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Sepoltura Manzù, il Tar “boccia” il Comune di Ardea

31 luglio 2020 | 11:10
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Sepoltura Manzù, il Tar “boccia” il Comune di Ardea

Il maestro Manzù potrà lasciare Ardea e ricongiungersi con l’amata Inge.

Ardea – Il maestro Giacomo Manzù potrà lasciare Ardea e ricongiungersi con l’amata Inge. E’ una vicenda lunga, che vede da una parte gli eredi dell’artista chiedere di poter ricongiungere la salma con la moglie, dall’altra la comunità locale che vorrebbe proseguire a custodire le spoglie mortali di Giacomo Manzù.

La vicenda è di per sé delicata, perché vede contrapposti, non solo in termini di diritto, le sensibilità di un’intera comunità da una parte e dei familiari più stretti del defunto dall’altra. Ma è proprio di “diritto” che si deve parlare, e dei comportamenti amministrativi di un Ente comunale, soprattutto nel momento in cui tutto viene vagliato da giudici amministrativi, come nel caso del Tar.

Dunque, con sentenza n.02865/2020, pubblicata il 30 luglio 2020, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), ha ordinato “al Comune di Ardea di provvedere sull’istanza dei ricorrenti”. In mancanza di una celere ottemperanza alla disposizione, interverrà un Commissario “ad acta”, già individuato nell’ambito del Ministero dell’Interno.

Non solo, ma ha anche disposto il passaggio della sentenza alla Corte dei Conti per i provvedimenti del caso.

Fin qui la notizia, che non mancherà di suscitare dibattito. Ma facciamo un po’ di storia.

Manzù, la diatriba

Il Tar è stato chiamato in causa dagli eredi di Manzù, contro l’amministrazione comunale di Ardea, in quanto “silente” – così lo definiscono i giudici amministrativi – rispetto alla richiesta di estumulazione della salma per un trasferimento in altra sede cimiteriale e una successiva cremazione.

Il Comune, sull’onda di un sentimento popolare, ha chiesto ai familiari di ripensare a questa decisione, a più riprese. Anche facendo la controproposta di trasferire accanto al maestro la moglie Inge.

La volontà della famiglia, però, non è mai andata in questa direzione, e a più riprese ha insistito sulla necessità di riavere il proprio caro, per dare corpo alle disposizioni testamentarie nelle quali entrambi esprimevano il desiderio di essere sepolti vicini, presso la casa familiare di Colle Manzù.

A quel punto la diatriba è diventata amministrativa. Il Comune di Ardea ha chiesto agli eredi di produrre copia autentica delle disposizioni testamentarie e si è sostanzialmente dichiarato incompetente a dare questo tipo di autorizzazione, in quanto il decesso avvenuto ad Aprilia (in altro comune, dunque) e la residenza fosse registrata a Roma.

Nel frattempo il carteggio giuridico/amministrativo è andato avanti fino alla data del 20 giugno 2019, quando – come dicono i giudici – “il Comune rimaneva silente senza più nulla comunicare”

E’ stato in seguito a questo blackout che i familiari di Manzù si sono rivolti al Tar, censurando l’inerzia del Comune di Ardea e denunciando la violazione del diritto insindacabile di disporre della salma e dei resti mortali del proprio padre.

E il Tar ha chiarito che la responsabilità della custodia della salma, ospitata presso il territorio di Ardea dal 1992, rende il Comune titolare delle autorizzazioni: “qualunque sia stata la residenza del defunto o la località del suo decesso – scrivono i giudici – se la salma è ospitata presso il territorio di un Ente locale diverso, è comunque il Comune ospite che deve provvedere sulla richiesta di traslazione dei resti mortali, su richiesta degli aventi diritto”.

Insomma, il Comune di Ardea non può “chiamarsi fuori” dalla questione, né può trasgredire i temi di legge. Quest’ultima questione ha dato luogo ad una nuova controversia “tecnica”, in quanto in un’unica domanda fatta al Comune, gli eredi Manzù chiedevano sia l’estumulazione che l’autorizzazione al trasporto e la cremazione della salma.

Anche qui, un guazzabuglio. Il Comune ha risposto solo a una delle due domande, peraltro posposte sul documento in termini logici (si chiedeva “prima” l’autorizzazione alla cremazione). Ma il Tar ha chiarito anche questo aspetto: “le due attività (cremazione e trasporto della salma) restano giuridicamente (e fattualmente) distinte, essendo oggetto di separate autorizzazioni”, tanto che il diniego all’una non implica necessariamente il diniego all’altra (essendo comunque possibile trasportare i resti non cremati, da un cimitero a un altro).

Alla fine il Tar non solo ha ordinato al Comune di provvedere alla richiesta dei ricorrenti nei termini di legge, ma ha anche disposto la trattazione della domanda di risarcimento danni ad una pubblica udienza il 3 marzo 2021. Condannando il Comune anche al pagamento delle spese di lite, quantificate in 2.500 euro. Una bazzecola, in realtà, rispetto a ciò che potrebbe abbattersi sulle casse comunali il prossimo anno se si dimostrasse che questi ritardi, oltre all’aspetto intimo e personale dei familiari, abbiano prodotto un danno all’immagine stessa del maestro nel mondo.