Il Fatto

“Shoah Party”, sevizie sui bambini nella chat degli orrori: indagini anche nel Lazio

17 luglio 2020 | 20:42
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“Shoah Party”, sevizie sui bambini nella chat degli orrori: indagini anche nel Lazio

I bambini riprodotti nei video venivano torturati, fino all’uccisione a volte. Violenze perpetrate da adulti su minori, alle quali i membri della chat potevano assistere, anche a richiesta, pagando dei Bitcoin

Roma – Il nucleo investigativo del comando provinciale di Siena, coordinato dalla Procura dei Minori di Firenze ha scoperto una “chat degli orrori”, nell’ambito dell’operazione “Delirio” che aveva avuto primi riscontri già nell’ottobre scorso quando gli investigatori erano risaliti a 25 persone, diciannove minorenni di età compresa tra i 13 e i 17 anni e sei maggiorenni di 18 e 19 anni, accusati di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico e istigazione a delinquere.

Un’inchiesta che ha coinvolto ben 13 province e 9 regioni, non solo la Toscana, ma la Val d’Aosta, il Piemonte, il Lazio, la Lombardia, l’Emilia Romagna, la Campania, la Puglia e la Calabria.

In questa seconda fase di indagine gli investigatori sono risaliti ai due autori del gruppo WhasApp, due giovani di 17 anni (leggi qui) che avevano creato un gruppo per gioco. Un gioco che è scappato loro di mano per diventare una chat di torture e violenze sessuali sul dark web, lo “Shoah Party”. Un gruppo WhasApp che i carabinieri di Siena avevano scoperto già mesi fa grazie alla denuncia di una madre rimasta scioccata dalle immagine rinvenute sul telefono del figlio e continuate anche in questi mesi fino a risalire agli artefici.

Uno dei due è stato già sentito, due giorni fa, dagli investigatori. Il 17enne appassionato di fisica quantistica voleva creare una chat di svago. Doveva essere un modo per divertirsi con gli amici. Quel gioco, però, ha preso una brutta piega. E quando il 17enne ha iniziato a vedere, dallo scorso anno, che altri componenti del gruppo aggiungevano immagini di torture e stupri di gruppo su bambini il giovane ha ritenuto bastasse cancellare per non essere coinvolto, non ha pensato di uscire dal gruppo.

Il giovane ha raccontato di non conoscere tutti i componenti di quel gruppo, molti per lui erano solo dei nick.
Ma le indagini svolte hanno portato alla luce risvolti assurdi. I bambini riprodotti nei video venivano torturati, fino all’uccisione a volte. Violenze perpetrate da adulti su minori, alle quali i membri della chat potevano assistere, anche a richiesta, pagando dei Bitcoin. Tutto si sarebbe consumato in vere e proprie stanze delle torture, “Red Room”, che gli investigatori, impegnati ancora in indagini che diano risposte certe in merito a questi e altri aspetti, collocano nel sud est asiatico.