I soldi della camorra riciclati nei ristoranti di Roma: maxi blitz nel centro della Capitale

29 settembre 2020 | 13:28
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Arrestate 13 persone, sequestrati beni per 4 milioni, ed orologi dal valore di oltre 50 mila euro. Coinvolti anche Angelo e Luigi Moccia, capi dell’omonimo clan camorristico

Roma – Dalle prime luci dell’alba, nelle province di Roma e Napoli, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, coadiuvati dai Comandi dell’Arma territorialmente competenti, stanno dando esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 13 persone, indagate a vario titolo per i reati di estorsione e fittizia intestazione di beni, aggravati dal metodo mafioso, nonché esercizio abusivo del credito. Tra i destinatari dell’ordinanza anche Angelo e Luigi Moccia, capi dell’omonimo clan camorristico.

L’indagine dei carabinieri, avviata nel 2017, poco tempo dopo la scarcerazione di Angelo Moccia, ha permesso di documentare gli interessi economici del clan nella Capitale ed, in particolare, la gestione sotto diverso nome di varie attività commerciali, un’estorsione con metodo mafioso ed il reimpiego di capitali illeciti in investimenti immobiliari ed in macchine di lusso, sempre attraverso fittizie intestazioni volte ad evitare che i beni in questione finissero sotto la scure delle misure di prevenzione disposte dopo le pesanti condanne di parte degli indagati.

Il provvedimento cautelare odierno si basa sulle risultanze acquisite dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Via in Selci, nell’ambito dell’indagine sviluppata tra gennaio 2017 e ottobre 2018, che ha permesso di: accertare il reinvestimento di capitali illeciti nel campo della ristorazione romana da parte dello storico clan Moccia di Afragola (NA); documentare le fasi della richiesta estorsiva e della riscossione di 300 mila euro posta in essere da esponenti di spicco del citato sodalizio criminale in danno di imprenditori inseriti nel settore della ristorazione, i quali avevano ottenuto dal Tribunale di Roma – Sezione Misure Patrimoniali – la gestione di quattro locali dislocati nel centro della Capitale tra Castel Sant’Angelo, Quirinale e Piazza Navona, oggetto di un precedente sequestro di  prevenzione operato per evasione fiscale nei confronti di un noto manager romano del settore, riconducibile, all’esito della presente indagine, al capoclan Angelo Moccia;

individuare una rete di imprenditori e faccendieri che, al fine di favorire il clan camorristico e di eludere le investigazioni patrimoniali, si intestavano fittiziamente società nel campo della ristorazione, beni mobili e immobili riconducibili ai sodali; accertare l’abusiva attività finanziaria svolta dagli esponenti apicali del clan Moccia tramite prestiti di ingenti somme di denaro contante in favore di tre imprenditori, uno dei quali figlio di un noto personaggio dello spettacolo.

Le attività investigative dei carabinieri hanno documentato l’operatività dei fratelli Moccia nella commissione dei reati oggetto di misura cautelare, confermandone l’invariata condotta criminale. In particolare, da un canto è emerso come la forza intimidatrice profusa dal clanMoccia sia riuscita a far breccia nel tessuto imprenditoriale e commerciale della Capitale, riuscendo ad assoggettare onesti imprenditori, dall’altro è stato rilevato come diversi insospettabili professionisti siano entrati in “affari” con il sodalizio mafioso de quo e si siano messi a disposizione del capo indiscusso Angelo Moccia, vincolandosi a rispettare le regole e le riverenze imposte dal sodalizio. L’imponente liquidità in possesso del clan veniva reinvestita dai Moccia, oltre che nelle attività commerciali, anche esercitando un’attività abusiva di esercizio del credito. Venivano, infatti, concessi prestiti a una serie di soggetti pretendendo dagli stessi interessi variabili, allo stato non ancora determinati.

Le risultanze investigative hanno consentito di ricostruire e individuare parte del patrimonio del clan, del valore complessivo di circa 4 milioni di euro, consentendo al Gip di emettere un decreto di sequestro preventivo, anche ai fini di confisca, dei seguenti beni, in quanto corpo, prezzo o prodotto del reato: una società con sede legale a Roma, in zona Pantheon, che all’epoca dei fatti gestiva un ristorante lì ubicato, fittiziamente intestata a persona compiacente; una società, con sede legale a Roma, in zona Castel Sant’Angelo, che all’epoca dei fatti gestiva un ristorante nelle vicinanze, fittiziamente intestata a persona compiacente; immobile di lusso situato a Roma, in via Filippo Civinini, riconducibile ad Angelo Moccia; tre autovetture riconducibili ad alcuni degli indagati.

I militari, nelle abitazioni di Moccia Angelo e Varsi Francesco, hanno scoperto e sequestrato ulteriore denaro e beni di lusso, costituiti da circa 10 mila euro in contanti e 10 orologi di pregio, del valore complessivo di oltre 50 mila euro, ritenuti provento delle attività illecite dell’organizzazione, consistente nella gestione degli interessi economici del clan nella Capitale, in particolare, delle varie attività commerciali coinvolte nell’inchiesta, di un’estorsione con metodo mafioso ed il reimpiego di capitali illeciti in investimenti immobiliari ed in macchine di lusso, sempre attraverso fittizie intestazioni volte ad evitare che i beni in questione finissero sotto la scure delle misure di prevenzione disposte dopo le pesanti condanne inflitte ad alcuni degli indagati.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

Il clan Moccia

Il clan Moccia di Afragola (NA) è una storica organizzazione camorristica, protagonista di accese faide tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90. Tuttora è operante nei comuni della provincia partenopea di Afragola, Casoria, Arzano, Caivano, Cardito, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore nonché, negli ultimi anni, anche sul territorio romano. Fulcro di tale associazione era Moccia Gennaro, assassinato il 31 magggio 1976 in un agguato dovuto ai contrasti tra la sua egemonia e il contrapposto clan Giuliano che, all’epoca, controllava il territorio di Afragola.

In seguito la famiglia fu retta dall’odierno indagato Angelo Moccia che, al termine della prima e della seconda guerra di camorra, dopo gravi vicende di sangue, fu destinatario di una condanna all’ergastolo per i procedimenti penali che ne scaturirono. A seguito di tale condanna, Angelo decise di costituirsi nel 1992, presso la Casa Circondariale de L’Aquila, affermando di essere intenzionato a troncare il proprio passato criminale ed intraprendere la strada della cosiddetta “dissociazione”. In tale occasione lo stesso aveva dichiarato che non avrebbe accusato nessuno, ma soltanto riconosciuto le proprie responsabilità.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.
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