“Nelle difficoltà non vergogniamoci di bussare al cuore di Dio e dire: ‘Signore, salvami!'”

9 agosto 2020 | 13:38
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Il Papa all’Angelus: “Avere fede vuol dire, in mezzo alla tempesta, tenere il cuore rivolto a Dio, al suo amore, alla sua tenerezza di Padre”

di FABIO BERETTA

Città del Vaticano – “Quando sentiamo forte il dubbio e la paura ci sembra di affondare, nei momenti difficili della vita, dove tutto diventa buio, non dobbiamo vergognarci di gridare, come Pietro: ‘Signore, salvami!’. Bussare al cuore di Dio, al cuore di Gesù: ‘Signore, salvami!'”.

E’ l’invito che rivolge Papa Francesco ai tanti fedeli che, sfidando le alte temperature di agosto, invadono una rovente piazza San Pietro per la preghiera dell’Angelus. Commentando il brano del Vangelo odierno, dove si racconta di Gesù che cammina sulle acque agitate dalla tempesta (cfr Mt 14,22-33), il Pontefice argentino sottolinea come questo racconto sia “un invito ad abbandonarci con fiducia a Dio in ogni momento della nostra vita, specialmente nel momento della prova e del turbamento”.

“E il gesto di Gesù, che subito tende la sua mano e afferra quella del suo amico, va contemplato a lungo: Gesù è questo, Gesù fa questo, Gesù è la mano del Padre che mai ci abbandona; la mano forte e fedele del Padre, che vuole sempre e solo il nostro bene”, spiega il Pontefice.

Dio non è il grande rumore, Dio non è l’uragano, non è l’incendio, non è il terremoto, come ricorda oggi anche il racconto sul profeta Elia; Dio è la brezza leggera che non si impone ma chiede di ascoltare.

“Avere fede – fa notare il Papa – vuol dire, in mezzo alla tempesta, tenere il cuore rivolto a Dio, al suo amore, alla sua tenerezza di Padre. Gesù, questo voleva insegnare a Pietro e ai discepoli, e anche a noi oggi. Nei momenti bui, nei momenti di tristezza, Lui sa bene che la nostra fede è povera – tutti noi siamo gente di poca fede, tutti noi, anch’io, tutti (aggiunge a braccio, ndr) – e che il nostro cammino può essere travagliato, bloccato da forze avverse”.

“Ma Lui è il Risorto! Non dimentichiamo questo: Lui è il Signore che ha attraversato la morte per portarci in salvo. Ancora prima che noi cominciamo a cercarlo, Lui è presente accanto a noi. E rialzandoci dalle nostre cadute, ci fa crescere nella fede. Forse noi, nel buio, gridiamo: ‘Signore! Signore!’, pensando che sia lontano. E Lui dice: ‘Sono qui!’. Ah, era con me! Così è il Signore”, aggiunge Francesco.

Che conclude: “La barca in balia della tempesta è immagine della Chiesa, che in ogni epoca incontra venti contrari, a volte prove molto dure: pensiamo a certe lunghe e accanite persecuzioni del secolo scorso, e anche oggi, in alcune parti. In quei frangenti, può avere la tentazione di pensare che Dio l’abbia abbandonata. Ma in realtà è proprio in quei momenti che risplende maggiormente la testimonianza della fede, la testimonianza dell’amore, la testimonianza della speranza. È la presenza di Cristo risorto nella sua Chiesa che dona la grazia della testimonianza fino al martirio, da cui germogliano nuovi cristiani e frutti di riconciliazione e di pace per il mondo intero”.

Dopo la benedizione, un appello affinché il mondo cessi la corsa agli armamenti nucleari (leggi qui): “Il 6 e il 9 agosto del 1945, 75 anni fa, avvennero i tragici bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Mentre ricordo con commozione e gratitudine la visita che ho compiuto in quei luoghi lo scorso anno, rinnovo l’invito a pregare e a impegnarsi per un mondo totalmente libero da armi nucleari”. Infine, l’immancabile saluto: “A tutti voi auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”.

(Il Faro online)