Il Papa racconta come è nata la Laudato si’: “All’inizio non capivo nulla. Mi sono convertito”

3 settembre 2020 | 18:00
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Il Papa racconta come è nata la Laudato si’: “All’inizio non capivo nulla. Mi sono convertito”

In Vaticano l’udienza a un gruppo di giovani laici francesi impegnati sui temi dell’ecologia, il Pontefice: “Dobbiamo lavorare sull’ecologia della tenerezza: solo così l’umanità andrà avanti”

di FABIO BERETTA

Città del Vaticano – “All’inizio non capivo nulla”, poi “ho avuto un percorso di conversione, di comprensione del problema ecologico“. Parlando a braccio a un gruppo di giovani ambientalisti francesi, Papa Francesco racconta la genesi della Laudato si’, l’enciclica sull’ambiente (clicca qui). “Vorrei incominciare con un pezzo di storia”, dice il Pontefice dopo aver consegnato il discorso preparato per l’occasione (clicca qui per leggere).

“Nel 2007 c’è stata la Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano in Brasile, ad Aparecida. Io ero nel gruppo dei redattori del documento finale, e arrivavano proposte sull’Amazzonia. Io dicevo: ‘Ma questi brasiliani, come stufano con questa Amazzonia! Cosa c’entra l’Amazzonia con l’evangelizzazione?’. Questo ero io nel 2007. Poi, nel 2015 è uscita la Laudato si’. Io ho avuto un percorso di conversione, di comprensione del problema ecologico. Prima non capivo nulla!”, confida.

Bergoglio racconta poi della sua visita a Strasburgo, nel novembre 2014, quando visitò il Parlamento Europeo e il Consiglio d’Europa: in quell’occasione ebbe un dialogo col ministro dell’Ambiente francese, Ségolène Royale, che domandò: “E’ vero che Lei sta scrivendo qualcosa sull’ecologia? – c’était vrai! – Per favore, la pubblichi prima dell’incontro di Parigi!”.

“Io ho chiamato l’equipe che la stava facendo – perché voi sappiate che questa non l’ho scritto io di mio pugno, è stata un’équipe di scienziati e teologi, e tutti insieme abbiamo fatto questa riflessione –, chiamai questa équipe e dissi: ‘Questo deve uscire prima dell’incontro di Parigi’ – ‘Ma perché?’ – ‘Per fare pressione’. Da Aparecida a Laudato si’ per me stato un cammino interiore”, continua il Papa.

“Quando ho incominciato a pensare a questa Enciclica, chiamai gli scienziati e ho detto loro: ‘Ditemi le cose che sono chiare e che sono provate e non ipotesi, le realtà’. E loro hanno portato queste cose che voi oggi leggete lì. Poi, chiamai un gruppo di filosofi e teologi e dissi loro: ‘Io vorrei fare una riflessione su questo. Lavorate voi e dialogate con me’. E loro hanno fatto il primo lavoro, poi sono intervenuto io. E, alla fine, la redazione finale l’ho fatta io. Questa è l’origine”, confida ancora il Pontefice.

Che precisa: “Ma voglio sottolineare questo: dal non capire nulla, ad Aparecida, nel 2007, all’Enciclica. Di questo mi piace dare testimonianza. Dobbiamo lavorare perché tutti abbiano questo cammino di conversione ecologica”.

“Eliminare l’immagine degli indios solo con le frecce”

Poi una parentesi sul Sinodo per l’Amazzonia (leggi qui). Francesco ricorda la sua visita in Per, quando a Puerto Maldonado parlò con i rappresentati delle tante culture indigene dell’Amazzonia: “Poi ho pranzato con 14 capi loro, tutti con le piume, vestiti come da tradizione. Parlavano con un linguaggio di saggezza e di intelligenza molto alto! Non solo di intelligenza, ma di saggezza”.

papa“E poi domandai: ‘E lei cosa fa?’ – ‘Io sono professore all’università’. Un indigeno che lì portava le piume, ma all’università andava in borghese. ‘E lei signora?’ – ‘Io sono la responsabile del ministero dell’educazione di tutta questa regione’. E così, uno dopo l’altro. E poi una ragazza: ‘Io sono studentessa di scienze politiche’. E qui ho visto che era necessario eliminare l’immagine degli indigeni che noi vediamo soltanto con le frecce“, racconta.

Ho scoperto, fianco a fianco, la saggezza dei popoli indigeni, anche la saggezza del “buon vivere”, come lo chiamano loro. Il ‘buon vivere’ non è la dolce vita, no, nel dolce far niente, no. Il buon vivere è vivere in armonia con il creato. E questa saggezza del buon vivere noi l’abbiamo persa – ammonisce il Papa -. I popoli originari ci portano questa porta aperta. E alcuni vecchi dei popoli originari dell’Ovest del Canada, si lamentano che i loro nipoti vanno in città e prendono le cose moderne e dimenticano le radici. E questo dimenticare le radici è un dramma non solo degli aborigeni, ma della cultura contemporanea”.

