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Vaticano e Russia: il seme dell’ecumenismo al crocevia dell’Europa

11 ottobre 2020 | 20:17
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Vaticano e Russia: il seme dell’ecumenismo al crocevia dell’Europa

Roma – “Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio. L’importanza di tali relazioni diventa quindi fondamentale. Ciò vale anche per i popoli”. Questo passaggio dell’enciclica Caritas in veritate costituisce una colonna portante. Anche perché, in un certo senso, è quanto si chiede a ogni cristiano.

E chissà che non sia stato questo estratto, o uno simile, a spingere l’ingranaggio del dialogo fra la Chiesa di Roma e quella di Mosca, rifiorito durante il breve ma intenso pontificato di Benedetto XVI. E’ quanto ipotizza, nella prefazione al volume “Vaticano e Russia nell’era di Ratzinger” (Tau), a firma dello storico Nico Spuntoni, l’arcivescovo Antonio Mennini, già Nunzio Apostolico nella Federazione Russa, secondo il quale al Pontefice “non sfuggiva l’importanza geopolitica della Russia nello scacchiere internazionale ed aveva a cuore quell’ecumenismo dell’amore che ha consentito di stabilire uno spirito d’intesa tra due Chiese sorelle”.

Il che, di fatto, si è costituito come una parte essenziale del suo Pontificato, pietra d’angolo di una ricostruzione che avrebbe portato, il 12 febbraio del 2016, all’apice dell’impalcatura del dialogo, con il faccia a faccia tra Papa Francesco e il patriarca Kirill, sul terreno “neutro” di L’Avana, a Cuba.

Ma l’incontro fra i capi della Chiesa cattolica e ortodossa, pur carico di significato (come accadde per l’abbraccio fra Paolo VI e Atenagora I a Gerusalemme, nel 1964) non è che il sigillo di un intenso cammino ecumenico iniziato già prima del pontificato di Benedetto XVI, quando l’allora cardinal Ratzinger era a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede.

E, in qualche modo, lo step necessario per l’inizio di un nuovo cammino, nel segno della riconciliazione ecumenica. Del resto, la sensibilità per la Chiesa di Russia che il futuro Papa manifestò dando il là a un percorso istituito nel solco tracciato da Giovanni Paolo II, impreziosito da una coscienza sia spirituale che geopolitica. Un percorso rinsaldato durante il pontificato di Benedetto XVI, del quale l’autore mette in luce i passi concreti verso l’impostazione di una nuova frontiera di dialogo con la creazione, nel 2009, della Nunziatura apostolica nella Federazione russa.

L’excursus storico pone l’accento non solo sulla valenza spirituale delle rinnovate relazioni fra le due Chiese ma soprattutto sulla struttura portante dei nuovi rapporti. Profondamente restaurati sotto Ratzinger tracciando un sentiero della riconciliazione che mostra scenari frutto di uno sguardo geopolitico, ma incentrato su quella che resta la chiave di volta della cristianità: l’Eucaristia. “Esiste un segno esteriore – scrive Papa Benedetto XVI – che ci ricorda che non possiamo disporre arbitrariamente dell’Eucaristia e che ciò spetta alla Chiesa universale: la successione apostolica”.

Un concetto che farà da perno a un inizio Millennio fortemente condizionato dalla nuova concezione della società globalizzata. Un processo di secolarizzazione che interverrà a ricostruire i ponti del dialogo fra le due Chiese, in nome della comune riflessione sulla progressiva regressione della visione cristiana del mondo Occidentale. Una sfida, quella della modernità, posta all’incrocio delle assi di Roma e Mosca, in un contesto sociale europeo che vede cattolici e ortodossi posti di fronte allo snodo della riaffermazione dei valori cristiani. Nella consapevolezza che il solo seme del dialogo ecumenico resti la garanzia del buon raccolto.

(Il Faro online)
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