come lavavetri ci consente di vivere alla giornata, niente di più. Abbiamo bisogno di aiuto, abbiamo bisogno di risposte, abbiamo bisogno di poter ricominciare a respirare“.
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