Strage di via D’Amelio, Mattarella: “A distanza di anni non si attenuano dolore e sdegno”
“La figura del giudice Borsellino continuerà a indicare ai magistrati, ai cittadini, ai giovani la via del coraggio, dell’intransigenza morale, della fedeltà autentica ai valori della Repubblica”
Roma – “Il 19 luglio del 1992 una terribile esplosione in via D’Amelio a Palermo spezzava la vita di Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Desidero ricordarli, rinnovando vicinanza e partecipazione al lutto inestinguibile delle loro famiglie”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una dichiarazione per il 28 anni dalla strage in cui a Palermo morirono il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta.
Il capo dello Stato sottolinea come “a distanza di tanti anni non si attenuano il dolore, lo sdegno e l’angoscia per quell’efferato attentato contro un magistrato simbolo dell’impegno contro la mafia, che condivise con l’amico inseparabile Giovanni Falcone ideali, obiettivi e metodi investigativi di grande successo”. “Borsellino – ricorda Mattarella – rappresentava, con la sua personalità e i suoi comportamenti, tutto ciò che la mafia e i suoi accoliti detestano e temono di più: coraggio, determinazione, incorruttibilità, senso dello Stato, conoscenza dei fenomeni criminali, competenza professionale”.
“Accrescevano la sua fama di magistrato esemplare la semplicità e la capacità di fare squadra, lontano da personalismi e desideri di protagonismo. Vi si aggiungeva la ferma volontà di andare avanti, di non arrendersi anche di fronte a rischi, ad attacchi, a incomprensioni e ostilità”, aggiunge il presidente della Repubblica. “Sono – dice ancora – particolarmente vicino ai figli di Paolo Borsellino in questa triste ricorrenza. Come sperimentano quotidianamente, nulla può colmare una perdita così grave”.
“La limpida figura del giudice Borsellino – che affermava, che chi muore per la legalità, la giustizia, la liberazione dal giogo della criminalità, non muore invano – continuerà a indicare ai magistrati, ai cittadini, ai giovani la via del coraggio, dell’intransigenza morale, della fedeltà autentica ai valori della Repubblica”, conclude Mattarella.
Il messaggio del Presidente del Senato
“Ventotto anni fa, nella strage mafiosa di via D’Amelio perdeva la vita, assieme agli uomini della scorta, il giudice Paolo Borsellino. Un magistrato martire della fede nella giustizia che ha cambiato per sempre la storia della Sicilia e dell’Italia”, dichiara il presidente del Senato Elisabetta Casellati.
“I valori per cui Borsellino si è battuto fino all’estremo sacrificio oggi più che mai ci ricordano che lottare contro le mafie significa difendere la nostra società – aggiunge Casellati – . Dopo l’emergenza sanitaria i clan sono pronti a fare da banca per aziende in crisi e da ufficio di collocamento per chi perde il lavoro. Un rischio che lo Stato non può e non deve permettere”.
Bonafede: “La guerra alla mafia non deve conoscere fine”
“È una vera e propria guerra, che non deve conoscere pause nella consapevolezza che la mafia si è evoluta e ci pone di fronte a sfide sempre nuove: dalla lotta alla corruzione (strumento principale con cui le mafie si infiltrano nel tessuto economico del paese) al voto di scambio politico mafioso; dalla necessaria legge sull’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario – anche a difesa del regime detentivo previsto dall’art. 41 bis (fondamentale nella interruzione di ogni rapporto tra il mafioso e l’associazione criminale) – alla ricerca della verità sulle stragi e dei responsabili non ancora individuati”. Così il Guardasigilli, Alfonso Bonafede, in un post su Facebook.
“È una guerra da portare avanti tutti insieme – aggiunge Bonafede – compatti: politici, magistrati, avvocati, giornalisti, docenti e, in generale, tutti i cittadini, ogni giorno, ciascuno nel proprio ruolo, con le istituzioni in prima linea”.
“Il popolo siciliano reagì con forza, scese per strada per urlare con rabbia e dolore che la Sicilia non si sarebbe mai arresa alla mafia. Davanti a quelle immagini atroci, tutto il popolo italiano si sentì unito nel percorrere l’unica strada possibile: la lotta alla mafia senza quartiere. Una lotta che, come ci ha insegnato Paolo Borsellino, deve essere anche culturale, contro ogni genere di comportamento, parola o silenzio complice di un fenomeno, quello mafioso, che deve essere condannato come il peggiore dei mali possibili”, sottolinea il ministro della Giustizia.
“Anche lo Stato ha reagito ma purtroppo non è sempre stato all’altezza del suo popolo, a cominciare dal fatto che non è stato in grado di proteggere i propri servitori. Questa consapevolezza – spiega Bonafede – oggi deve servire a non abbassare la guardia, nemmeno per un istante”.
Provenzano: “Desecretare le carte”
“E’ importante che le istituzioni desecretino le carte di quegli anni, per contribuire a ricostruire i pezzi di verità che mancano”. E’ quanto chiede il ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, arrivato in via D’Amelio per commemorare Paolo Borsellino. “Sono qui per la prima volta in veste istituzionale, ma venivo sempre da cittadino, da quando ero piccolo, per ricordare il giudice Paolo Borsellino”, ha spiegato. Ad accoglierlo il Prefetto Giuseppe Forlani e il sindaco Leoluca Orlando. “Questa è una celebrazione particolare che non si limita a ricordare ma rinnova ogni anno un impegno, di lotta alla mafia per lo sviluppo e anche la verità. Quel pezzo di verità che manca va ricercato”. “I magistrati di Caltanissetta indagano e nuove carte vengono desecretate – dice – bisogna andare avanti nella ricerca della verità”.
Quindi il monito: “Quello tra mafia e potere pubblico è un legame antico , anche negli appalti. E noi abbiamo il dovere di interrompere questo circolo vizioso”. “Siamo stati molto attenti in questo passaggio nelle procedure per gli investimenti a garantire, con il lavoro prezioso del ministro Lamorgese il più efficace controllo di legalità – dice – questa è una sfida per le istituzioni”. (fonte Adnkronos)