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La storia di Vittorio, l’artigiano di Acilia a cui la burocrazia ha tolto tutto

2 agosto 2020 | 14:21
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La storia di Vittorio, l’artigiano di Acilia a cui la burocrazia ha tolto tutto

Vittorio, cinquant’anni, non lavora più: ai cancelli dei suoi capannoni sono stati messi dei lucchetti e presto sarà costretto ad andar via. Ma perché?

Ostia – Vittorio Tominic ha cinquant’anni. Sin da quando ne aveva sette, però, lavora come fabbro in via di Macchia Saponara, ad Acilia.

Alla morte del padre, infatti, Vittorio ha preso in mano le redini dell’attività di famiglia, rendendola ancora più grande e importante: ha assunto una decina di persone, spesso con un passato difficile, e ha insegnato loro un mestiere, offrendo a molti la possibilità di un riscatto economico e sociale. Vittorio è diventato, in breve, un punto di riferimento per l’intero quartiere.

Ma da settembre 2019, e quindi da oltre dieci mesi, Vittorio non lavora più: ai cancelli dei suoi capannoni sono stati messi dei lucchetti e, nonostante i suoi tentativi di stabilire un dialogo con le istituzioni, presto sarà costretto ad andar via.

Perché? Questa è la domanda che, ogni giorno da ormai molti anni, Vittorio Tominic pone a sé stesso e agli enti con cui prova a mettersi in contatto. E alla quale non ha ancora ricevuto una vera risposta, nonostante le numerose vicende giudiziarie di cui è stato protagonista.

Partiamo dall’inizio. “È il settembre del 1993 – spiega Maria Letizia Rosati, legale di Vittorio Tominic, a ilfaroonline.it – quando l’area di circa 3000 metri quadri su cui si svolge l’attività di lavorazione di ferro e alluminio del signor Tominic diviene ufficialmente di sua proprietà per diritto di usucapione. Nel gennaio del 1995, poi, Tominic presenta un’istanza di condono del capannone di circa 350 metri quadri che ha costruito su quel terreno, pagando oltre diecimila lire”.

“Intanto, nel 2004 – continua l’avvocato Rosati – viene approvato il Programma di Recupero Urbano (Pru) di Acilia e Dragona che, però, non tiene conto dell’area di proprietà di Tominic, e lo considera erroneamente un occupante abusivo: quando la mano destra non sa quello che fa la sinistra, direbbe qualcuno. Ed è a questo punto che, per il signor Tominic, iniziano i guai: nel 2008, dopo ben tredici anni (e nonostante il silenzio-assenso maturato dopo due anni dalla presentazione della domanda), l’istanza di condono viene infatti rigettata perché ritenuta inesatta e non fedele alla realtà. Nel febbraio 2012 il Tar del Lazio dà ragione al signor Tominic, annullando il diniego del condono e il conseguente divieto di svolgere l’attività lavorativa presso il capannone che, a quel punto, risultava sanato: ma, due anni più tardi, il Consiglio di Stato accoglie gli appelli di Roma Capitale e annulla le sentenze del Tar”.

“Un iniziale vizio di forma – prosegue Rosati – ha dunque comportato il susseguirsi di una serie di azioni legali che hanno inevitabilmente sconvolto la vita di Vittorio Tominic. Non solo, com’è ovvio, dal punto di vista economico, ma anche e soprattutto da quello emotivo. Tominic, che è padre di cinque figli e assiste l’anziana madre invalida, si è infatti ritrovato a non poter più lavorare, oltre che a dover trascorrere le sue giornate in tribunale nel vano tentativo di difendere ciò che è indiscutibilmente suo”.

“Naturalmente, l’errore di valutazione commesso è costato caro anche alle dieci famiglie che vivevano grazie al lavoro offerto dal signor Tominic, che a settembre 2019, dopo l’apposizione dei lucchetti, si è visto costretto ad interrompere definitivamente l’attività e a licenziare i suoi dipendenti”.

“Ora – dice l’avvocato – il Comune di Roma vorrebbe demolire i capannoni, ma non si sa come né quando, visto che prima il signor Tominic dovrebbe rilocare la sua attività e portar via macchinari che pesano tonnellate e che, quindi, non possono essere trasferiti con facilità né a poco prezzo. Demolire strutture come quelle che ospitano l’attività di Tominic, che è sostanzialmente una piccola industria (e di certo non il capannone di un fabbro improvvisato), significa, oltretutto, spendere migliaia e migliaia di euro: tutti soldi pubblici che potrebbero essere tranquillamente risparmiati, se solo gli enti di competenza si decidessero ad invertire la rotta e a venirci incontro”.

“Chiediamo solo di restituire un po’ di dignità e giustizia ad una persona, Vittorio Tominic, che ha sempre lavorato duramente e con onestà, rendendosi parte attiva della sua comunità e diventando un faro di speranza per tanti giovani e meno giovani che avevano bisogno di una seconda possibilità. Dopo tanti anni, il signor Tominic merita un po’ di pace e tranquillità”, conclude Rosati.
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