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Processo a Montino: tra assoluzione, condanna e… prescrizione

22 ottobre 2020 | 06:30
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Processo a Montino: tra assoluzione, condanna e… prescrizione

Nel processo, il pm ha chiesto la condanna per Montino. Ora tocca alla difesa. A gennaio la sentenza di primo grado

Il pubblico ministero ha presentato le sue richieste di condanna. La vicenda giudiziaria coinvolge, tra gli altri, l’attuale sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, ed è dunque inevitabile che in città ci sia un fermento crescente, soprattutto negli ambienti della politica, per quanto sta per accadere. Eventuali risvolti giudiziari inevitabilmente avranno riflessi nella politica, almeno a livello di polemiche e confronto. Qualunque sia l’esito finale della vicenda.

Processo “spese pazze”, le richieste del Pm

A rinfocolare le voci su una vicenda già nota da tempo (definita giornalisticamente “spese pazze in Regione” leggi qui) c’è stato un articolo a firma di Valeria Di Corrado che sul quotidiano Il Tempo (poi seguito a ruota da altri quotidiani), la mattina dello scorso mercoledì, ha dato conto delle richieste del pubblico ministero: la Procura di Roma ha chiesto la condanna a 2 anni e 4 mesi per Montino, all’epoca presidente del gruppo Pd alla Pisana, 3 anni di reclusione per Mario Perilli, tesoriere e consigliere del gruppo, 2 anni e 4 mesi per Maria Assunta Turco, della segreteria di Perilli, e 3 anni per Massimo Vincenti, amministratore della società Nuovo Paese Sera.

Va ricordato come una richiesta della Procura non equivalga a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che comunque l’ordinamento giudiziario italiano prevede tre gradi di giudizio. Vedremo più avanti perché questa precisazione, a prescindere dalla giusta tutela degli indagati, sia fondamentale.

Le indagini

Le indagini inizialmente vedevano 5 capi di accusa, tra cui l’abuso d’ufficio, la truffa, il peculato, la corruzione distribuite tra tutti i soggetti coinvolti, rappresentati da diversi consiglieri regionali, dirigenti dell’ente, segreterie varie. Non tutti riguardavano direttamente  Montino, per i quali – una volta eliminata l’ipotesi di un suo coinvolgimento sull’assunzione di una persona a Nuovo Paese Sera – sono rimaste solo le ipotesi di truffa e peculato. Ma a cosa fanno riferimento queste accuse?

Le accuse

Consiglio-regionale-LazioSecondo gli investigatori, il gruppo consiliare del Pd, all’epoca, decise di servirsi di Paese Sera online per la pubblicazione e diffusione di materiale informativo sulle attività del gruppo, spendendo 64mila euro, per un totale di 11 bonifici. Servizi che però, sempre secondo la Procura, non sono stati effettuati o, comunque, non sono riscontrabili.

Cinque capi d’accusa, dunque; ma il 4 e il 5, con particolare riferimento all’abuso di ufficio che “a ventaglio” aveva coinvolto tanti consiglieri, è risultato prescritto, e dunque il processo per quel reato è stato dichiarato estinto.

Processo “spese pazze”, cosa accade ora?

Di fatto, ad oggi, per quanto riguarda Montino, è rimasto in piedi solo il ‘caso Paese Sera’, tutto il resto è venuto meno. Restano dunque nel processo – ma solo per questo singolo aspetto – i reati contestati di peculato e truffa. L’accusa ha dato la sua versione e fatto le sue richieste, insieme alle parti civili costituite (Regione Lazio e Assoconsum). Ora toccherà alla difesa fare le proprie considerazioni e provare a smantellare il castello accusatorio.

A tale proposito, vale la pena ricordare le dichiarazioni di Montino rilasciate tempo fa all’Ansa:

“Sui fatti contestati rimaniamo convinti di essere rimasti sempre dentro la normativa vigente… Ribadisco che i contributi dati a Paese Sera sono relativi a campagne d’informazione, ritenendo fosse lo strumento più idoneo per parlare ai nostri elettori del centro sinistra. Molti giornali dicono non ci sia stata nessuna prestazione di servizio: non è assolutamente vero”.

Montino si è sempre dichiarato – anche  in un’intervista a ilfaroonline.it – fiducioso di poter spiegare la propria posizione (leggi qui).

La sentenza sarà pronunciata l’11 gennaio 2021. Montino potrebbe essere assolto, e il processo sostanzialmente finirebbe, in quanto improbabile un ricorso in appello da parte della Procura. Potrebbe però anche, se riconosciuto colpevole, essere condannato a 2 anni, ma – come abbiamo detto prima -, il sistema giudiziario italiano prevede la possibilità di appello, e di certo la difesa deciderà di opporsi a un’eventuale condanna.

E qui scatta un altro ragionamento giudiziario, riguardo i tempi dei processi. Il tribunale di Roma è al collasso, la Corte d’Appello peggio; e il Covid non aiuta lo snellimento dei processi. Dunque, in caso di richiesta di Appello, i tempi attuali della macchina giudiziaria fanno prevedere ragionevolmente che si arriverà comunque alla prescrizione prima del dibattimento. Solo un’ipotesi, per carità, solo un ragionamento dettato da un calcolo medio della durata dei processi al Tribunale di Roma.

Resta il fatto che, al netto di ogni ragionamento, solo in udienza si potrà conoscere la decisione dei giudici su una eventuale assoluzione o una condanna. E per saperlo, bisognerà aspettare il prossimo gennaio. Covid permettendo.
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