“E così, trovare questa saggezza che forse noi abbiamo perso con troppa intelligenza. Noi – è peccato – siamo ‘macrocefali’: tante nostre università ci insegnano idee, concetti… Siamo eredi del liberalismo, dell’illuminismo… E abbiamo perso l’armonia dei tre linguaggi. Il linguaggio della testa: pensare; il linguaggio del cuore: sentire; il linguaggio delle mani: fare“, sottolinea Bergoglio.

“E portare questa armonia, che ognuno pensi quello che sente e fa; che ognuno senta quello che pensa e fa; che ognuno faccia quello che sente e pensa. Questa è l’armonia della saggezza – prosegue il Papa -. Non è un po’ la disarmonia – ma questo non lo dico in senso peggiorativo – delle specializzazioni. Ci vogliono gli specialisti, ci vogliono, a patto che siano radicati nella saggezza umana. Gli specialisti, sradicati da questa saggezza, sono dei robot“.

“Lavorare sull’ecologia della tenerezza”

“L’altro giorno una persona mi domandava, parlando dell’intelligenza artificiale: ‘Ma l’intelligenza artificiale, potrà fare tutto?’ I robot futuri potranno fare tutto quello che fa una persona. Ma tranne che cosa? – ho detto io – quale cosa non potranno fare?’. E lui ha riflettuto un po’ e mi ha detto: ‘Soltanto una cosa non potranno avere: la tenerezza’. E la tenerezza è come la speranza. Come dice Péguy, sono delle virtù umili. Sono delle virtù che accarezzano, che non affermano… E credo – vorrei sottolinearlo – che, nella nostra conversione ecologica, dobbiamo lavorare su questa ecologia umana; lavorare sulla nostra tenerezza e capacità di accarezzare… Tu, con i tuoi figli… La capacità di accarezzare, che è una cosa del vivere bene in armonia”, aggiunge il Santo Padre, sempre a braccio.

E ammonisce: “La conversione ecologica ci fa vedere l’armonia generale, la correlazione di tutto: tutto è correlato, tutto è in relazione. Nelle nostre società umane, abbiamo perso questo senso della correlazione umana. Sì, ci sono associazioni, ci sono gruppi – come il vostro – che si riuniscono per fare una cosa… Ma mi riferisco a quella relazione fondamentale che crea l’armonia umana. E tante volte abbiamo perso il senso delle radici, dell’appartenenza. Quando un popolo perde il senso delle radici, perda la propria identità“.

Bergoglio torna quindi a sottolinare l’importanza del dialogo tra giovani e anziani: “Questo può sembrare un po’ strano, ma se un giovane non ha il senso di un rapporto con i nonni, il senso delle radici, non avrà la capacità di portare avanti la propria storia, l’umanità, e dovrà finire a scendere a patti, a compromessi, con le circostanze. L’armonia umana non tollera i patti di compromesso. Sì, la politica umana – che è un’altra arte e necessaria – la politica umana si fa così, con dei compromessi perché può mandare avanti tutti. Ma l’armonia no”.

“Parlare con i genitori è molto importante – rimarca il Papa -. Ma i nonni hanno qualcosa di più, come il buon vino. Il buon vino più invecchia più è buono. Voi francesi conoscete queste cose, no? I nonni hanno quella saggezza. Mi ha sempre colpito quel passo del Libro di Gioele: ‘I nonni sogneranno. I vecchi sogneranno e i giovani profetizzeranno’. I giovani sono dei profeti. I vecchi sono dei sognatori. Sembra il contrario, ma è così! A patto che i vecchi e i nonni si parlino. E questa è l’ecologia umana”.

Poi, i saluti: “Mi spiace, ma dobbiamo finire, perché il Papa anche è schiavo dell’orologio! Ma ho voluto dire questa testimonianza della mia storia, queste cose, per andare avanti. E la parola-chiave è armonia. E la parola-chiave umana è tenerezza, capacità di accarezzare. La struttura umana è una delle tante strutture politiche che sono necessarie. La struttura umana è il dialogo tra i vecchi e i giovani“.

“Vi ringrazio di quello che state facendo. Mi è piaciuto mandare questo (discorso scritto, ndr.) al vostro archivio – lo leggerete dopo – e dire, dal cuore, quello che io sento. Mi è sembrato più umano. Vi auguro il meglio. Che il Signore vi benedica”, conclude il Papa.

Il Faro online – Foto © Vatican Media