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Razzismo negli Usa, Trump: “La violenza a Portland si ferma solo con la forza”

31 agosto 2020 | 11:15
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Sabato notte un morto, dopo gli scontri esplosi tra i manifestanti del movimento Black Lives Matter e i sostenitori pro Trump arrivati in città a bordo di centinaia di furgoni e pickup.

Washington – Portland, in Oregon è sempre più campo di battaglia. Da tre mesi, da quando è montata l’onda delle proteste antirazziste per la morte di George Floyd, la città della West Coast statunitense è teatro di disordini. Sabato notte però c’è scappato il morto, dopo gli scontri esplosi tra i manifestanti del movimento Black Lives Matter e i sostenitori pro Trump arrivati in città a bordo di centinaia di furgoni e pickup.

Un corteo che ha invaso le strade del centro e organizzato da diverse organizzazioni, alcune di estrema destra. L’ira del presidente americano, che da settimane invoca l’invio della Guardia Nazionale a Portland, esplode su Twitter: “L’unico modo per riportare l’ordine e fermare la violenza in città guidate dalla sinistra come Portland è la forza!“. “Così il presidente istiga alla violenza”, la risposta del sindaco di Portland Ted Wheleer, per il quale Trump porta avanti “una campagna di paura e antidemocratica”.

E’ proprio ad un gruppo ultraconservatore e di estrema destra, quello dei Patriot Prayer, che apparteneva la vittima della scorsa notte, colpita al petto da un proiettile. Per lui non c’è stato scampo, morto sul colpo. Dalle prime ricostruzioni gli spari sarebbero iniziati dopo che dalla carovana di pickup dei sostenitori del presidente Trump sarebbe partita verso i manifestanti in strada una raffica di proiettili alla vernice. In risposta verso i veicoli sarebbe partito un fitto lancio di oggetti, pietre, bottiglie, bidoni della spazzatura.

A un certo punto la tragedia, di cui sia sta tentando di ricostruire la dinamica per individuare i responsabili. Ad indagare insieme alle forze dell’ordine locali anche gli agenti dell’Fbi. Ma la vera preoccupazione ora è che la situazione di Portland, già da settimane degenerata, possa finire del tutto fuori controllo, con una vera e propria guerra tra fazioni opposte.

Così, a due mesi dalle elezioni presidenziali del 3 novembre, la campagna elettorale rischia di raggiungere livelli di tensione mai visti nella storia americana recente. Del resto i fatti di Portland arrivano nel momento in cui il Paese è’ attraversato da una nuova ondata di proteste contro il razzismo e la polizia violenta. A innescarla il caso di Jacob Blake a Kenosha, in Wisconsin.

Qui martedì si recherà Donald Trump: ma, almeno stando all’agenda ufficiale finora diffusa dalla Casa Bianca, non per incontrare la famiglia dell’afroamericano a cui un agente ha sparato sette colpi di pistola alla schiena, ma per portare solidarietà alle forze dell’ordine. Quei “poliziotti eroi” impegnati nel contrastare il piano di anarchici e antifa il cui obiettivo, a dire del tycoon, è quello di mettere a ferro e fuoco le città americane e di farlo perdere nelle urne.

Il presidente non dovrebbe venire a Kenosha, non è quello di cui abbiamo bisogno in questo momento“, ha commentato il governatore del Wisconsin Mandela Barnes, secondo cui la presenza del tycoon rischia di alimentare ulteriormente le tensioni. “Se eletto presidente non userò mai la Guardia nazionale per motivi politici o di vendetta personale. Questo non è ‘law and order’, questo è usare l’esercito come una milizia privata violando i diritti dei cittadini”, il commento del candidato democratico alla Casa Bianca Joe Biden. E l’America, in attesa dell’Election Day, si appresta a vivere il suo autunno caldo. (fonte Ansa, foto Ansa)